Alla Gamescom CD Projekt è tornata a mostrare Cyberpunk 2077. Lo abbiamo visto, e siamo estasiati.

CD Projekt fa sempre le cose in grande, alla Gamescom. Quando venne il tempo di presentare Gwent all’interno dell’area riservata a giornalisti e addetti ai lavori comparve un bar in salsa fantasy, con tanto di birre a tema. Ora che è il momento di Cyberpunk 2077 è invece comparso un bar futuristico, sporcato dai poster e dalle scritte sui muri e illuminato dal neon.

C’erano anche questa volta delle birre a tema, segno evidente che la cosa che piace di più ai ragazzi di CD Projekt dopo i videogiochi sono i bar e gli alcolici. All’interno di quest’atmosfera incredibile – sembrava veramente di trovarsi dentro a Blade Runner – abbiamo avuto il piacere di vedere una demo di Cyberpunk 2077 giocata da un membro del team che sedeva di fianco a noi, e senza giri di parole sono stati i 45 minuti forse più incredibili della Gamescom, che altro non hanno potuto fare che aumentare le aspettative per il gioco.

In cosa consisteva quello che abbiamo visto? La demo ci mostrava V il/la protagonista del gioco intento/a ad infiltrarsi nella base di una gang per recuperare un camioncino, sotto ordine di Placide dei Voodoo Boys, uno dei gruppi di cui si è già parlato negli ultimi mesi.

La prima cosa a saltare all’occhio è certamente Night City, che sembra sempre di più essere la vera protagonista di Cyberpunk 2077. Il quartiere mostrato si chiama Pacifica, teoricamente ridente località marittima. Nella pratica però i lavori sul quartiere non sono mai terminati, così hotel ed edifici sono diventate fatiscenti, oltre che incompleti, e sono stati occupati da chi non ha niente. I Voodoo Boys, che controllano la zona, hanno notato dei movimenti sospetti degli Animals in un centro commerciale, su cui V dovrà investigare.

Il quartiere di Pacifica è esteticamente pazzesco, decadente e permeato dalla cultura creola. CD Projekt ha lavorato molto sulla città, e nonostante sappiamo che la mappa sarà per estensione più piccola rispetto a quella di The Witcher 3 è chiaro come sia estremamente più densa di cose da fare e di particolari. Le interazioni tra gli NPC, gli eventi che avvengono sullo sfondo della nostra avventura, ma anche solo la sensazione di trovarsi di fronte a una città così estesa soprattutto in verticale restituisce un senso di vita, di città – organismo come mai è stato visto in un videogame.

Placide dei Voodoo Boys

Oltre alla bellezza della messinscena la demo di Cyberpunk 2077 ci ha mostrato qualche dialogo, la personalizzazione del personaggio (seppure in fase embrionale) e il sistema di equipaggiamento, ma la cosa più importante è stata la fase centrale della missione commissionata a V, di cui vorrei parlarvi nel dettaglio.

Come di consueto in questi casi la quest poteva essere affrontata in diversi modi, partendo dallo stealth per finire con gli schiaffoni. Gli sviluppatori hanno quindi pensato di includere in questa prova un tool per switchare tra due personaggi: il primo, un netrunner, quindi un personaggio più incline all’hacking e allo stealth, e un secondo personaggio che invece favoriva le fucilate alla conversazione. In questo modo abbiamo potuto apprezzare due diversi approcci alla stessa situazione, e il gioco ha dimostrato di funzionare bene in entrambi i casi.

Con il netrunner abbiamo visto come sia possibile scivolare alle spalle dei nemici per ucciderli, ma anche come sia possibile trovare le centraline che controllano le telecamere e gli altri oggetti in rete per prenderne il controllo. Fin qui nulla di estremamente nuovo direte voi, ed è vero. È tutto molto interessante e ben implementato, ma non si tratta di niente che non si è mai visto.

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Pacifica

Avanzando però le possibilità di hacking messe nelle diverse aree dallo sviluppatore si sono aperte a ventaglio, dimostrando una grande libertà di approccio. Quando V arriva in una palestra nota un robot fare sparring con un membro degli Animals, e hackera il robot per fargli uccidere con un pugno l’uomo. Pochi istanti dopo un altro Animals di sta allenando alla panca. Hackerandola, è possibile mascherare la morta dell’uomo con un malfunzionamento della macchina.

La parte più interessante del giocato con il netrunner è stata però quando questo si è trovato di fronte a un’orda di nemici che si erano accorti di lui. In questo frangente abbiamo finalmente potuto vedere all’opera il nanowire, un sottile cavo arancione che è probabilmente diventerà l’icona di Cyberpunk 2077. Grazie a questo è possibile tagliare di netto parti degli avversari, come se si trattasse di una frusta affilata, ma anche eseguire l’hacking sui corpi meccanici dei nostri avversari, facendogli rivoltare contro il loro stesso corpo, uccidendoli.

