La famiglia imperiale giapponese è la monarchia più duratura del mondo

Al contrario di quanto avviene con altre casate reali, come quella inglese o del Principato di Monaco, la famiglia imperiale giapponese si è sempre distinta per essere piuttosto discreta, rimanendo spesso lontano dai riflettori della cronaca internazionale. Tuttavia l’imperatore e la sua famiglia sono in generale amati dal popolo su cui una volta regnavano in modo assoluto e, nonostante il sovrano non occupi un vero e proprio ruolo di Capo dello Stato, di fatto viene considerato come tale.

Ormai due anni fa, è avvenuta la cerimonia di intronizzazione dell’attuale Imperatore, Naruhito, centoventiseiesimo a prender posto sul Trono del Crisantemo. Con lui, dal primo maggio 2019, ha avuto inizio l’era Reiwa, un nome che vuole essere d’auspicio per “l’ordine e l’armonia” della nazione.

Un po’ di storia: la famiglia imperiale giapponese nei secoli precedenti

La famiglia imperiale giapponese, secondo le ricostruzioni fatte tra dati storici ufficiali e testi antichi creati ad hoc per giustificare il diritto al trono dell’antica dinastia Yamato, come il Kojiki e il Nihon Shoki, ha origini antichissime.

Secondo questi documenti, il fondatore e primo imperatore fu Jinmu, di cui si sa troppo poco per avere la certezza della sua reale esistenza. Jinmu e i seguenti primi dodici sono perciò considerati Imperatori leggendari. Le fonti si fanno più attendibili solo dal VI secolo in poi, quando la famiglia imperiale giapponese si è ormai assestata al potere.

Nel VII secolo è l’Imperatore Tenmu a introdurre il termine con cui, ancora oggi, viene indicata questa carica: 天王 tennō, infatti, significa “sovrano celeste” e rivendica di fatto la discendenza divina da Amaterasu, dea del Sole figlia di Izanagi, dio creatore delle terre e di tutte le altre divinità.

Nel corso dei secoli il tennō perse anche la propria posizione di capo di governo, cedendo tali poteri alla figura dello shogun: il primo a farlo fu l’Imperatore Go-Toba, che affidò il titolo di shogun a Minamoto Yoritomo, all’inizio del periodo Kamakura (1192 – 1333). Il cosiddetto bakufu o shogunato ebbe fine solo con la caduta dei Tokugawa e l’inizio della Restaurazione Meiji (1868)

famiglia imperiale giapponese

Regole e tradizioni della famiglia imperiale giapponese

Bisogna ricordare, però, che nell’antichità salirono al trono anche imperatrici donne di grande rilevanza storica, come Suiko, la prima Imperatrice donna, sotto la quale il Buddhismo divenne religione di corte e si svilupparono le arti, il commercio e gli scambi diplomatici.

Eppure, una regola assoluta ora in uso, su cui si è discusso anche in occasione dell’inizio di questa nuova era, è proprio l’impossibilità per le donne della famiglia imperiale giapponese di assurgere al trono. Il problema si pone già da parecchi anni, a causa del numero molto ridotto di eredi maschi: dopo Naruhito, infatti, la linea di successione vede come possibili eredi solo il fratello dell’attuale sovrano, ovvero il Principe Akishino e il suo ramo famigliare, nel quale l’unico maschio è il giovanissimo Principe Hisahito.

Delle donne reali si sa poco, ma dopotutto è normale se si considera che nessun membro della famiglia può ricoprire cariche di sorta. Inoltre, se le consorti non appartengono ad altri rami della famiglia e dunque sono esterne, queste abbandonano le loro attività e ruoli di prestigio per cominciare a vivere nel Palazzo imperiale di Tokyo.

È ciò che ha dovuto fare, per esempio, la principessa, ora consorte imperiale, Masako: figlia di un diplomatico e professore a Harvard, abituata dunque a viaggiare e alle relazioni internazionali, oggi è praticamente reclusa come il resto della famiglia, seguita nei suoi movimenti dall’Agenzia della Casa Imperiale, un organo che gestisce ogni aspetto della vita di corte, compresi spostamenti e budget dei singoli membri del casato.

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Rinunciare in ogni caso

Insomma, la famiglia imperiale giapponese vive in una sorta di gabbia d’oro, lontana da quel popolo di cui una volta l’Imperatore si faceva padre e divinità insieme. Senza un cognome, documenti di identità, possedimenti di qualsivoglia tipo né diritto di voto, i membri del casato conducono una vita tutt’altro che invidiabile, agli occhi dei più.

Per le donne appartenenti a qualunque ramo della famiglia, ancora una volta, la questione si fa spinosa quando decidono di sposarsi: sposando qualcuno al di fuori della famiglia imperiale, infatti, devono rinunciare al loro status di principesse e ottengono giusto una somma di denaro utile a cominciare la loro vita da cittadine comuni. Questo è già accaduto alla ex principessa Nori, ora Sayako Kuroda, unica figlia femmina dell’imperatore emerito Akihito, ma prima di lei avevano fatto lo stesso anche le figlie di Hirohito (nonno dell’Imperatore attuale) e altre cugine l’hanno imitata negli ultimi anni. Anche la principessa Mako, nipote dell’Imperatore Naruhito, si è da poco sposata con un normale cittadino, l’ex compagno di studi Kei Komuro, tuttavia il suo matrimonio era stato rinviato più volte, pare a causa di questioni finanziarie della famiglia del suo futuro marito.

Insomma, è chiaro che appartenere alla famiglia imperiale giapponese non sia proprio la stessa cosa come far parte di quella inglese o altre monarchie rinomate. Apparentemente, perciò, si tratta di una vita che può essere determinata solo dalla rinuncia o dall’accettazione di un ruolo che si è riuscito a far perdurare per secoli e che, forse anche a causa della sua valenza storica ricondotta perfino a una natura divina, continuerà a essere molto difficile da cambiare e riformare.

Alessia Trombini
Torinese, classe '94, vive dal 2014 a Treviso e si è laureata all'università Ca' Foscari di Venezia in lingua e cultura giapponese, con la fatica e il sudore degni di un samurai. Entra in Stay Nerd nel luglio 2018 e dal 2019 è anche host del podcast di Stay Nerd "Japan Wildlife". Spende e spande nella sua fumetteria di fiducia ed è appassionata di giochi da tavolo, tra i quali non manca di provare anche quelli a tema Giappone.