Il tempo della resistenza è finito…. Che cominci la rivoluzione!

Bethesda è sicuramente un publisher da stimare. Non solo si concentra nel portare avanti una campagna pro single player con ottimi risultati e grandi titoli dedicati, in un mondo in cui tale strada risulta sempre di più un rischio commerciale, ma nel farlo riesce anche a diversificare molto l’offerta. Inoltre è riuscita a trovare dei team che sono riusciti nella difficile impresa di svecchiare brand celebri del videogioco costruendogli una nuova identità nel panorama odierno, senza in nessun modo intaccare l’aura leggendaria e le caratteristiche di gameplay che li contraddistingueva all’epoca del loro esordio.

Uno di questi è proprio l’universo di Wolfenstein, che nel 2014 è tornato alla ribalta in gran spolvero con Wolfenstein: The New Order, un capitolo che è riuscito perfettamente a coniugare quella fantastica filosofia di gameplay frenetico e muscolare tipica di molti famosi sparatutto d’annata (come ad esempio Doom, che insieme a Wolfenstein è risorto dalle sue ceneri grazie ad un fantastico reboot) con un comparto narrativo e tecnico maturo, brillante e degno di affiancare le migliori produzioni contemporanee.

Con The New Order ci siamo esaltati come non mai nel maciullare Nazisti cominciando a destabilizzare la supremazia del Terzo Reich, ma ci siamo anche appassionati alle vicende del capitano William Blaskovicz e alla sua forte personalità in grado di trasportarci con una certa empatia nei suoi panni e coinvolgerci nella sua difficile battaglia, personale e idealista. Un coinvolgimento dovuto inoltre al grande talento di MachineGames nel tinteggiare il nemico tedesco con pennellate di estremo sadismo, perversa malvagità e immorale condotta. Tutto accentuato per motivare le nostre azioni e quelle di Blasko, senza però toccare mai i picchi del più scontato e banale macchiettismo.

Ma il cammino del capitano è ben lungi dall’esaurirsi con la prima vittoria. La strada è ancora lunga. C’è ancora molto da fare, e non è ancora giunto il momento del riposo.

Su questo concetto si apre il secondo capitolo della saga. Cominciare The New Colossus è un po’ come tornare a casa. La serenità di ritrovare da subito le tante facce amiche appartenenti al circolo Kreisau guidato dalla carismatica Caroline Becker, viene subito interrotta dall’arrivo dei nazisti che, intercettata la presenza del gruppo di resistenza all’interno di quello che è il loro nuovo head quarter (il sottomarino Martello di Eva conquistato nel primo capitolo), desteranno a forza un Blaskovicz ancora provato e convalescente dallo scontro con il generale Wilhelm “Deathshead” Strasse. Un inizio che potremmo già definire antologico, con Blasko in sedia a rotelle pronto a dare il suo tipico benvenuto agli odiati nazisti con tonnellate di piombo rovente, ci rimette subito in carreggiata e ci riporta a quel mood che tanto ci mancava. È di nuovo tempo uccidere un po’ di fottuti nazisti.

Non è un paese per lo Zio Sam

The New Colossus riprende ed espande l’ucronica cominciata con The New Order, e ci fa esplorare questa volta il territorio americano alla ricerca di nuove cellule della resistenza che, una volta ingaggiate, innescheranno tutta una serie di eventi e obiettivi studiati a tavolino, in sequenze organizzative in cui vecchi e nuovi membri del team discutono nel dettaglio dei vari target delle missioni da affrontare, con quel fantastico piglio registico logorroico e musicato che ricorda un po’ i film di Guy Ritchie, e che si sposa alla grande con il mood del gioco, sempre in bilico, ma allo stesso tempo in perfetto equilibrio, tra dissacrante ironia, rocambolesca “ignoranza” e grande capacità drammaturgica. The New Colossus infatti osa ancora più del primo episodio sotto tutti i fronti, e si rivela un prodotto dotato di un’affascinante schizofrenia, le cui redini però non sfuggono mai di mano a MachineGames che riesce a contestualizzare perfettamente un gameplay così banalmente divertente, brutale e guascone, nella cornice narrativa e scenografica in cui si inserisce. È infatti impossibile non considerare verosimile un personaggio come Blasko, qui più che mai esplorato a livello introspettivo e al centro di mille -spesso spiazzanti- situazioni, che ne mettono in risalto la personalità molto meno monodimensionale di quanto il suo ruolo di soldato e uomo d’azione farebbe intendere.

