The Game Kitchen dopo il successo di Blasphemous torna con un sequel che… beh, vi piacerà solo se vi è piaciuto il primo

Sono uno dei pochi (a quanto pare) convinti che il primo Blasphemous sia un gioco tutt’altro che interessante. Ci ho provato a giocare tre o quattro volte senza mai riuscire a entrarci in sintonia e soprattutto senza capire l’apprezzamento generale. Ok, a un primo approccio può colpire per il setting peculiare, ma dopo poche ore ci si rende conto che il sistema di combattimento è sostanzialmente piatto e ripetitivo e il level design poco ispirato e soprattutto privo di stimoli all’esplorazione mentre i comandi, spesso, rispondono male. Tutti peccati capitali per un metroidvania.

Non capivo quindi l’attesa per Blasphemous 2. Sarò io, mi son detto, che ho giocato a Blasphemous nei momenti sbagliati. Ho quindi riscaricato il primo gioco e poi ho provato a giocare il secondo, ma niente è cambiato. Speravo che The Game Kitchen avesse un po’ corretto il tiro rispetto al primo capitolo, sistemando quelli che trovavo essere problemi critici per un action platform imperniato sull’esplorazione. Blasphemous 2 è invece semplicemente la continuazione del primo capitolo, con qualche timido miglioramento; in fondo perché cambiare quando Blasphemous ha fatto successo?

Anche questa volta, quindi, non sono riuscito ad apprezzare sostanzialmente nulla del gioco, e un po’ mi dispiace perché a quanto pare è un’esperienza di valore secondo quasi tutti. Evidentemente Blasphemous non è il gioco per me. O magari ha effettivamente dei problemi che vengono “coperti” da uno stile estetico così peculiare e da un setting così inusuale?

 Iniziamo proprio dalla componente narrativa e artistica del gioco. Blasphemous 2 è un diretto seguito del primo titolo, e proprio dalla fine di Blasphemous prende le mosse. Torneremo così nei panni del Penitent One a esplorare un mondo dark fantasy costruito interamente attorno a temi legati al cattolicesimo spagnolo. Proprio a un certo modo di intendere la Fede tipico della Spagna (paese da cui proviene The Game Kitchen) è legata sia l’estetica sia il world building di Blasphemous. Una religione sanguigna, incredibilmente legata all’umiliazione della carne tra autoflagellazioni, pestilenze, scarnificazioni e violenze. Proprio su questi elementi che tratteggiano la parte più torbida del cattolicesimo traducendolo nella sua versione dark fantasy è necessario spendere le prime parole, perché Blasphemous 2 si spinge forse un po’ troppo oltre.

Giocare sul filo del rasoio è possibile, ancorché difficile: Diablo IV per esempio riesce a costruire un mondo pieno di sangue, morte e interiora senza mai diventare grottesco. Blasphemous 2 invece salta il confine di misura. È tutto così eccessivo che a un certo punto comincia a sembrare qualcosa di scritto da un adolescente un po’ troppo in fissa con il gore e gli aspetti più torbidi (e sostanzialmente inventati) del medioevo, con una religiosità così morbosa e sopra le righe da far sorridere. Questo discorso è applicabile sia a quello che vediamo nel gioco sia a quello che i personaggi dicono. Il linguaggio criptico, il tono elevato, il costante riferimento a fin troppo drammatiche vicende del passato e reliquie dalla curiosa storia concorrono a creare una narrazione che più di una volta fa sollevare un sopracciglio per quanto sembra artefatta e pensata con il solo scopo di turbare. Turbare sempre l’adolescente di cui si è detto, si intende.

A margine di questo però Blasphemous 2 è abbastanza deboluccio anche per quanto riguarda le meccaniche di gameplay. Rispetto al sistema di combattimento si sono fatti dei passi in avanti, che seppure non rendano gli scontri i più divertenti nel panorama metroidvania almeno limitano la costante ripetitività di quelli del primo capitolo. Se nel primo Blasphemous infatti avevamo a disposizione soltanto un’arma, qui il numero cresce e con lui aumentano le possibilità di approccio agli scontri. Ci troviamo sempre di fronte a un combat system piuttosto statico, dimenticatevi quindi ancora una volta il dinamismo di un Hollow Knight o di un Ori and the Will of the Wisps. Almeno lo schema parry – attacco – parry non è più il sistema principale per affrontare gli scontri, nonostante rimanga importante nell’economia di gioco.

Le nuove armi aprono a scenari diversi, obbligando a cercare di capire cosa è meglio in diverse situazioni e ponendoci anche nella condizione di doverle cambiare rapidamente per risolvere puzzle ambientali, spesso legati proprio a diverse interazioni che hanno le armi con specifici elementi di scenario.

Questo ha quindi un impatto positivo anche sul level design, che guadagna un po’ di varietà anche se, ancora una volta, non riesce a brillare. Il problema principale è che quando le aree non sono fin troppo lineari cercano di essere intricate senza riuscirci. The Game Kitchen sembra essersi sforzata per dare all’esplorazione una marcia in più rispetto al passato, e qualche limitato risultato c’è, il problema è che non è abbastanza per rendere veramente gradevole l’esplorazione. E questo non è aiutato da una sostanziale ripetitività degli scenari, sempre fin troppo uguali a loro stessi all’interno della stessa zona.

Il problema di Blasphemous 2 è che è un gioco che non è così divertente da esplorare e non da particolari stimoli al combattimento (neanche durante le boss fight, più belle da vedere che da giocare).

Il vero selling point di Blasphemous 2 è quindi, ancora una volta, la componente estetica e narrativa. La pixel art è sempre di ottimo livello e funziona molto bene nel tratteggiare quel mondo (fin troppo) sopra le righe che molti hanno estremamente apprezzato. Dal canto mio posso apprezzare il lavoro tecnico ma, come già detto, non più di tanto quello artistico.

Probabilmente Blasphemous 2 è un gioco imperdibile per chi ha apprezzato il primo episodio, e sono contento per loro. Dal canto mio devo prendere atto che io e Blasphemous non ci ameremo mai. Ci abbiamo provato un paio di volte, ma non è andata bene. Probabilmente non sei tu, Blasphemous, ma sono io.

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.