Su Netflix arriva L’ultimo paradiso, film tratto da una storia vera nella Puglia degli anni ‘50

Il regista Rocco Ricciardulli firma la sua seconda opera con L’ultimo paradiso, film che in termini produttivi rimane ancorato alla messinscena da sceneggiato televisivo nonostante la partecipazione di Netflix nella distribuzione della pellicola. Prodotto da Mediaset e da Riccardo Scamarcio, qui nel ruolo anche di interprete protagonista e co-sceneggiatore assieme al regista Ricciardulli, L’ultimo paradiso si prefissa l’obiettivo di raccontare una storia vera ambientata nelle Murge pugliese del secondo dopoguerra.

Nonostante l’ambientazione post-fascista, il film non fa mai riferimento all’epoca mussoliniana, tranne che nella scelta del font per i crediti che mantiene la stessa tipografia della propaganda fascista. Scelta dalla quale a fine visione rimane ancora il dubbio.
Ma L’ultimo paradiso cerca piuttosto di raccontare una sorta di lotta di classe in miniatura, ambientando l’intero racconto in un piccolo paese della Puglia che ricorda le già numerose rappresentazioni a cui il cinema italiano ci ha abituato negli ultimi vent’anni.

Riccardo Scamarcio è Ciccio Paradiso, contadino ribelle che decide di non stare più al gioco degli avidi latifondisti che pervadono il paesino. A metterlo davvero nei guai sono però le sue abitudini da donnaiolo. Ciccio è sposato, ma passa la notte sempre in un letto diverso. S’innamora di Bianca (Gaia Bermani Amaral) che è però la figlia di uno dei proprietari terrieri che cerca di combattere. Quando quest’ultimo scopre come stanno le cose, non prende alla leggera la relazione della propria prole con chi cerca di contrastarlo negli affari.

ultimo paradiso

L’ultimo paradiso parte perciò cercando di raccontare una storia di rivolta popolare, ma vira poi verso lidi più sicuri da soap opera televisiva. Abbiamo i classici archetipi del racconto sul meridione: conflitto tossico di mascolinità, visione completamente patriarcale della società e l’eterno racconto della fuga verso il nord per trovare finalmente la felicità. A metà racconto infatti il film “si ribalta” e racconta una seconda faccia di una medaglia già vista fin troppe volte (il primo film che torna subito alla mente è Nuovo Cinema Paradiso). “Fuggi di qua e non tornare”, “Vai via e portami con me”, “Dimenticati di questo posto”, sono solo alcune delle frasi tipiche della retorica che L’ultimo paradiso cerca di instaurare.

Una delle note dolenti del lavoro di Ricciardulli è la messinscena delle varie sequenze di violenza: riprese in maniera semplicistica e superficiali se analizzate nel contesto del racconto, che non va minimamente a commentarle o svilupparle in maniera approfondita. L’unica risposta ai malesseri del sud è la fuga al nord. Non è mai commentata la società patriarcale e il modo in cui tutte le donne del film vengono trattate. È semplicemente accettato come contesto storico e lasciato come sfondo per la storia d’amore. Superficiale e semplicistico è anche il sopracitato tema politico sulla lotta di classe, che viene lasciato morire a metà pellicola da un banale monologo sulla libertà e le ingiustizie. L’ultimo paradiso si vuole presentare come un’opera sulla libertà, ma non riesce a prendere una presa di posizione chiara nel suo testamento critico.

Nonostante tutto questo, il film si lascia però seguire senza troppe difficoltà. Gli attori riescono a tirar fuori delle buone interpretazioni, che innalzano senza dubbio la qualità complessiva dell’opera. Purtroppo il terzo atto del racconto si perde in confusionarie deviazioni che non vanno da nessuna parte, non riuscendo così a concludere con chiarezza o efficacia i pochi archi evolutivi che erano stati aperti in precedenza.

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Poco più di uno sceneggiato televisivo

Dal punto di vista prettamente tecnico, L’ultimo paradiso si ritrova alquanto indietro in termini di standard produttivi. La regia di Ricciardulli è funzionale alle vicende, ma l’intera messinscena del film non vola lontano dai classici lidi del già citato sceneggiato televisivo. L’ultimo paradiso sembra infatti un prodotto per la televisione popolare che ha mancato l’uscita del piccolo schermo per trasferirsi direttamente allo streaming. Un prodotto che su Netflix può avere non poche difficoltà a trovare un suo pubblico di riferimento. Un film perfetto per un pomeriggio domenicale su Canale 5, ma pessimo per una serata alla ricerca di qualcosa di più sofisticato (sia in termini visivi che concettuali) sulla piattaforma del colosso dello streaming.

In conclusione L’ultimo paradiso presenta una storia abbastanza godibile per un pubblico senza pretese, ma che senza dubbio fallirà a trovare dei larghi consensi verso ampi bacini d’utenza.
Il film di Ricciardulli mostra senza commentare un meridione antico e retrogrado, dal quale l’unica soluzione sembra essere la fuga verso la “civilizzazione”. Una presa di posizione più netta in ogni sua parte avrebbe giovato di molto alla pellicola, pur nonostante i palesi limiti produttivi.