Da The Handmaid’s Tale a Naomi Alderman, l’onda lunga della letteratura distopica trasforma le donne da vittime a carnefici, mentre la parità di genere resta una vera e propria utopia

Tutto è iniziato nel 2017, quando sulla piattaforma di streaming Hulu viene presentata la prima stagione di The Handmaid’s Tale, basata sull’omonimo romanzo di Margaret Atwood. Il 2017 è l’anno della nascita del movimento #MeToo, dell’insediamento di Donald Grab ‘em by the pussy Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America, l’anno in cui la rabbia delle donne esplode, trovando un canale di comunicazione nello storytelling, snodandosi, come spesso è accaduto ai fenomeni pop negli ultimi due secoli, attraverso gli States per arrivare poi nel vecchio continente, digerito e contestualizzato per noi europei.

Il rosso manto della sorellanza

Tutto inizia davvero nel 1985, quando una già affermata poetessa e romanziera canadese presenta al pubblico il suo sesto romanzo, Il racconto dell’ancella. Ambientata in un futuro dominato dal fervore religioso, quest’opera si dimostra da subito un punto di svolta della narativa speculativa, vincendo l’Arthur C. Clarke Award nel 1987, ma comparendo allo stesso tempo nella shortlist dei candidati al serioso e not-so-into-scifi Man Booker Prize for Fiction del 1986. Del resto Margaret Atwood è la signora dell’equilibrismo, in grado di far digerire anche ai puristi della Grande Letteratura trilogie di climate-fiction con puffi pigmei geneticamente modificati e prostitute usate per diffondere epidemie su scala mondiale, per non parlare della sua abilità di ispirare intere generazioni di donne senza mai cedere all’etichetta di femminista, oggigiorno troppo vaga e restrittiva allo stesso tempo.

ragazze elettriche

Poco più di trent’anni fa Margaret Atwood, attingendo a ritagli di giornali e notizie dal mondo passato e contemporaneo, scriveva un’opera di narrativa speculativa che ancora oggi leggiamo, con stupore e tremore, increduli della sua capacità oracolare, scambiando per preveggenza la sua abilità di intrecciare eventi realmente accaduti per ordire una trama che con il passare degli anni sembra avvicinarsi sempre più alla plausibilità.

E se la Atwood è partita dalla cronaca, alla cronaca torniamo, con avvistamenti di ancelle di rosso vestite nella vicina Verona, pochi mesi fa, per manifestare contro una mozione atta a finanziare gruppi pro-vita. Le Ancelle di Gilead, spogliate del loro nome e dei loro diritti, sono diventate un simbolo internazionale delle violenze fisiche e mentali subite ogni giorno dalle donne, una divisa di sorellanza che attraversa tre decenni in cui ogni passo avanti nella condizione femminile viene messo di nuovo in discussione, tra politiche per la famiglia che auspicano il ritorno della donna a angelo del focolare e aggressive rivendicazioni di indipendenza femminili che vanno soltanto a rafforzare la visione androcentrica della donna con le palle, meritevole di considerazione solo nel momento in cui aderisce ai modelli comportamentali dell’uomo di successo.

Questa mascolinizzazione della donna è il tema trainante di un romanzo molto più recente, che possiamo definire diretto erede delle ancelle e che è stato pubblicato in Italia, proprio nel 2017, da nottetempo con traduzione di Silvia Bre. Ragazze Elettriche, di Naomi Alderman, non nasconde il suo debito nei confronti della Atwood, che viene ringraziata in apertura e in chiusura di libro, e che è stata mentore della scrittrice londinese, co-autrice dell’app Zombies, Run!

People have the power

Cosa farebbero le donne se si trovassero improvvisamente in una posizione di potere (questo il titolo originale del romanzo, The Power) nei confronti dei portatori del cromosoma Y? Come Il racconto dell’ancella, anche Ragazze Elettriche sfrutta la cornice del manoscritto ritrovato per contestualizzare il proprio futuro, anche se, in questo caso, più che ritrovato, possiamo parlare di manoscritto in via di pubblicazione: grazie a un breve scambio epistolare posto all’inizio e alla fine del romanzo vero e proprio, veniamo infatti a scoprire che quello che stiamo leggendo è un romanzo storico inviato in betareading alla scrittrice Naomi dal membro della Men Writers Association Neil Adam Armon.

