“Maglietta e berretto con la M, Mighty Max!”

È il 1992 quando Bluebird Toys PLC, una britannica azienda di giocattoli, mette sul mercato il prodotto Migthy Max. Se siete stati bambini negli anni ’90, sapete certo di cosa si tratta, visto il successo incredibile ottenuto da questo marchio, al punto che la distribuzione venne presto estesa agli Stati Uniti e al Canada grazie a Mattel e Irwin Toy Limited.

La linea di prodotti era piuttosto semplice e nella forma ricordava un po’ la famosa Polly Pocket, ma in versione maschile. In effetti la matrice ed il percorso è lo stesso: anche Polly Pocket nasce dalla Bluebird, per passare poi alla Mattel, dove subisce delle modifiche sostanziali che ne sanciscono il successo.

Ad ogni modo i prodotti M.M. erano divisi in Doom Zone (noti come Gusci Orribilosi) ed Horror Heads (Mini Gusci Orribilosi), peraltro molto simili tra loro, fatta eccezione per le dimensioni.
Doom Zone era la linea costituita da alcuni gusci che rappresentavano uno scenario a tema horror, ricco di dettagli dal punto di vista estetico e che una volta aperti esibivano un accurato playset già in buona parte sistemato ed arredato, ma pieno di parti mobili che facilitavano il gioco, a cui ovviamente si andava sempre ad aggiungere il piccolo eroe Mighty Max e uno o due villain occasionali.

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Mighty Max: dal gioco alla serie animata

Questi gusci erano grandi più o meno come una mano di un adulto, mentre le Horror heads erano decisamente più piccole, dalla grandezza di un palmo e, come il titolo suggerisce, rappresentavano delle teste di creature orrifiche.

Nella prima serie di prodotti Mighty Max il berretto non è sempre rosso, perché l’idea originale era che cambiasse colore ogni volta che saltava da una dimensione all’altra, e chi ha collezionato i primi set ricorda questo dettaglio ma anche l’aspetto più giovane del protagonista, che cambia un po’ nei giochi successivi, dove viene rappresentato con dei tratti meno bambineschi. Con la messa in onda del cartone animato cambiano quindi le cose, forse per la necessità di dare un’identità fissa all’eroe ed il berretto rosso e l’aspetto più maturo divengono uno standard.

È proprio la serie animata infatti ad incrementare il successo di Mighty Max, e viene prodotta da Film Roman Productions, che ci racconta anche la storia del nostro giovane eroe.
Il cartone animato ci narra le vicende di Max, un ragazzino che una mattina riceve un pacco postale al cui interno trova una piccola statua a forma di uccello, scritta con dei geroglifici egizi, la cui traduzione corrisponde a: “Sei stato scelto per essere il portatore del berretto. Vai al mini-market ed aspetta un segnale, Possente Max“.

Il ragazzino poi farà cadere inavvertitamente la statua, al cui interno si trova il fatidico berretto rosso, che svelerà presto i suoi poteri, ovvero la capacità di aprire portali spazio-temporali, teletrasportando Max in altri luoghi.
I luoghi spesso centrali nelle vicende dell’eroe affondano le proprie radici nella mitologia, con riferimenti a Lemuria, un ipotetico continente scomparso e Atlantide.
Il nemico principale di Max è appunto Skullmaster, che appare già dalla prima puntata della serie animata, ed è noto come il Cavaliere del Teschio Maledetto, che è peraltro il nome di uno degli Horror Heads della collezione di giocattoli.
Skullmaster è un guerriero stregone senza età, che ha distrutto appunto due antiche civiltà, ovvero Lemuria ed Atlantide, e proprio Max (detto il Possente, quando indossa il berretto) è stato eletto come custode della chiave e dei portali, ed il suo scopo è quello di evitare al Cavaliere del Teschio Maledetto di impossessarsene.

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Il prescelto

Quello che fa di Mighty Max un eroe senza macchia e senza peccato, amato da tutti, è il fatto di essere il Possente, il prescelto, senza però sentirsi tale. Sa che la sua missione è ormai quella di sconfiggere il male, non può tirarsi indietro per il bene dell’umanità ma cerca di accettare tutto questo traendo del bene dalla faccenda, e provando quindi a divertirsi.

