Il Signore del buon auspicio

La religione induista è forse l’ultima grande religione politeista rimasta al mondo. I fedeli di questo macrocosmo di culti spesso si concentrano nell’adorazione di una singola divinità, ma al suo interno ci sono alcuni dei che godono di apprezzamento presso buona parte degli accoliti. E in tale religione c’è sicuramente una divinità che, pur non occupando il rango più alto nel pantheon, ricopre un ruolo speciale nei cuori e nelle menti dei fedeli. Si tratta di Ganesh o Ganesha, Signore del Buon Auspicio, l’aggraziato e benevolo dio dalla testa di elefante, seguito dalla sua cavalcatura, un topolino ghiotto di dolci. Nell’ultima avventura dell’universo di Uncharted, L’Eredità Perduta, la divinità con la testa di pachiderma ha un ruolo importante, fulcro della ricerca che muove le vicende del gioco. Ma di fronte alla sua figura, noi occidentali che così poco comprendiamo il mondo della religione induista non possiamo fare a meno di chiederci chi sia questa divinità. Certo, l’abbiamo già conosciuta in altri contesti. Apu, nei Simpson, conserva un piccolo altare di questo dio benevolo, e Kala di Sense8 chiede lumi a questa divinità per compiere le proprie scelte di vita. Ma forse non ci siamo mai concentrati sul chiederci cosa significhi per un fedele induista la figura di Ganesh. Cerchiamo allora di scoprirlo insieme, ripercorrendo le origini del suo mito, il suo culto e quale importanza esso ricopra oggi nel mondo induista.

Nella tradizione induista, Ganesh è figlio di Shiva e Parvati, per quanto la maggior parte delle tradizioni sia concorde nel ritenere la divinità come generata senza l’intervento paterno. Shiva, essendo eterno, non avrebbe mai avvertito il desiderio di paternità proprio dell’uomo, contrariamente alla sua sposa, che quindi cercò di creare da sola la vita. Come ci sia riuscita varia a seconda del mito. Non deve stupire: l’India è un subcontinente, un luogo in cui la natura rende difficile le vie di comunicazione e in cui è facile che ai due estremi miti riguardanti la stessa divinità possano essere molto differenti. Nel Śiva Purāṇa, uno dei diciotto testi sacri indù, Ganesh sarebbe stato creato da Parvati per vigilare la sua stanza da bagno ed evitare che il marito la interrompesse durante le abluzioni. Shiva, non riconoscendo il ragazzo sulla soglia, lo avrebbe decapitato col suo tridente, per poi sostituirne la testa con quella di un elefante una volta compreso l’errore.

Altra tradizione molto diffusa è quella che vede Ganesh come una sorta di reincarnazione dell’avatar del padre. Su richiesta di Parvati, Shiva, nelle vesti di Krishna, sarebbe rinato come suo figlio. Purtroppo, a seguito di un incidente, il bambino fu decapitato dallo sguardo di Shavi, figlio del sole, costringendo Visnù a sostituire la testa del piccolo con quella di un giovane elefante. Nel benedire il piccolo, il dio onnisciente gli promise che sarebbe stato venerato prima di qualsiasi altra divinità, mentre il padre Shiva gli avrebbe affidato il comando delle schiere celesti, affermando che gli umani lo avrebbero pregato per risolvere qualsiasi problema.

I miti della creazione di Ganesh, comunque, mostrano alcuni tratti distintivi del suo culto. Il dio viene pregato dai suoi fedeli prima di qualsiasi impresa per ottenerne l’approvazione e la benevolenza. Nelle sue molteplici funzioni, Ganesh ha il compito di rimuovere qualsiasi ostacolo si pari davanti ai suoi fedeli, permettendo agli scopi che considera giusti di essere portati a compimento. Ganesh viene rappresentato come un dio benevolo e giocoso. Ama gli scherzi e i dolci e, quando necessario, sa dimostrare una buona dose di pragmatismo, come la volta in cui, dopo una caduta che gli provocò uno squarcio nell’enorme ventre, decise di chiuderlo annodandosi un serpente attorno alla pancia.

Il dio elefante racchiude in sé tutti gli attributi che creano la perfezione negli esseri viventi. La sua doppia natura simboleggia l’equilibrio tra energia maschile e femminile, potenza e grazia, forza e dolcezza. Uno degli attributi che vengono più spesso ricondotti a Ganesh è proprio la sua capacità di muoversi agilmente nonostante la grandissima mole. La scelta stessa di rappresentarlo con una testa di elefante non sembra affatto essere casuale: i pachidermi vengono considerati esempio di fedeltà, intelligenza e potere discriminante. Sin dall’antichità agli elefanti indiani veniva riconosciuta la capacità di provare ed esprimere sentimenti in maniera del tutto simile a quella degli esseri umani, cosa che ha probabilmente contribuito a rendere questo anima così apprezzato.

