XIII torna dopo un sonno di quasi diciassette anni, che non si è rivelato ristoratore e non ha portato consiglio

La nona generazione di console è appena principiata, e io oggi mi trovo (nuovamente) a decantare i fasti della sesta, ma soprattutto a ricordarne le tendenze e le “ossessioni”. Una di queste fu il cel (o toon) shading, che vent’anni fa era avanguardia. Dopo Fear Effect e Jet Set Radio, entrambi del 2000, proliferano i progetti in cel shading delle più disparate software house nei generi più disparati: se non sorprende che i picchiaduro di Dragon Ball da Budokai 2 in poi siano stati realizzati in toon shading, risulta più stuzzicante ricordare Auto Modellista di Capcom, Killer7 di Grasshopper Manufacture e, appunto, XIII di Ubisoft.

Quest’ultimo è un FPS dalle coloriture stealth – altra grande “moda” di un’epoca in cui Metal Gear Solid e Tom Clancy’s Splinter Cell erano pane quotidiano – tratto dall’omonimo classico del fumetto belga, seppur in modo parziale, sia nel senso che copre solo i primi cinque volumi, sia nel senso che non è una trasposizione fedele.

 

L’anno scorso Microids annunciò il remake di XIII, destinato a PlayStation 4 (versione testata), Xbox One, PC, Mac e Switch. Inizialmente previsto per il novembre dell’anno scorso, il gioco ha tardato di un anno (e di ulteriori mesi su Switch, che non accoglierà XIII prima dell’anno prossimo), suppongo per limare alcuni problemi tecnici; proprio in quei giorni, infatti, Microids pubblicò Blacksad: Under the Skin, che è un bel gioco (come ci raccontò Luca), ma era piagato da bug e glitch a profusione, che resero necessario un apporto massiccio di patch nelle prime settimane che seguirono la release.

Purtroppo, questo ulteriore anno di sviluppo non ha risolto tutte le magagne e i bug che affliggono il codice binario di XIII. In particolare, ho constatato vari problemi audio e video e anche un paio di situazioni in cui il personaggio “si incastrava”, costringendomi a riavviare dal checkpoint. In altre circostanze ho dovuto ricominciare il livello a causa dello script difettoso che non triggerava gli eventi necessari per proseguire. Ma le bizzarrie più sgradevoli risiedono negli strani comportamenti dei nemici: non mi riferisco tanto all’intelligenza artificiale carente – difetto condiviso con il gioco originale, che però avrebbe dovuto essere risolto in un remake – quanto alla reazione dei corpi dopo una raffica letale, che denotano animazioni assolutamente da rivedere: la fisica ragdoll è implementata in modo grottesco e i nemici cadono come se imbracciassero ancora le armi, che invece sono già a terra. Spero che la patch arrivi presto e sia risolutiva.

XIII remastered remake recensione

Dopo esserci occupati dei difetti che ha il gioco allo stato attuale, occupiamoci di quelli che purtroppo manterrà anche dopo la “risciacquatura”. Partiamo dal comparto tecnico: il gioco nelle situazioni statiche può regalare un discreto colpo d’occhio, ma in movimento appare un po’… “strano”: sarà per un sistema di controllo non super reattivo, sarà per le animazioni, sarà per la mole poligonale non proprio notevole e l’aliasing, però non ho ritrovato la sensazione piacevole che mi aveva restituito il gioco originale quei quindici anni fa; a quanto pare sono in buona compagnia, considerata la reazione dell’utenza di Steam. Devo comunque segnalare un buon sistema di illuminazione (non di ombre, eh! Solo la luce, NdR), che potete apprezzare nel trailer di lancio – un po’ sornione – sopra.

Tutto il resto sembra semplicemente fatto con poca cura, o poca perizia, o poco tempo: ad esempio, nel livello innevato potete provare a sparare agli animali selvatici (gesto turpissimo, anche in un videogioco, però dovere di cronaca, sapete…, NdR) ma questi saranno inamovibili, talvolta in senso addirittura letterale i cervi; o, ancora, quando XIII usa il grimaldello, mette le mani a caso, anche lontanissimo dalla serratura. E così via. Onestamente, non credo che le patch andranno a svolgere anche questo lavoro di polishing, considerata la presenza di problemi più gravi e imminenti.

Ci si aspetta qualcosa di più da un titolo annunciato come remake, anche sul piano dei contenuti: non ho notato alcuna aggiunta di sorta, né all’interno della campagna single player, né nella modalità multiplayer; quest’ultima risulta davvero limitata, consentendo solo di giocare in locale (fino a quattro persone, quantomeno), senza bot e senza parte dei contenuti del gioco originale. Fra gli extra sono stati aggiunti dei collezionabili molto superflui, ma più che aggiunti direi sostituiti, visto che il gioco ora chiama “document” i file relativi ai membri della cospirazione, mentre non ho trovato i vecchi documents.

Va detto, comunque, che Microids non ha mai sbandierato chissà quali novità, per cui non è stata tradita alcuna promessa sotto questo punto di vista. Stesso discorso va fatto per il sonoro (al netto dei problemi audio già evidenziati): sin da subito è stato detto che sarebbe rimasto invariato, probabilmente anche per la qualità della OST e la risonanza dei nomi in ballo, fra cui Duchovny per il protagonista e Adam West per il Generale Carrington. Consiglio, dunque, di fruire del doppiaggio inglese (vi toccherà cambiare la lingua dalle impostazioni della console), non solo perché quello italiano non è granché, ma anche per il lip sync.

XIII remastered remake recensione

Dopo questo compatto cahier de doléances è il momento di spendere pure qualche parola buona sul gioco, che è un validissimo FPS alla vecchia (non vecchissima; vecchia) maniera incentrato su una campagna per giocatore singolo molto lineare ma ben orchestrata, grazie alla trama avvincente, alla discreta varietà di scenari, all’alternanza di fasi stealth ed action e alla cornice fumettosa, che non si riflette solo nell’utilizzo del cel shading, ma anche in altri simpatici espedienti, quali l’utilizzo delle onomatopee e dei riquadri, che possono mostrare instant kill o azioni di altri personaggi. Qui PlayMagic non sembra aver toccato alcunché, se non per l’aggiunta di un sistema sussidiario (nel senso che non sostituisce i classici medikit) di autohealing. Insomma, un bel gioco, ma mi sarebbe piaciuto vederlo in forma smagliante. Invece…

 

 

Giovanni Ormesi
Scrivo di videogiochi (più o meno bene) dal 2008, dopo una decina abbondante di anni passati fra le pagine delle bellissime riviste cartacee, che purtroppo si sono perse con il tempo e con il progresso. Oltre ai videogame, sono anche un buon lettore, specialmente – per quanto attiene all'ambito nerd – di Dylan Dog. Nel bene e nel male.