Capiamo subito, quindi, che l’equilibrio si è spostato, che nel nuovo mondo gli uomini si trovano a elemosinare attenzioni, che il loro lavoro, in qualche modo, viene valutato meno importante di quello delle donne, che hanno bisogno di associazioni che ne tutelino i diritti. Questo nuovo/vecchio mondo che lo storico presenta in quella che lui chiama rappresentazione romanzata di quella che gli archeologi ritengono la narrazione più plausibile, dista già cinquemila anni dal presente dello scambio epistolare: la nostra epoca è diventata Storia, la nostra quotidianità reperto archeologico, la nostra società, il mondo retto da uomini, nostalgicamente e romanticamente dipinta come un mondo più gentile, più garbato, più amorevole e intimamente più incline all’accudimento di quello in cui vivono mittente e destinataria delle missive.

ragazze elettriche

In un periodo storico in cui una parte del movimento femminista sembra aver perso di vista l’obiettivo della parità di genere, trasformando l’uomo in un nemico da combattere e non nel prezioso alleato alla causa che dovrebbe essere, Ragazze Elettriche è un romanzo che spinge alla riflessione chiunque lo legga, a prescindere dal suo sesso, dalla sua identità di genere e dalle sue preferenze sessuali, e lo fa con violenza di un cataclisma.

Hard revolution

Era come essere parte di un’onda d’acqua.

Un’onda di spruzzi dall’oceano sembra piena di forza, ma dura solo un momento, il sole asciuga le pozzanghere e l’acqua sparisce. Allora hai come l’impressione che non sia mai avvenuto. Per noi è stato così. L’unica onda che cambia qualcosa è uno tsunami. Devi buttare giù le case e distruggere il paese se vuoi essere certa che nessuno si dimenticherà di te.

Laddove fallisce la soft revolution, le protagoniste di questo racconto corale (e l’unica voce maschile, quella del reporter Tunde) pretendono pasolinianamente il troppo per ottenere il poco, sfruttando la capacità di sprigionare scariche elettriche per ribaltare il mondo, non rendendolo un posto migliore, ma andando a occupare con la forza il ruolo nella società una volta ricoperto dagli uomini. Assistiamo così alla creazione di una nuova teologia, di una nuova piramide gerarchica, di una società che cinque secoli dopo il suo radicamento trasforma la nostra contemporaneità in un paradiso perduto, mentre noi lettrici di oggi sorridiamo amaramente quando lo storico Neil parla delle pratiche disumane della nuova società, specchio riflesso di quello che succede oggi a molte donne.

Ci sono ancora posti al giorno d’oggi, in cui i maschi vengono sistematicamente abortiti, o nei quali il loro pene viene “impedito”. Questo non può essere accaduto alle donne in epoca pre-Cataclisma.

E questo amaro sorriso è proprio il fine ultimo della narrativa speculativa: non intrattenere, non vincere premi, non assecondare il pensiero precostituito del lettore, ma costringerlo a riflettere, anche e soprattutto per mezzo di immagini forti, di concetti che siano oggetto di discussione. Naomi Alderman ci riesce, e ci riesce facendo incazzare una buona parte del suo pubblico, descrivendo le donne come violenti esseri umani in grado di vendicarsi dopo secoli di soprusi. Le ragazze elettriche sono effettivamente figlie delle ancelle di Margaret Atwood, sono l’esempio – non corretto, non giusto, ma probabile – di come sarebbe andato a finire il tentativo di ascesa del governo teocratico di Gilead se le donne avessero avuto il potere per ribellarsi agli uomini. Lontano dalla narrazione che ci vuole migliori degli uomini, la Alderman ci mostra l’impalpabilità delle differenze caratteriali attribuite ai due sessi, svelando la razza umana per quello che è: violenta, prevaricatrice, incapace di ottenere la parità di genere.

Perché la sete di potere è la stessa in entrambi i sessi.

Se volete approfondire la visione femminista accennata in questo articolo…

Il saggio per voi è Perché non sono femminista di Jessa Crispin.
Se invece volete ingannare l’attesa, potete aspettare il sequel de Il racconto dell’ancella leggendo l’ultimo romanzo della Atwood pubblicato in Italia: Il canto di Penelope, ovvero la storia di quello che succedeva veramente sull’isola di Itaca durante l’Odissea.

Angela Bernardoni
Toscana emigrata a Torino, impara l'uso della locuzione "solo più" e si diploma in storytelling, realizzando il suo antico sogno di diventare una freelancer come il pifferaio di Hamelin. Si trova a suo agio ovunque ci sia qualcosa da leggere o da scrivere, o un cane da accarezzare. Amante dei dinosauri, divoratrice di mondi immaginari, resta in attesa dello sbarco su Marte, anche se ha paura di volare. Al momento vive a Parma, dove si lamenta del prosciutto troppo dolce e del pane troppo salato.