È impossibile non condividere o comprendere gli ideali e i comportamenti dei suoi compagni, tra le cui nuove leve, ci sono un paio di presenze assolutamente memorabili, prima tra tutte la ribelle Grace, il cui struggente background e lo straripante carisma contribuiscono non poco ad aumentare lo spessore delle tematiche trattate in Wolfenstein, come il razzismo e la corruzione politica. La stessa cura è posta nel rappresentare le conseguenze della supremazia Nazista, che ha infettato a livello territoriale e sociale un paese liberale come l’America. Le varie tappe del nostro viaggio che ci porteranno da New York a New Orleans passando per Roswell,saranno caratterizzate da ambientazioni desolanti e dotate di una grandissima intensità, che trasmette bene quel regime dittatoriale che piega e sottomette una popolazione immersa nell’ipocrisia. Quella dei cittadini che piegati alla realtà fingono di accettare di buon grado la situazione, e quello dei Nazisti, i quali si rendono doppiamente odiosi agli occhi del buon Blasko (e ai nostri) nascondendo la propria natura imperialista (estremizzata nel gioco per risaltarne la totale assenza di scrupoli) dietro un’atteggiamento fintamente diplomatico.

Il gioco ci tiene molto a farci respirare questa”aria viziata”,  a immergerci in questa versione alternativa degli anni ’60 americani, e lo fa prendendosi dei lunghi momenti senza azione, per esplorare in maniera pacata l’ambiente, lasciandoci liberi di gustarci dettagli, di ascoltare dialoghi occasionali  tra personaggi di sfondo, di cercare come nel primo capitolo file, lettere, e altri documenti che  indagano sui particolari di mille personaggi ed eventi storici. La ricchezza di richiami a fatti, figure e ambienti reali, si miscela in maniera così armoniosa con l’altrettanto complesso immaginario ucronico creato, che la sensazione di plausibilità è palpabile, e di conseguenza il gioco diventa super intenso da questo punto di vista.

Il Luna Park del piombo

Eppure, per quanto The New Order si sprechi per regalarci una cornice tanto gargantuesca e accattivante, non si dimentica dello stoico retaggio ludico da cui nasce la serie. Wolfenstein è prima di tutto uno sparatutto in prima persona con i contro coglioni; solido, avvinghiante, frenetico e profondo. La vera quintessenza di questo genere. Se mai fosse possibile migliorare ulteriormente la già fantastica formula del primo capitolo, beh MachineGames lo fa alla grande. The New Colossus semplicemente, riesce ad accontentare le nostre più perverse e morbose fantasie da videogiocatori, soprattutto se siamo amanti degli FPS. Innanzitutto vale la pena ribadire la concretezza e la fisicità dell’impianto shooter del gioco, direttamente ereditata dal primo, ma forse qui ancora più raffinata. I soldati  nazisti sono “smembrabili” sotto il nostro fuoco in una tale rosa di grottesche alternative, che veramente non possono che soddisfare il nostro più sadico lato ludico. Potrete fargli saltare un arto, entrambi, tutti e 4, polverizzarli, dividerli in due, decapitarli, farli esplodere in un fuoco artificiale di frattaglie.

La loro reazione al nostro fuoco è sempre accentuata in questa maniera e contribuisce non di poco a farci percepire la diversità e la potenza delle armi in nostro possesso, nonché la brutalità della guerra combattuta che pervade a 360 gradi l’intera opera. Queste ultime tornano in gran parte da The New Order con modelli molto simili, ma tutte presentano qualche inedita caratteristica costruttiva. Abbiamo le classiche pistole handsgun, che rappresentano sostanzialmente l’ultima risorsa quando -e se- avete finito le munizioni con tutte le altre bocche di fuoco. C’è la maschinenpistole, ovvero una mitraglietta dall’altissima frequenza di fuoco e utile sulle medie distanze. C’è poi lo sturmgewehr, un mitragliatore d’assalto che vi troverete ad utilizzare la maggior parte delle volte, vista la sua versatilità e utilità in più o meno quasi ogni tipo di situazione. Lo schockhammer invece è un potente fucile, un’arma che fa uscire pallettoni ad ampia gittata con un roboante boato e una efficacia d’impatto in grado di spappolare la testa di qualsiasi soldato nemico con gran facilità.

