Il CES di Las Vegas viaggia serratamente verso la sua conclusione, e come molti si aspettavano, è stato teatro di tante informazioni sulle novità tecnologiche più attese dell’anno, non ultimo lo stra-chiacchierato Oculus Rift che dopo ben 4 anni “di prova” è finalmente pronto ad arrivare sul mercato con tanto di prezzo che, udite udite, è tutto fuorché economico. Con una marea di indignazione che è costata, almeno a mio dire, anche qualche figura di merda da parte del fondatore (ed evangelist)  della società, Mr. Palmer Luckey, che ha tuonato su Twitter la sua indignazione verso il feedback negativo del pubblico. Ma andiamo per gradi.

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Oculus Rift costerà 599 dollari su suolo americano, che si tramutano in oltre 700 per chi, come noi, se lo dovrà far spedire dall’altro capo dell’Atlantico. Diciamocelo: un gingillo non proprio alla portata di tutte le tasche, la qual cosa ha indignato un bel po’ di gente che aveva ben in mente una vecchia promessa del buon Palmer che, qualche anno fa, diceva “non preoccupatevi, non più di 400 sacchi, #velogiuro”. Il punto è che di mezzo ci si sono messe mille cose, non ultima la volontà da parte di Oculus VR di costruire da zero quello che, quasi certamente, si vorrà trasformare in un nuovo standard di produzione: gli schermi. Con l’arrivo del Crystal Cove (alias la seconda versione del kit per sviluppatori), Oculus VR ha infatti lavorato duramente su una coppia di schermi che diminuiscano al minimo il refresh dell’immagine e, di conseguenza, anche la latenza; da sempre una chimera per questo tipo di tecnologia e tra i principali “fautori tecnici” del disturbo della motion sickness aka “lo sbratto in gaming”. Orbene che Oculus Rift goda di una tecnologia all’avanguardia non può che far piacere, e non solo per giustificare un prezzo esoso, ma soprattutto per lo sprono che Oculus darà (e che già ha dato) allo sviluppo di una nuova tecnologia che, in prospettiva, potrebbe rivoluzionare il settore dell’intrattenimento casalingo, e questo a prescindere dal videogaming. Il punto è proprio l’uscita di Luckey su Twitter, i cui toni sono stati poco gentili, specialmente verso degli utenti che, nel bene o nel male, hanno contribuito allo sviluppo della periferica in termini economici, grazie all’acquisto dei developer kit che avevano ben poco da offrire in termini ludici, se non grazie alla pura volontà dei curiosi e della community che, negli anni, si è sviluppata attorno al progetto. Una community molto recettiva e abile, che in pratica ha consacrato un accrocco su cui la casa madre non ha speso una riga di codice software, ma manco per pura combinazione. Senza quei consumatori, in pratica, non ci sarebbe stata la popolarità di Oculus Rift e spero che questo sia un pensiero condivisibile e quindi, un minimo di “rispetto”, o quanto meno una doverosa “faccia da bronzo da imprenditore” era almeno auspicabile. Ma vabè, forse #sonosbagliatoio.

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Lucky’s Tale

Io sono di quelli che è convinto che un venditore non debba mai svilire il proprio pubblico (e dunque i potenziali acquirenti) con delle giustificazioni banalotte. Se c’è un principio elementare nelle meccaniche di vendita è quello della “spiegazione”, che può effettivamente rispondere a molte domande semplicemente accompagnando le persone/acquirenti in un ragionamento ponderato: “stai comprando questo perché… ecc…”. Orbene se questo era un atteggiamento che mi sembrava parte della filosofia Oculus, con le sfuriate di un frustratissimo Palmer Luckey, mi sembra che questo principio sia andato a a cadere, lasciandoci amareggiati anche per l’apporto evangelico che proprio Luckey aveva avuto. Anche perché occorre essere onesti: Oculus Vr sta davvero chiedendo troppo ai suoi acquirenti, specialmente quelli non americani, e lo sta facendo con in pungo di promesse che certezze. Il che, intendiamoci, non significa AUTOMATICAMENTE che il progetto fallirà, o che non se ne venderanno affatto (anzi, pare che il primo stock sia già sold out… certo, il fatto che il primo stock abbia un numero indefinito e possa corrispondere a 1 come a 1000 la dice lunga…), ma piuttosto che ADESSO, l’acquisto di Oculus è più un feticcio per chi ha le tasche larghe che una effettiva promessa di intrattenimento come lo è, invece, il mercato console che pure al lancio cerca comunque di offrire qualcosa nel breve/medio termine.

