Ce l’abbiamo fatta

Dieci anni sono passati da quando, all’interno della Fabula Nova Cristallis veniva presentato Versus XIII, ennesimo spin-off di quel Final Fantasy XIII che non è piaciuto (quasi) a nessuno. Dieci anni di passaggi di mano del progetto, cambi di rotta, cambiamenti e, per gli utenti, dieci anni di attese che sono sfumate dall’aspettativa più sfrenata dell’inizio all’apatia dovuta ai tempi di sviluppo pachidermici, per poi tornare forti quando finalmente si è capito che il gioco stava per uscire, cosa che avevamo stentato a immaginare. Final Fantasy XV è un titolo importante per diversi motivi, e non soltanto perché buona parte dei giocatori lo aspettava da troppo tempo: è il segno del rinnovamento in casa Square-Enix, il sintomo evidente che il gioco di ruolo giapponese, tendenzialmente immobile nei suoi stilemi, soprattutto per quanto riguarda le serie storiche (Tales of, Dragon Quest, Shin Megami Tensei), può prendere la strada di una modernità che potrebbe portarlo di nuovo in auge, appetibile ancora una volta ad un pubblico enorme. D’altra parte dobbiamo considerare Final Fantasy XV importante anche per l’industria videoludica giapponese, che sembra ancora lontana da quelle logiche di produzioni multimilionarie tipiche dell’occidente, da quei cosiddetti tripla A che costano tanto in pubblicità quanto in sviluppo. Ma lasciamo perdere le analisi generali, e vediamo in cosa sono risultati dieci anni di faticosissimo sviluppo.

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“C’arripigliamm tutt’ chell ch’è ‘o nuostr’.”

 La trama di Final Fantasy XV può essere riassunta interamente in questa citazione molto colta tratta dalla seconda stagione di Gomorra. Non per semplificare, ma perché viene espressamente detto nel gioco. Non in napoletano, chiaramente. Final Fantasy XV, a voler essere pignoli, si apre con Kingsglaive, il film in CGI che funge da background narrativo assieme a Brotherhood, una piccola serie di animazione che potete trovare su anche su Youtube. Con la patch del day one il team di Tabata ha messo una pezza alla necessità di vedere film e anime prima di iniziare il gioco, introducendo filmati tratti da Kingsglaive tra le varie cutscene. È vero che la trama è comprensibile anche semplicemente avviando Final Fantasy XV sulla vostra console, ma è anche vero che vi perdereste buona parte del contesto di fondo evitando le due opere satellite. Questo perché buona parte dei rapporti tra i personaggi vengono approfonditi in Brotherhood, e solo giocando il gioco è impossibile capire come si siano conosciuti e perché siano amici. Ugualmente, perché e come sia iniziata la guerra in corso viene spiegato bene in Kingsglaive, parallelo al primo capitolo di gioco, lasciando troppi elementi impliciti nel caso non lo si veda. La questione della narrativa frammentaria e assemblata alla bene e meglio non è purtroppo solo un problema dell’inizio del gioco, quanto un peso che grava sull’opera tutta, purtroppo. Togliamoci subito questo dente: Final Fantasy XV è raccontato in modo approssimativo. La storia, sulla carta, è potenzialmente interessante, ma quando si passa dalla teoria alla pratica tutta la costruzione vacilla. La prima parte del gioco vede i nostri alle prese con un road trip che li dovrebbe condurre al matrimonio del principe Noctis, il protagonista. Quello che non sanno è che la guerra incombe sul regno del Delfino. Poi, al termine del primo capitolo, scoprono che la guerra è scoppiata, e che il regno è perso. Qui tutto si fa più incerto, non riuscendo a dividersi tra la vocazione open world e la gravità che la vicenda dovrebbe avere. È ovvio, e giusto, che un gioco con questa struttura lasci ampio margine al giocatore di esplorare in continuazione e fare missioni secondarie come se non ci fosse un domani, ma nel caso di Final Fantasy XV i due elementi non vengono ben amalgamati, facendo troppo spesso apparire il viaggio come una vacanza tra amici a cui mancano solo un paio di mojito, e non facendo sentire al giocatore che c’è una guerra in corso, e la terra del protagonista è oramai nelle mani dell’esercito nemico.

