Pif torna sul grande schermo con E noi come stronzi rimanemmo a guardare, portandoci in un mondo mai osservato realmente: l’oggi 

Piove. La metropoli sprofonda in una giungla sonora. Le cacofonie acustiche si sposano con i led dei palazzi, le luci delle auto, l’inquinamento che ci avvolge. Il sole è sorto da poco e tu stai andando al lavoro, pronto per un’altra giornata che, una volta conclusasi, ti farà urlare “grazie” di fronte allo specchio. E noi? Mentre questi uomini vengono consumati dalla macchina economica dove stavamo? Mentre la falsità del nuovo sistema capitalista fatto di like, app e consensi vari prendeva il sopravvento, cosa facevamo? Noi come stronzi rimanemmo a guardare

come stronzi guardare

L’ultima commedia di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, ci racconta lo spaccato di una vita che pian piano ci consuma sotto i nostri occhi, ma, al tempo stesso, la nostra incapacità di fermare questo processo. Arturo, interpretato da Fabio De Luigi, ha da poco perso tutto. Fidanzata, lavoro, aspettative, sogni. Rimettersi in gioco, a 48 anni, è dura. Finché non gli si apre “l’innovativa” opportunità di diventare rider per Fuuber

In questa commedia dal sapore agrodolce, il nostro protagonista si ritrova soffocato dall’eccesiva presenza del digitale e dall’esasperante assenza dell’umanità. I contatti sono fittizi, non c’è possibilità di instaurare un vero rapporto, le persone sono semplici maschere che si stagliano sullo sfondo. 

I nostri sentimenti, le nostre emozioni, i nostri sogni, sono stati annebbiati, come ricordi sopiti in un passato mai realmente vissuto. Siamo stati noi a firmare la liberatoria di tutto ciò, ad aver acconsentito al trattamento dei dati personali, ad aver permesso la perenne geolocalizzazione. De Luigi, insieme ad Ilenia Pastorelli, riesce a svincolarsi da un tema crudo e tristemente noto al pubblico in sala, offrendo sullo schermo la sua impareggiabile comicità.  

La sua figura si staglia sullo schermo come un Chaplin che viene divorato dagli ingranaggi del sistema. Bici, navigatore e zaino sono i fedeli compagni che lo seguiranno in questa argonautica impresa in un set che si articola tra Roma e Milano. 

La produzione di Pif, seguendo una narrazione lineare, articolata in 140 minuti complessivi di proiezione, intrattiene con artifici che sono già stati visti in passato, ma ci allietano la vista. La regia è ricercata, c’è un senso finale ad ogni inquadratura e, seppur alcuni elementi stilistici e, soprattutto, narrativi, siano inflazionati, non cozzano con la messa in scena. 

E noi come stronzi rimanemmo a guardare è un film moderno, contemporaneo sia per temi che per gli strumenti adoperati per l’ottenimento del risultato finale. La presenza stessa del regista all’interno della pellicola è un elemento di colore importante. Gli sketch comici sono attuali e coinvolgono tutto il pubblico in sala, seppur la “mazzata” emotiva sia nascosta dietro l’angolo.  

Sì perché con E noi come stronzi rimanemmo a guardare, seppur, erroneamente, proviamo a porci come spettatori esterni, comprendiamo di essere presenti all’interno della storia. Conosciamo tristemente i risvolti narrativi, i sottotesti, le dinamiche che fagocitano i protagonisti. Sappiamo cosa significhi, chi più e chi meno, cosa possa rappresentare il ricominciare da 0 in una società dove non siamo più nemmeno prodotti, ma semplici “strumenti” di vendita. Come un pacco che serve ad imballare un prodotto o uno scontrino che permette la transazione, il nostro lavoro, le nostre richieste, i nostri desideri, sono tutti soggiogati dal sistema economico che abbiamo, colpevolmente, contribuito a creare, privandoci della nostra identità.  

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Un po’ sacrificata la Pastorelli che si ritrova a dover avere un ruolo più da comprimaria, ma le necessità di trama sono un padre padrone e, comunque, l’attrice romana si presta ottimamente a questa sua parte, ponendosi come perfetta “spalla” di un Arturo sempre più solo. 

E noi come stronzi rimanemmo a guardare è un film intelligente, maturo e che, a tratti, sembra avere un ampio respiro internazionale a livello di regia e produzione. Un’opera che, probabilmente, potrà ottenere anche qualche chance in fase di nomination nostrane. Ottimo De Luigi, perfettamente integrato in questo ruolo che si diverte a giocare sul lato introspettivo dello spettatore, pian piano svuotato a livello emotivo, nonostante le copiose risate nate durante la proiezione. Una storia amara, camuffata da commedia, che ci ricorda il perché, ogni giorno, dovremmo provare a cambiare realmente noi stessi in favore del prossimo, consapevoli, però, che questo non accadrà mai. 
O forse sì? 

Leonardo Diofebo
Classe '95, nato a Roma dove si laurea in scienze della comunicazione. Cresciuto tra le pellicole di Tim Burton e Martin Scorsese, passa la vita recensendo serie TV e film, sia sul web che dietro un microfono. Dopo la magistrale in giornalismo proverà a evocare un Grande Antico per incontrare uno dei suoi idoli: H. P. Lovecraft.