Per i nemici più coriacei potremmo sfoderare la krampfpistole, un piccolo lanciagranate in miniatura che si rivela l’ideale per tutte quelle situazioni troppo affollate o contro nemici umani o robotici dotati di spesse armature. Oltre a queste, ci sono una serie di armi micidiali e pesanti che non potrete stipare nel vostro equipaggiamento (sempre gestibile tramite la classica ruota interattiva) ma che troverete sul campo, rubandole a qualche grosso soldato nazista morto o staccandole dalle proprie torrette. C’è poi un importante extra nell’armamento a cui avrete accesso se nella storia avrete deciso di salvare Fergus o suo figlio Wyatt. Se ricordate infatti in New Order potevate prendere questa importante decisione verso l’inizio del gioco. The New Colossus vi ripropone la scelta in una sorta di flashback interattivo, e vi permette di decidere quale linea temporale seguire. Se deciderete di aver salvato in passato Fergus, potrete contare sul Lasergewehr, capace di scagliare micidiali raggi laser, se invece opterete per Wyatt, non potrete avere il Lasegewehr ma al suo posto ci sarà il Dieselkraftwerk, che invece di basarsi sull’energia elettrica, è un’arma che funziona con il combustibile e permette di sparare mine da far detonare con un nostro commando. Un bel incentivo sulla rigiocabilità non c’è che dire, soprattutto se si considera il fatto che salvare Wyatt o Fergus cambierà in maniera pesante  moltissime cutscene del gioco, trattandosi in entrambi i casi di due personaggi fondamentali.

Ma tutto questo rappresenta lo scheletro, la base, il minimo indispensabile. The New Colossus si fa veramente memorabile nel suo rinnovato dinamismo, proponendo scontri a fuoco ancora più veloci che in passato (velocità che viene anche contestualizzata nella trama in modo brillante), dando ancora più risalto ed efficacia alle esecuzioni manuali e alla negoziazione repentina degli spazi, avvicinando il gioco ai ritmi di Doom (qualcuno di id Software pare aver contribuito allo sviluppo, coincidenza?). Dunque la giusta via di mezzo tra due frenetiche formule di gioco che dà vita ad un nuovo, inedito, capolavoro del genere.

I livelli poi, sono perfettamente calibrati per le nuove capacità deambulatorie del nostro Terror Billy/Blazko, ampliandosi rispetto al passato in tutte le direzioni, anche nelle verticalità. La tattica intesa come capacità e intuizione nel gestire in maniera estemporanea ogni formazione nemica quindi, rimane al centro dell’attenzione, e lo scenario di gioco rimane sempre un importante protagonista del gameplay. Le coperture si sfaldano sotto il fuoco nemico, rimanere in movimento è quasi sempre essenziale, anche perché gli ingenti volumi di fuoco generati dalle nostre varie mietitrici d’acciaio ci costringono spesso alla corsa disperata verso i rifornimenti a terra, per cercare qualche munizione o qualche pezzo di armatura. E quando non è possibile muoversi più di tanto, The New Colossus permette di gestire alla grande anche veloci frangenti di scontri a fuoco statici. Infatti con il tasto per spostare la visuale di fuoco rimanendo sul posto, è possibile estendere la mira oltre ogni tipo di riparo.

