Dal fumetto di Juan Díaz Canales and Juanjo Guarnido al videogioco, Blacksad: Under The Skin è un’avventura investigativa piacevole che sarebbe potuta essere molto di più

Blacksad: Under The Skin non è un caso isolato: di trasposizioni da fumetti occidentali in videogiochi ne abbiamo viste diverse, spesso ben realizzate. Non parlo ovviamente dei tie-in dei grandi brand Marvel o DC, ma di quel fumetto più di nicchia e autoriale, come The Walking Dead o Fables, solo per citare due casi noti di Telltale. Prima ancora ci fu Sam & Max, prima trasposto da LucasArts e poi di nuovo sempre da Telltale. La lista sarebbe lunga, ma quello che se volessimo individuare un filo rosso è come l’avventura grafica, in tutte le sue declinazioni, sembri essere il miglior modo compiere questo salto di medium.

C’è una cosa che differenzia Blacksad dalle sopracitate opere: l’aspetto estetico. Se Fables e The Walking Dead, per citarne due, non sono visivamente così peculiari, Guarnido, il disegnatore di Blacksad, ha invece uno stile più complesso, quasi pittorico, incredibilmente dettagliato e contemporaneamente ancorato a un gusto molto anni ’50 nella rappresentazione di alcune cose, come i corpi femminili.

Questo rende la trasposizione di Blacksad certamente più difficile, almeno per quanto riguarda l’aspetto visivo. Sotto il profilo tematico e narrativo invece inserire un nuovo episodio nei cinque esistenti della serie è molto più semplice, e l’unica cosa a cui bisognava prestare attenzione era mantenere il giusto tono, le giuste tematiche, e la giusta coerenza per fare in modo che Blacksad fosse effettivamente una sesta storia, raccontata in un linguaggio diverso.

blacksad under the skin recensione

Questi due elementi possono facilmente spiegare il risultato ultimo raggiunto con Blacksad: Under The Skin: un gioco che funziona bene come racconto, come investigazione, come avventura grafica moderna e come “storia di Blacksad”, ma che non riesce contemporaneamente ad avere quella potenza visiva che hanno invece gli albi a fumetto. Il limite è evidentemente tecnico e di budget, dal momento che la cura che c’è in determinati aspetti rende evidente l’impegno dello sviluppatore, e mostra che la volontà di fare di più non sarebbe mancata, se si fosse potuto. Contemporaneamente il gioco presenta problemi tecnici importanti, glitch e bug a non finire, che spesso obbligano a ricaricare la partita perché impediscono di continuare l’avventura. Siamo stati rassicurati che verranno corretti a breve, ma al momento in cui vi scrivo la situazione è questa.

Torniamo indietro, e (ri)partiamo dall’inizio. Dopo una breve scena iniziale, Blacksad inizia esattamente come il primo fumetto. Stessa stanza, stesse identiche esatte parole. Dopo pochi secondi cambia tutto però.

Blacksad: Under The Skin racconta una storia completamente inedita, che ha sì dei rimandi ai fumetti, ma che può funzionare anche se siete totalmente digiuni delle avventure del nostro gatto. C’è stato un omicidio, il proprietario di una palestra di boxe è stato ucciso, e la figlia ingaggia il detective per fare chiarezza, dal momento che la polizia ha deciso che si tratta di un semplice suicidio.

L’indagine porterà a scoprire, ovviamente, che qualcosa di molto più grande si muove sotto il tappeto di questa New York anni ’50 popolata da animali antropomorfi. Le caratteristiche che contraddistinguono Blacksad sono proprie queste: una New York degli anni ’50 cupa, violenta, dove la malavita ha un potere enorme e la moralità è molto sfumata, raccontata attraverso le vite di animali antropomorfi.

È molto interessante notare come il processo realizzato da Juan Díaz Canales (testi) and Juanjo Guarnido (illustrazioni) sia inverso a quello che ci si aspetterebbe. Sembra infatti che gli animali rappresentino dei tipi umani, e che quindi i personaggi siano in definitiva degli esseri umani le cui caratteristiche tipiche vengono fatte emergere attraverso il loro incasellamento in una specie precisa, e non che la città sia effettivamente popolata da animali antropomorfi, un po’ come succede in Maus di Art Spiegelman.