È per questo che il nostro giovane Max viene raffigurato sempre sorridente e spensierato, anche di fronte ai pericoli più grandi e a mostri terribili. Mighty Max è in fin dei conti un ragazzino che vorrebbe confrontarsi con i passatempi e le questioni di quelli della sua età, ma si trova invischiato in qualcosa di più grande di lui e con grande responsabilità accetta questo gravoso compito. È anche per questo che Mighty Max piace a tutti, per gli insegnamenti che vuole dare al suo pubblico di bambini.

Ma è solo per il buon esito del cartone animato, nato a supporto della linea di giocattoli, che questo marchio ha avuto tanto successo in quegli anni? Assolutamente no. La serie animata era molto seguita, questo è fuori discussione, tuttavia fu proprio Polly Pocket a fornire le linee guida per indirizzare i giocattoli di Mighty Max sulla strada giusta.

Polly Pocket funzionava per le dimensioni e per la portabilità, ed era pertanto ovvio che applicando lo stesso concetto ad un gioco per maschietti il risultato sarebbe stato pressoché identico. E soprattutto funzionava perché i set erano belli, ricchi di dettagli orrifici, mostri di ogni tipo e dimensioni perfette. Tutti fattori che per i bambini degli anni ’90 equivalevano ad un “voglio collezionarli tutti”.
La cosa più figa di tutte però era senza dubbio il Mega Head. Il grande successo della serie infatti spinse l’azienda a continuare a produrre e rinnovare la linea, e se le Hairy Heads Shrunken Heads – gusci ancora più piccoli con i quali però era davvero difficile giocare – non portarono grandi benefici, i set Mega Head furono una vera rivoluzione.

Sostanzialmente erano dei gusci un bel po’ più grandi dei Doom Zone, ed il mondo di gioco era ancora più articolato e ricco di dettagli. Roba da far impazzire bambini e collezionisti.

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Eppure, il fuoco di paglia di Mighty Max era destinato a spegnersi pian piano, e accorgimenti e novità come queste o come le successive action figures denominate Battle Warriors ne erano la prova, nonostante fossero indubbiamente belle. Il mondo di M.M. Si stava evolvendo per cercare di continuare a far presa sui giovani fruitori, ma così facendo si snaturava ed andava incontro al triste epilogo. Si tentò anche con un videogame per il Super Nintendo, che pure conquistò la sua fetta di utenza, ma era sempre una fiducia a termine e forse anche in Bluebird e Mattel lo sapevano.

Comunque sia, qualunque ragazzino cresciuto negli anni ’90 ricorderà con piacere il periodo Mighty Max, e senza dubbio avrà chiesto per regalo ai propri genitori niente di più semplice che un berretto rosso.

Tiziano Costantini
Nato e cresciuto a Roma, sono il Vice Direttore di Stay Nerd, di cui faccio parte quasi dalla sua fondazione. Sono giornalista pubblicista dal 2009 e mi sono laureato in Lettere moderne nel 2011, resistendo alla tentazione di fare come Brad Pitt e abbandonare tutto a pochi esami dalla fine, per andare a fare l'uomo-sandwich a Los Angeles. È anche il motivo per cui non ho avuto la sua stessa carriera. Ho iniziato a fare della passione per la scrittura una professione già dai tempi dell'Università, passando da riviste online, a lavorare per redazioni ministeriali, fino a qui: Stay Nerd. Da poco tempo mi occupo anche della comunicazione di un Dipartimento ASL. Oltre al cinema e a Scarlett Johansson, amo il calcio, l'Inghilterra, la musica britpop, Christopher Nolan, la malinconia dei film coreani (ma pure la malinconia e basta), i Castelli Romani, Francesco Totti, la pizza e soprattutto la carbonara. I miei film preferiti sono: C'era una volta in America, La dolce vita, Inception, Dunkirk, The Prestige, Time di Kim Ki-Duk, Fight Club, Papillon (quello vero), Arancia Meccanica, Coffee and cigarettes, e adesso smetto sennò non mi fermo più. Nel tempo libero sono il sosia ufficiale di Ryan Gosling, grazie ad una somiglianza che continuano inspiegabilmente a vedere tutti tranne mia madre e le mie ex ragazze. Per fortuna mia moglie sì, ma credo soltanto perché voglia assecondare la mia pazzia.