La strategia d’attacco, che non dimentichiamo, permette sempre anche un iniziale approccio stealth in cui cominciare a sfoltire le fila nemiche presenti nell’area senza farsi notare, si fa ulteriormente articolata se si considerano altre due fondamentali caratteristiche. Innanzitutto ora è possibile equipaggiare un’arma diversa per ogni braccio. Quindi non c’è più solo la variabile arma singola o doppia, che permetteva di sacrificare o meno la precisione di tiro con una doppia dose di piombo. Ora dovremmo anche pensare a quali coppie di armi tenere spianate. I benefici e le opzioni di questa nuova features sono francamente infiniti. Pensate solo alla cosa più banale, come tenere un mitragliatore su una mano per colpire i nemici distanti e il fucile in quell’altra per seccare con rapidità i soldati che si porranno ad un palmo dal nostro naso.

Inoltre ogni singola arma è potenziabile tramite dei kit di upgrade da scovare che, oltre a potenziare valori base dell’equipaggiamento come ad  esempio la capacità di tenere in canna più munizioni, permettono a tutte le armi di avere una modalità di fuoco secondaria che le trasforma in molti casi in strumenti di morte quasi completamente diversi da quello di partenza. Un esempio su tutti è il mitragliatore Sturmgewehr che con la semplice aggiunta del mirino e la modalità di fuoco a colpo singolo, si trasforma in un’arma di precisione millimetrica per puliti lavori a distanza.

Anche perché come detto, The New Colossus è intelligente in quello che fa, e sparare all’impazzata senza ritegno, oltre ad ammazzarvi (anche a difficoltà media non pensate di non dovervi impegnare) vi fa rimanere presto senza munizioni. Non in generale visto che sul campo potete recuperare centinaia di colpi (e vorrei ben vedere), ma per quel tanto che potrebbe bastare per subire danni prima di muovervi o cambiare arma.

Ma sul fronte avversario, troviamo una pletora di nemici tali da stimolare cotanto lavoro fatto sul fronte del gameplay? La risposta è assolutamente affermativa. Il fronte tedesco conta una milizia molto più variopinta rispetto al primo episodio, composto non solo da soldati nemici equipaggiati in maniera diversa, ma anche enormi macchine da guerra, robot e altri minacciosi avversari partoriti dall’avanguardistico sviluppo tecnologico di questo ipotetico governo nazista in salsa steampunk. Ma la vera genialità sta tra gli artisti e i creativi di MachineGames, che hanno fatto un lavoro di ricerca stilistica e ingegneristica eccezionale, per rendere credibili ma accattivanti, futuristici ma rétro, tutti i design di dispositivi, macchinari, armi ed equipaggiamenti.

Le fila nemiche quindi saranno sufficientemente variegate da valorizzare le nostre possibilità offensive, seppur vero che l’intelligenza artificiale rimane settata verso il basso. Cosa piuttosto normale in un gioco fondamentalmente incentrato sullo scontro diretto. Tutt’al più come nel primo episodio, l’unica formazione tattica attuata dai soldati nazisti di solito consiste nel tenere nelle retrovie i comandanti, quelli che se allertati prima di essere uccisi, potranno chiamare un certo numero di rinforzi, rendendoci le cose più difficili.

Degna di nota infine la possibilità verso metà avventura di poter contare su tre nuovi upgrade che ci donano esclusive skill le quali rimpolpano ulteriormente le nostre possibilità, soprattutto per quel che riguarda l’interazione con l’ambiente (ma è una cosa che davvero volete scoprire da voi). E a proposito di abilità, come non citare il ritorno di quel geniale skilltree preso di peso direttamente dal primo capitolo, che accresce in maniera automatica e fluida le vostre attitudini a varie tipologie di azioni, secondo il vostro stile di gioco?! Per capirci, più uccidete alle spalle, più asce potrete equipaggiare, o più butterete giù soldati con armi pesanti, prima sbloccherete il movimento veloce con queste ultime, e cosi via.

