Earwig e la Strega è l’ultimo lavoro di Goro Miyazaki e dello Studio Ghibli, tra magia quotidiana e una storia incompiuta

Quando esce un nuovo film dello Studio Ghibli è sempre un grande evento. Il genio assoluto di Hayao Miyazaki ha raccolto intorno a sé migliaia di fan in tutto il mondo, i quali non chiedono altro che l’icona di Totoro nei titoli di testa per correre in massa al cinema. Earwig e la Strega è l’ultima fatica di Goro Miyazaki, che ormai da anni tenta di portare avanti l’eredità del padre e, nel contempo, di trovare un’identità registica personale. Con questo lungometraggio sarà riuscito a fare qualche passo in entrambe le direzioni? Scopriamolo insieme!

Earwig e la Strega di Goro Miyazaki: di che cosa parla

Come molti altri film dello Studio Ghibli, anche Earwig e la Strega è tratto da un romanzo: si tratta di un’opera fantasy della scrittrice britannica Diana Wynne Jones che ne condivide il titolo ed è stata pubblicata nel 2011. La vicenda ruota intorno a Earwig, una bambina molto sveglia a cui piace manipolare le persone, che vive in un orfanotrofio cui è giunta da neonata. Un giorno si presentano all’istituto due persone dall’aria strana e in qualche modo losca, le quali la adottano e la portano a vivere nella loro casa, in una piccola città dell’Inghilterra degli anni Novanta. Presto Earwig, ribattezzata “Erica” dalla rettrice dell’orfanotrofio, scopre che la sua nuova madre adottiva si chiama Bella Yaga e di mestiere fa la strega. Mandragora, l’altro inquilino, è ancora più particolare: ha un esercito di minuti demonietti ai suoi ordini e quando si arrabbia sprizza fuochi d’artificio dagli occhi. Earwig, abituata a ottenere sempre tutto ciò che vuole, dovrà scoprire i segreti della casa e, magari, anche imparare qualche magia.

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Earwig e la Strega di Goro Miyazaki: una protagonista inusuale

L’elemento più interessante di Earwig e la Strega è la sua protagonista, così poco in linea con i personaggi a cui ci hanno abituati Hayao Miyazaki e lo Studio Ghibli. Sebbene infatti le opere precedenti siano piene di individui particolari, dotati talvolta anche di poteri e fattezze spaventose, Earwig/Erica si distingue grazie alla sua espressione sempre corrucciata, quasi cattiva. Sin dalle prime scene la bambina non viene presentata come una persona granché simpatica, anzi la vediamo immediatamente comandare a suo piacimento il povero Budino, un compagno di orfanotrofio. Curiosa e abituata a tenere tutti nel palmo della mano, Earwig tiene fede al significato del suo nome in inglese: i codini in cui è solita raccogliere i capelli riprendono la forma della pinza dell’insetto forbice, anche detto “insetto manipolatore“. Se da un lato la bimba cattura l’attenzione dello spettatore per la sua atipicità fisica e caratteriale, dall’altro i suoi modi subdoli e manipolatori non aiutano l’empatizzazione.

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Earwig e la Strega di Goro Miyazaki: magia e normalità

Quando pensiamo alla magia di solito ci vengono in mente maghi dai poteri inimmaginabili, capaci di creare la vita e di distruggerla, o di piegare le leggi della natura alla loro volontà. In Earwig e la Strega Goro Miyazaki mette invece in scena un altro tipo di magia, che potremmo definire quotidiana, quasi normale. I clienti di Bella Yaga la chiamano al telefono per ottenere incantesimi dagli effetti decisamente più limitati: far vincere una gara canina, far innamorare il ragazzo della porta accanto, far appassire le dalie della vicina. Persino quella che, per usare un linguaggio da action RPG, potremmo chiamare modalità di casting delle magie, è spartana, tutt’altro che altisonante. Bella Yaga è più un’alchimista che una strega, dato che i suoi incantesimi prendono la forma di intrugli maleodoranti preparati combinando le erbe del giardino di casa con resti di animali.
Mandragora, che sembra da subito l’individuo più potente e misterioso della pellicola, utilizza i propri poteri per scopi ancora più umili. L’altissimo uomo dalle orecchie a punta sguinzaglia i suoi demonietti solamente per farsi portare la cena, come una sorta di servizio delivery. Ovviamente, pero, entrambi i personaggi sono molto più di ciò che mostrano…

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Earwig e la Strega di Goro Miyazaki: un film incompiuto

Come abbiamo appena visto, Earwig e la Strega di Goro Miyazaki presenta di sicuro alcuni punti di interesse, ma non è sicuramente un film perfetto. Il primo elemento che fa storcere il naso, soprattutto a chi ha studiato sceneggiatura, è la gestione delle informazioni da parte della protagonista. In una delle primissime scene, per esempio, Earwig/Erica si dilunga in un interminabile monologo, in cui spiega quanto le piaccia manipolare le persone e quanto sia brava nel farlo. Persino il povero Budino, unico spettatore, sembra annoiarsi. Il bello è che questo spiegone potrebbe benissimo non avere luogo, dal momento che sia la sequenza precedente che quella successiva mostrano questa capacità della bambina, illustrandola meglio di mille parole.
Il vero problema del film, però, risiede nella sua sostanziale incompiutezza.

Bella Yaga e Mandragora nascondono chiaramente un segreto che ha a che fare con il loro passato e li collega al ritrovamento di Earwin neonata davanti all’orfanotrofio. Purtroppo il finale della pellicola fallisce nello sciogliere i nodi, non svelando del tutto la backstory e lasciando un po’ di amaro in bocca.
La pillola più amara in assoluto la lasciamo per ultima. Dimenticatevi la tradizionale bellezza dei disegni a cui lo Studio Ghibli ci ha abituato in tutti questi anni: Earwig e la Strega è realizzato in computer grafica, avvicinandosi molto di più allo stile di animazione Pixar. Un duro colpo per i fan della casa di produzione nipponica.

Earwig e la Strega di Goro Miyazaki è un film interessante, nonché un altro adattamento Ghibli di un’opera della Jones dopo Il Castello Errante di Howl. Trova i suoi punti di forza nel carisma inusuale della sua protagonista e nella trattazione anomala del tema della magia. Purtroppo, però, le linee della storia non sono chiuse in modo convincente, lasciando lo spettatore con una spiacevole sensazione di incompiutezza.

Marco Broggini
Nasce con Toriyama, cresce con Ohba e Obata, corre con Shintaro Kago. Un percorso molto più coerente di quello scolastico: liceo scientifico, Scienze della Comunicazione, tesi su Mission: Impossible, scuola di sceneggiatura. Marco ha scoperto di essere nerd per caso, nel momento in cui gli hanno detto che lo sei se sei appassionato di cose belle. Quando non è occupato a procrastinare l'entrata nel mondo del lavoro, fa sport che nessuno conosce e scrive racconti in cui uomini e gatti non arrivano mai alla fine.