Ma proprio sul volto di elefante, rappresentazione di uno degli attributi più importanti del dio, ci troviamo di fronte a quella che apparentemente è l’unica imperfezione del suo aspetto. Si tratta della sua zanna spezzata. Il modo in cui essa sarebbe stata persa dal dio varia anche qui da leggenda a leggenda. Un racconto comune vede Ganesh impegnato in un’importante trascrizione di quanto dettato dal saggio Vyāsa: durante questo lungo lavoro il pennino del dio si spezzò e, pur di non interrompere il dettato, si sarebbe staccato la zanna per poter continuare la scrittura, usandola come stilo. In altre storie, la zanna si sarebbe spezzata durante una battuta di caccia grazie a un colpo d’ascia di Parashurama, o ancora per punire la luna, rea di aver riso del Signore del Buon Auspicio dopo una rovinosa caduta dal suo topo, durante una cavalcata. Ganesh, indispettito per la risata e gli sberleffi dell’astro notturno, si sarebbe staccato la zanna per poi lanciarla contro la Luna, spaccandola e maledicendola. Questo mito, con cui la religione indù spiega le fasi lunari, è forse l’unico in cui viene mostrata l’ira di Ganesh.

La Zanna di Ganesh, parte integrante di Uncharted: L’Eredità Perduta, è un simbolo importante nei numerosi attributi del dio elefante. Essa rappresenta la sua capacità di superare il dualismo che domina il mondo. I Ganapatya, devoti del suo culto, lo chiamano anche col nome di “Ekadantha”, che significa “Colui che ha una sola zanna”. L’assenza di questa serve per ricordare agli esseri viventi la necessità di determinazione mentale: la mente umana è divisa tra gli opposti, bene e male, fatti e fantasie, ma per l’individuo è necessario superare l’incertezza di questi opposti. Ganesh, come accennato, è visto come un essere perfetto, in cui convivono in pace nature apparentemente agli antipodi. La sua zanna spezzata è un monito per i fedeli per ricordare che questa opposizione è superata ed è mutata in un’armonia, che fanno della divinità Ganesh un essere perfetto. Ogni aspetto nella sua rappresentazione è simbolico e riconduce a differenti sfere di influenza del dio. Ad esempio la sua cavalcatura, il topo, rappresentato mentre prende dei dolcetti da un piatto con lo sguardo proteso verso il dio, è parte integrante dell’allegoria presente nel suo padrone, rappresentando il desiderio sottomesso grazie alla volontà.

Ganesh è una divinità molto amata e che sta vivendo un’importante riscoperta del proprio culto negli ultimi secoli. Negli anni della ribellione all’occupazione coloniale, i nazionalisti indiani usarono il dio come simbolo dei sentimenti patriottici, un’immagine potente per riunire il popolo contro l’oppressore inglese. Il culto di Ganesh è tuttora molto vivo e attivo, non solo in India, ma anche in territori limitrofi e distanti (si hanno notizie di culti legati al dio elefante anche in Giappone, nel secolo IX). Tra le città in cui il dio è maggiormente venerato ci sono Bombay, Pune e Kolkata. Principale potere attribuito al quello di essere in grado di spianare la strada a qualsiasi genere di scopo e impresa. Per questo, prima di un evento importante nella vita dei fedeli induisti, essi si recano dal dio per chiedere che egli ne propizi le imprese. Ganesh è l’elefante, colui che con la sua mole supera ogni ostacolo, ed è accompagnato da un topo, capace di infilarsi ovunque pur di raggiungere il proprio scopo.

Anche le quattro braccia del dio hanno allo stesso modo un significato legato al suo culto. Mentre uno di esse è rivolta in segno di benedizione ai propri fedeli, un’altra regge una corda, simbolo del legame che unisce la divinità ai suoi devoti; un’altra mano regge un’accetta, arma che spezza le pastoie dei desideri; l’ultima mano della divinità è legata a quella che forse è la sua caratteristica più importante: sul suo palmo si trova il fiore di loto, simbolo dell’eternità. Ganesh è infatti anche definito “Omkara” o “Aumkara”, ovvero “avente la forma della Oṃ (o Aum)”. Il corpo tondo del dio ricorda infatti la lettera “Om”, che indica il Bija Mantra, ovvero quella particolare forma di espressione sacra rappresentante i Veda. A ciò si collega la caratterizzazione di Ganesh come signore del cosmo intero, poiché conoscitore di tutto ciò che è parte dell’esistenza stessa.

Federico Galdi
Genovese, classe 1988. Laureato in Scienze Storiche, Archivistiche e Librarie, Federico dedica la maggior parte del suo tempo a leggere cose che vanno dal fantastico estremo all'intellettuale frustrato. Autore di quattro romanzi scritti mentre cercava di diventare docente di storia, al momento è il primo nella lista di quelli da mettere al muro quando arriverà la rivoluzione letteraria e il fantasy verrà (giustamente) bandito.