Distopica bellezza

The New Colossus è una gioia per gli occhi a 60 fotogrammi al secondo, seppur si può notare qualche spigolosità e texture sotto tono, è ricco di dettagli, ha ambienti che non riciclano così tanti assets come ci si potrebbe aspettare (tranne le casse, quelle sono ovunque), ed è quasi un peccato essere sempre lanciati in adrenaliniche corse e perdere spesso cosi parte dei dettagli. Ogni ambiente, che come da tradizione, nasconde la propria linearità di fondo con un’elegante e complessa irregolarità urbanistica o strutturale, è costellato da moltissime scelte stilistiche e tecniche che li rendono vividi e immersivi. Negli spazi aperti la polvere si alza, eventuali drappeggi, tessuti e materiali leggeri come la carta svolazzano, l’illuminazione rende tutto sporco, spesso ovattato. Gli esterni ricordano a volte le lande post apocalittiche di un Fallout 4, ma realizzate con molta più classe e attenzione per i dettagli. In quelli popolati e “rigogliosi” invece, giganteggiano i monumenti nazisti, sono attraversati da parate solenni, fanno sentire la presenza di questa dittatura con mille input visivi e sonori. Nelle basi, i sotterranei, laboratori e affini, la fanno da padrona macchinari che sbuffano, ingranaggi che si muovono, stridono, scintille che sgorgano da ogni dove, mentre attraversiamo freddi corridoi semi illuminati, e la nostra ombra si proietta sulla parete.

Ecco, forse il più grosso difetto di The New Colossus è quello di essere un po’ troppo altalenante negli scenari. Al fantastico panorama soleggiato che possiamo ammirare nella passeggiata che ci porta al Papajoe’s Dinner di Roswell, o alla suggestiva New Orleans vessata da mille guerre su strada tra nazisti e ribelli, si alternano un po’ troppo spesso missioni che ci porteranno in strutture chiuse sempre ben realizzate, ma ben più anonime e spesso simili tra loro. Fortunatamente i luoghi che visiteremo (o rivisiteremo nelle varie side-ops opzionali per ripulire le zone da collezionabili o comandati nazisti sopravvissuti) nella quindicina di ore necessaria a terminare il gioco, sono abbastanza numerose da fornirci una varietà paesaggistica sufficiente.

In ultimo tornando sui personaggi, vero perno che rende grande la storia di The New Colossus, mi rallegra il fatto che la loro capacità espressiva è ulteriormente migliorata, così come la loro resa generale (anche in questo caso i dettagli fanno la differenza, adoro ad esempio l’effetto vitreo che hanno i loro occhi). Questa espressività coinvolge soprattutto personaggi come la già citata Grace, o il perfido tenente colonnello Irene Frau Engel, uno dei villain più odiosi che si possano ricordare, ed esclude al contrario vari personaggi di contorno. Agli ottimi dialoghi si accompagna degnamente il doppiaggio. Questo è piuttosto buono anche in italiano, seppur non mi sento di definirlo eccellente.

Verdetto

The New Colossus non è un semplice more of the same, ma espande ed evolve l’epopea ludica e narrativa di Blascovitcz sotto tutti i punti di vista. È un titolo che prende le emozioni del giocatore e le shakera con una prepotenza inaudita: fomenta, strappa sorrisi, fa incazzare, commuove, stupisce, raggela, diverte, e poi ricomincia tutto da capo.  The New Colossus si prende estremamente sul serio, e poi la butta in caciara. Ma non ti prende per il culo, anzi, ha fiducia nella tua capacità di comprendere la psichedelica dimensione in cui ti trascina e di apprezzarla. È un gioco che dietro la scorza e l’estetica straripante di testosterone e violenza, nasconde un intelletto fine e un cuore profondo. Un contrappunto che solitamente caratterizza le più riuscite e memorabili opere di intrattenimento contemporaneo (non solo nei videogiochi ma anche nel cinema o nei fumetti). The New Colossus va ad aggiungersi a questo prestigioso circolo a testa alta e fucile spianato. E poi, porca miseria, è fottutamente divertente!

 

Davide Salvadori
Cresco e prospero tra pad di ogni tipo, forma e colore, cercando la mia strada. Ho studiato cinema all'università, e sono ormai immerso da diversi anni nel mondo della "critica dell'intrattenimento" a 360 gradi. Amo molto la compagnia di un buon film o fumetto. Stravedo per gli action e apprezzo particolarmente le produzioni nipponiche. Sogno spesso a occhi aperti, e come Godai (Maison Ikkoku), rischio cosi ogni giorno la vita in ridicoli incidenti!