Contemporaneamente però “nessuno si fida dei rettili”, dando un valore importante anche alla specie. Questo dualismo, questa ambivalenza, rende Blacksad estremamente interessante, e gli permette di parlare di temi importanti come il razzismo. Lo fa a modo suo, perché ovviamente le persone di colore in questo universo sono gli animali con la pelliccia scura. Questi elementi sociali emergono anche nel gioco, un po’ più sottotraccia rispetto ai fumetti ma presenti, e sono utili a raccontare certamente un’epoca (non possiamo pensare di indignarci perché negli anni ’50 una donna che gestisce una palestra di boxe sembri fuori posto), ma anche a riflettere sulle ambiguità, storture e disparità della società contemporanea, che spesso vediamo immutate proprio dagli anni ’50, soprattutto in un’America appena uscita dalla Guerra vittoriosa, che portava in alto la bandiera dell’american way of life mentre i veterani, storpiati proprio da quella guerra, morivano di fame ai bordi di una strada.

Blacksad: Under The Skin è quindi un gioco denso di contenuti, e di colpi di scena e cliché (in senso positivo) tipici del noir, che spesso vengono raccontati sfondando la quarta parete dal nostro protagonista “consapevole” di essere in un racconto hard boiled.

L’indagine è portata avanti pescando a piene mani dalle avventure investigative moderne, come i giochi di Frogwares, e dalle avventure di Telltale, dove è il dialogo a tempo a farla da padrone, con brevi sezioni QTE a regolare le scene d’azione.

Le possibilità d’interpretazione sono diverse, seppure circoscritte a determinati momenti. Potrete decidere di mentire o essere sinceri, accettare o meno mazzette, essere fedeli al vostro lavoro e alla vostra “bussola morale” o mettere da parte l’etica. I personaggi se ne ricorderanno, e in alcuni casi agiranno di conseguenza, anche sul lungo periodo. Nonostante questo l’avventura rimane piuttosto lineare e il caso ha un solo finale.

Blacksad è quindi strutturato come ci aspetteremmo da un’avventura investigativa: si raccolgono prove e indizi, li si collegano, si interrogano gli altri personaggi e, saltuariamente, si evita di essere uccisi. Si tratta quindi di un gioco molto statico, che fa leva sul gusto per il racconto giallo più cupo, e non su un qualsiasi tipo di dinamismo.

Se fin qui Blacksad: Under The Skin è un’avventura interessante, le magagne escono fuori quando si passa ad analizzare l’aspetto tecnico del gioco, estremamente debole. Tra NPC che scompaiono, prompt di comando sballati o difficili da far comparire, bug che impediscono di compiere determinate azioni e un sistema di controllo che ricorda da (fin troppo) vicino quello dei primi Resident Evil, c’è veramente poco di cui essere contenti.

C’è poi l’aspetto artistico, che come si diceva in apertura non riesce assolutamente ad avvicinarsi a quella che è una delle caratteristiche più iconiche del fumetto originale: uno stile visivo incredibile. I modelli dei personaggi sono buoni (le animazioni invece potevano decisamente essere realizzate meglio), e la fedeltà all’estetica originale viene ricercata fin dove possibile, anche nel riportare determinati dettagli, come lo stile pin-up che utilizza Guarnido per rappresentare le donne, o la perfetta aderenza dell’ufficio di Blacksad nel gioco con la sua controparte fumetto.

Il problema è che non si ha quello stesso senso di meraviglia che si ha osservando le tavole originali. Limiti di budget, chiaramente, che però è importante segnalare perché vanno effettivamente a intaccare la resa finale.

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Se vogliamo tirare le somme di questo Blacksad: Undert The Skin, risulta difficile consigliare o sconsigliare nettamente il gioco. Per gli amanti dell’avventura investigativa e dell’opera originale si tratta certamente di un prodotto da provare, dal momento che racconta una bella storia in modo intelligente, toccando anche questioni importanti, il tutto con un’atmosfera unica.

Rimangono però tutti quei problemi tecnici e e quella legnosità che non rende sicuramente il gioco scorrevole, obbligando a fare un minimo di sforzo per soprassedere. Quando il gioco sarà patchato a dovere i bug e i glitch dovrebbero venire risolti, ma per il momento c’è ancora da lavorare.

L’esordio di John Blacksad nel videogioco non può però dirsi deludente. Di materiale per lavorare ce n’è, e con maggiori disponibilità economiche gli sviluppatori potrebbero realizzare un qualcosa di veramente fantastico, data l’importanza del brand.  

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.