Su Netflix la commedia spagnola La fidanzata di nonna, di Ángeles Reiné. E ancora una volta, ci interroghiamo sul confine sottile tra leggerezza e superficialità

Il valore della leggerezza non è sicuramente da trascurare. Ci permette di affrontare temi importanti con uno spirito placido, compiaciuto. Non sempre l’arte deve destabilizzare, sconvolgere, gettarci in uno stato perturbante. Tuttavia, a volte, si tende a esagerare: sarà questo il caso de La fidanzata di nonna, ultima proposta romantica del catalogo Netflix?

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La fidanzata di nonna: cambiando l’ordine degli addendi…

Una cosa è chiara, sin da subito. La fidanzata di nonna non è un prodotto particolarmente impegnato, ma un film che vuole divertire e commuovere, trasmettendo tematiche molto importanti. La storia prende il largo con la decisione di Celia (Rosa Maria Sardà) e Sofia (Verónica Forqué) di annunciare alla famiglia il loro amore e l’imminente matrimonio. Celia e Sofia sono due donne ormai arrivate alla terza età, vitali, estroverse, che svolazzano sorridenti sui problemi rifugiandosi in una privacy dorata.

Il punto di vista del film è principalmente quello della nipote Eva (Ingrid García Jonsson), giovanissima eppur ingabbiata in uno stile di vita perbenista e represso. A caccia di stabilità dopo un’infanzia disordinata, la ragazza vuole a tutti i costi compiacere la famiglia ultra-cattolica del fidanzato scozzese Stuart (Leander Vyvey). Inutile dire che la notizia della nonna omosessuale sarà fonte di crisi e scompiglio.

Insomma, appare chiaro come la regista e sceneggiatrice Ángeles Reiné voglia sbaragliare i cliché del “giovane open minded” e dell’anziano retrogrado, invertendo semplicemente le parti. Ma il risultato non cambia. 

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Tutte le famiglie felici si somigliano…

Ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo“. Non abbiamo scomodato l’incipit di Anna Karenina a caso. O forse un po’ sì. Sta di fatto che il racconto ironico della famiglia disfunzionale è un filone sempre più nutrito della commedia. In questo caso, lo spezzare i lacci di uno stile di vita borghese provoca, sì, turbamenti, sofferenze, nevrosi, ma tutto soccombe davanti a una visione leggera –  appunto – della vita. La libertà, anzi, è vissuta come un valore assoluto e il “basta che ti rende felice” si sovrappone alla preoccupazione verso il prossimo. Ma parliamo di una commedia che basa la sua raison d’être su ben altri presupposti.

La scrittura dei dialoghi, fondamentale per la riuscita di un film del genere, tuttavia non tradisce le aspettative. Un ritmo serrato di situazioni e “colpi di scena” – un po’ telefonati, a dirla tutta – rende la visione de La fidanzata di nonna molto gradevole. Bisogna abbandonarsi alle atmosfere tra l’Almodovar e Mamma Mia! – ma senza lo spessore del primo e il ritmo dell’altro. Una volta accettato questo linguaggio, il film si rivela per essere una commedia ricca di buoni sentimenti, che comunque indica come fondamentali i valori imprescindibili della tolleranza e dell’inclusività.

La fidanzata di nonna: ma il Papa che dice?

Tutto nella commedia di Ángeles Reiné viaggia su standard medi. Una regia dignitosa, una recitazione farsesca che porta a casa il risultato, una fotografia dai colori acidi, una scrittura dei personaggi corretta, seppur non sorprendente. Un solo elemento riesce a scuotere lo spettatore dall’assoluta normalità del tutto. Un elemento che merita di essere isolato e notato. Abbiamo già accennato al fatto che uno dei motivi di crisi familiare rispetto al matrimonio di Celia e Sofia è il divieto della Chiesa Cattolica alle unioni omosessuali. Un problema facilmente aggirabile con una cerimonia civile, se non fosse che Celia è fortemente credente e sostiene – a più riprese – di aver ricevuto la benedizione direttamente da Papa Francesco

Quello che potrebbe essere una fantasia di fede di una signora attempata e un po’ svanita, fino alla fine prenderà pieghe sempre più concrete (si tratta di un mezzo spoiler, ma in fondo non stiamo parlando di una puntata di Game of Thrones, ci perdonerete). Insomma, con un audace balzo in avanti nella Storia, il film strizza l’occhio alle  più recenti e avanguardistiche dichiarazioni del Papa, che fanno torcere lo stomaco di tanti reazionari.

fidanzata nonnaEcco un tirare la giacchetta di un personaggio decisamente scomodo, specialmente quando si affronta la tematica della parità per tutti gli orientamenti e le identità. Non esageriamo, sia chiaro, La fidanzata di nonna parla comunque di un amore senile e “innocente”, tra persone benestanti e ben integrate, nulla che riguardi i veri emarginati del mondo occidentale. Eppure, come ci mostra la regista, in tantissimi casi anche una conquista civile già assodata può trovare degli ostacoli là dove l’amore dovrebbe vigere come unico criterio di inclusione. La famiglia. Se non altro, almeno nel film abbiamo un lieto fine. 

Ps: Il titolo originale, Salir del ropero, gioca con una battuta del film e significa: “Uscire allo scoperto”. Ancora una volta, la traduzione in italiano del titolo non è delle più valorizzanti.

Francesca Torre
Storica dell'arte, giornalista e appassionata di film e fumetti. Si forma come critica tra Bari, Bologna, Parigi e Roma e - soprattutto - al cinema, dove cerca di passare quanto più tempo possibile. Grande sostenitrice della cultura pop, segue con interesse ogni forma d'arte, nella speranza di individuare nuovi capolavori.