Questa fase di combattimento, in cui V dominava il campo aiutato anche da una torretta di cui aveva preso il controllo, mostrava come anche giocando un personaggio non naturalmente incline allo scontro fisico lo stealth non è l’unica possibilità, anzi è possibile combattere ugualmente, semplicemente con strumenti diversi.

Passando all’altro personaggio, l’altro V – questa volta di sesso femminile – abbiamo invece potuto vedere come si comporta il gioco se non si vuole andare per il sottile.

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Lo scontro con il boss

Le fasi giocate con questa V mostravano come è possibile farsi avanti attraverso le porte che un netrunner può eventualmente  in altre condizioni manomettere, aprendole di forza grazie alle braccia meccaniche, ma anche cosa succede se si vuole giocare a Cyberpunk 2077 come un FPS. Se può sembrare che la parte esplorativa perda un po’ di magia se affrontata in questo modo, è certamente è un elemento fondamentale di qualsiasi RPG offrire al giocatore la possibilità di interpretare il ruolo che preferisce, e quindi quello che è importante è: come funziona la parte sparatutto?

Bene, si direbbe. Purtroppo non è facile capire senza avere il pad in mano qual è l’effettivo feedback delle armi, e come si comporti il sistema di shooting. Dall’esterno sembra che il combattimento con le armi restituisca la giusta pesantezza, e che le armi offrano discreta varietà. Allo stesso modo anche le reazioni dei nemici colpiti sembrano curate, con delle animazioni coerenti al punto in cui i proiettili li raggiungono.

Il punto centrale di questa dimostrazione è stato lo scontro con un boss, potenziato artificialmente e quindi in grado di brandire un pesante martello. Tra una schivata e qualche colpo sparato senza risultati ci si accorgeva di un punto luminoso sulla schiena dell’avversario, adibito al controllo e all’alimentazione dei potenziamenti fisici. Una volta distrutto diventava impossibile per il boss maneggiare il martello, e contemporaneamente permetteva di infliggergli danni.

La differenza tra il cartello “Welocome to Pacifica” e la decadenza del quartiere stesso

Rimane la curiosità di capire come si sarebbe potuta affrontare la battaglia con il netrunner, e quali poteri si sarebbero potuti usare per avere la meglio. Viene anche da chiedersi come il netrunner avrebbe reagito all’hacking del proprio cervello: nelle prime fasi dello scontro, una volta atterrata V, il boss le si collega per iniziare l’hacking del cervello, che continua per tutto lo scontro creando distorsioni e glitch nella vista della protagonista, con una barra nella parte alta dello schermo utile a mostrare l’avanzata dell’hacking avversario e la resistenza del nostro firewall.

La sensazione è che, come spesso capita in questo tipo di giochi, gli scontri con i boss siano un po’ sottotono dovendosi piegare ai tanti approcci che il gioco offre.

Sconfitto il boss, e conclusa la missione con qualche colpo di scena, V torna alla sede dei Voodoo Boys e incontra il vero capo della gang, Brigitte. Questa la invita a sdraiarsi in una vasca di ghiaccio per trasportarla nel cyberspazio e scoprire che qui c’è un muro, e che nessuno di quelli che hanno provato a varcarlo hanno mai fatto ritorno.

Scopriamo anche che soltanto un hacker è riuscito a trasportare interamente la sua coscienza nel cyberspazio, diventando quindi divinità.

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Il cyberspazio

Cosa significherà il cyberspazio in Cyberpunk 2077, che importanza avranno questo muro e questa divinità nella trama non lo sappiamo ancora, ma l’esistenza di una dimensione parallela visitabile e di un mistero di questo tipo non possono che stuzzicare la fantasia.

Come accennato, la demo mostrata alla Gamescom lasciava intendere che Cyberpunk 2077 sarà un gioco stratificato, con diverse cose da fare, decine di meccaniche adattabili al vostro stile di gioco, un sistema di crescita del personaggio complesso, rapporti con e tra gli NPC scritti con cura e un mondo da esplorare in lungo e in largo (e in alto!).

Non si può che rimanere colpiti positivamente da quello che CD Projekt Red sta realizzando, e questo va ben oltre l’aspetto grafico non eccellente (ma non sappiamo su cosa girasse la demo, se Xbox o PC) o qualche naturale inciampo tecnico di un gioco ancora in sviluppo (a ben pensarci manca poco meno di un anno, non proprio poco!).

Per lasciarvi l’idea di cosa è Cyberpunk 2077, vi lascio il commento più personale possibile: non mi piace guardare altre persone che giocano, mi annoia a morte. Dopo mezz’ora di demo mi sono accorto di trovarmi estasiato in una sala buia dove, da trenta minuti, stavo effettivamente semplicemente guardando qualcuno che giocava.

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.