Ora, se da un lato non si può che encomiare la scelta di Oculus VR di fissare un prezzo ed una data di consegna (Aprile, se non erro) di questo benedetto visore, dall’altro l’intera operazione sembra messa su in modo frettoloso e raffazzonato. Encomiabile perché Oculus VR apre le danze di una battaglia di annunci che ben presto culminerà, grazie soprattutto all’attesa generata dai nuovi competitor del mercato, non ultimi HTC e Sony. Farsi avanti per primi, significa anche esporsi per primi alle critiche e questo, spero concorderete, è vero per buona parte del pianeta. Eppure sento che le cose si sono fatte un po’ di fretta, forse complice anche un errore fondamentale di Oculus VR, che ha fatto salire l’attesa per troppo tempo, ritrovandosi poi costretta a dover dare qualcosa ad un pubblico evidentemente stanco di contentini e di rimandi. “Oculus esce o non esce?”: credo che dopo 4 anni di chiacchiere, tweet, dev kit e varie, l’attesa sia diventata così alta per il mercato consumer che ci si è trovati poi a lanciarsi sul mercato con poca carne al fuoco, ma con i vestiti ancora maleodoranti di tutto il fumo che si era sparso prima nell’aria. Intendiamoci: Sony e Microsoft hanno fatto “quasi” lo stesso con l’ultima generazione console, anche se sul mercato console la differenza lo ha fatto il medio/lungo termine, un qualcosa che se Oculus VR ha in programma (come è ovvio), ancora non ci è dato sapere.

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Eve: Valkyrie

Non vi è chiaro? Seguitemi: Oculus, per 600 (700) dollari offre ad oggi un pacchetto comprendente il visore, un pad Xbox One (no, non si sa nulla dell’apposito controller Oculus Touch) e due titoli. Sicuramente entusiasmante per i tech addicted, ma con poche frecce al suo arco considerando, poi, che dei due titoli, Eve: Valkyrie e Lucky’s Tale, il secondo, a voler essere onesti, è anche poco efficace nel mostrare le potenzialità della VR. Il problema fondamentale è che, salvo sorprese, sembra esserci nessun piano per l’imminente futuro. Non ci sono giochi in evidente lavorazione, né lo sviluppo di applicazioni appositamente confezionate. Non c’è nulla che faccia pensare che, un mese dopo l’acquisto, ci sia altro da fare con Oculus, se non affidarsi alla scena “underground” o colmare il vuoto con software fatti girare con programmi terze parti. Il punto è che questa roba esiste dal lancio del primo dev kit e che, parimenti, quel dev kit è in mano a diversi sviluppatori terze parte da ben 4 anni. Ricordo che qualche mese fa si era detto “abbiamo in lavorazione ben 100 giochi”, si ok ma dove stanno? Questo “silenzio” non solo avalla la mia teoria sulla frettolosità dell’annuncio, ma mi lascia anche perplesso. Possibile che con un lancio in vista non ci sa NESSUNO che abbia deciso di supportare Oculus in modo evidente (tranne, ovviamente, il team di Adrift)? Possibile che non si palesi al lancio quel minimo di strategia di vendite nel medio termine che non mi faccia temere l’acquisto di un cazzo di soprammobile a filo?

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Chi mi conosce sa che non sono un grande estimatore dell’attuale generazione console ma cazzarola, se fai peggio del lancio di One e PS4 mi sento un po’ franare il terreno da sotto ai piedi. E ciò non tanto perché significa che lo sviluppatore “se ne frega” della VR, ma perché guardando altrove, mi sembra che invece Sony (il cui visore pure dovrebbe arrivare quest’anno), si sia invece prodigata di dare qualche sicurezza in più. E Sony, diamine, non solo è arrivata dopo ma è anche un tuo competitor che, probabilmente all’oscuro di buona parte della tua strategia, sta comunque già aggirando QUESTO STESSO problema, e questo con una comunicazione che è partita colpevolmente in ritardo rispetto a quella di Oculus che ha avuto dalla sua, ripetiamolo, ben 4 anni di dominio incontrastato.

La vera domanda allora non è se la tecnologia offerta da Oculus Rift valga o no 700 dollari, ma se ne valga la pena ADESSO. Se, insomma, non sia meglio aspettare di capire dove andrà a parare il settore e se, soprattutto, il visore di realtà virtuale, a prescindere dalla marca e dal modello, sarà capace di costruirsi attorno una fetta di intrattenimento che non si limiti a farci giocare la stessa roba con una maschera da sub, ma che sia invece in grado di offrire qualcosa che, pur non essendo imprescindibile, sia davvero “unica”. Insomma, personalmente voglio indossare Oculus, o chi per lui, solo quando non potrò vivere quella stessa esperienza senza un visore o simili, perché francamente #fottesega di giocare Batman con Oculus Rift, a me viene solo il mal di testa. Fino ad allora possiamo tutti dire #scaffale, e #cistà, ma diciamo le cose come stanno solo con cognizione di causa: noi siamo pronti per la VR, ma forse la VR non è pronta per sostenere il mercato. Per il resto, era il 3 ottobre 2014 quando scrissi che, senza avere le spalle coperte da un adeguato sviluppo software, Oculus Rift avrebbe avuto dalla sua una carta in più per fallire. Ora, non sto dicendo “avevo ragione”, perché per dirlo è francamente ancora troppo presto ma diamine… possibile non sia cambiato nulla?