Poi, attorno alla metà del gioco, si cambia totalmente registro: il gioco diventa lineare, non si è più nelle ampie terre di Lucis, ma si visitano nuove location, una dopo l’altra, nonostante sia sempre possibile tornare nel mondo aperto tramite un espediente piuttosto infelice. Tutto sembra finalmente assumere un tono più pesante e cupo, e cominciamo finalmente a credere che la storia possa crescere di intensità, ma presto tutto si perde in un bicchier d’acqua. Il primo problema è, ancora una volta, che il gioco sembra non riuscire a far pesare abbastanza sul giocatore i drammoni che gli mette davanti agli occhi, e ve lo sta dicendo una persona che piange per qualsiasi cosa. Il secondo problema risiede negli antagonisti, appena accennati nonostante potenzialmente molto più che interessanti, nei colpi di scena che non stupiscono lo spettatore e in altre figure che in Kingsglaive sembravano essere centrali mentre nel gioco risultano praticamente non pervenute. I coprotagonisti invece, Gladio, Prompto e Ignis, sono piuttosto stereotipati riuscendo però a non essere fastidiosi. La loro amicizia con Noctis è palpabile e vera, e le loro interazioni sono credibili, dando un reale senso di gruppo coeso. Ancora una volta, si sarebbe potuto fare di più per fargli avere un’evoluzione più netta e marcata, più di impatto, ma il feeling che si ha riesce comunque ad essere uno degli elementi più riusciti del gioco.

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Il grande protagonista

Il vero protagonista di Final Fantasy XV è però il mondo di gioco: grande, stilisticamente più che apprezzabile e coerente. È anche la più grande introduzione al franchise, che si libera della linearità del XIII, criticata dai più, per dare finalmente uno spessore tangibile alle world map che hanno sempre caratterizzato la serie. Ora si può andare dove si vuole, quando si vuole, a partire da pochissime ore dopo i titoli di testa. Il mezzo prediletto per spostarsi è la Regalia, la sontuosa macchina reale di Noctis, che purtroppo però può muoversi solo su strada (praticamente, su binari), rendendo così necessario sbloccare la possibilità di noleggiare i chocobo il prima possibile, per muoversi agilmente su qualsiasi altro terreno. Il mondo di gioco lo avremmo gradito più pieno di dettagli, anche semplici, come quei pezzi di carta scarabocchiati che si trovavano nelle baracche in The Witcher 3, e che nel loro piccolo raccontavano pezzettini di storia. Qui, invece, esplorare la mappa ha senso prevalentemente per trovare dungeon secondari, nemici molto forti da abbattere o semplicemente per il piacere della scoperta, ma sono elementi più rilevanti nel post-game che durante la campagna principale, quindi ci torneremo più avanti.

Puntellano le tre regioni disponibili all’esplorazione molti parcheggi, mini-market, tavole calde (tutte uguali) e stazioni di rifornimento, e in ognuno di questi posti sarà possibile informarsi sui luoghi di interesse dell’area circostante, fare rifornimento di benzina, trovare missioni di caccia e noleggiare i gialli pennuti, oltre a fermarsi a dormire. Concentriamoci ora sui rifornimenti e sul pernottamento: la Regalia, così come la vostra macchina, purtroppo non va ad aria, ma necessita di essere rifornita di carburante. Nel caso ve lo dimenticaste, bisognerà scendere e spingere la macchina, cosa che non ha mai divertito nessuno. Riguardo al dormire, invece, è bene notare come questa sia una meccanica centrale all’interno del gioco. Dopo ogni combattimento, infatti, i punti esperienza si accumulano, ma non vengo “spesi” per fare level up, cosa che avviene solo quando si dorme. Per dormire il mondo di gioco è disseminato di zone per campeggiare, dove fermarsi per la notte e permettere a Ignis di cucinare per avere dei perk. Se invece vi sentite più chic, potete spendere dei preziosi Guil in un albergo per ottenere anche un moltiplicatore ai punti esperienza accumulati. Ovviamente, più è di lusso l’albergo più alto sarà il moltiplicatore. “E a me che me ne frega a me” (altra colta citazione), direte voi, accumulo punti esperienza su punti esperienza e poi, in una botta sola, dormo nel miglior albergo di Eos. Sembra facile. Peccato che, durante la notte, il mondo di gioco cambi radicalmente, diventando di fatto invivibile. Cominciano a uscir fuori i Daemon, mostri di livello moderatamente alto che molto spesso respawnano all’infinito, rendendo le vostre notti in giro per campo un martirio, soprattutto a livelli più bassi. Va dato atto a Square-Enix che questa meccanica funziona alla perfezione, e nelle prime 30 ore di gioco è praticamente impossibile stare fuori di notte, complice anche il fatto che Ignis si rifiuterà di guidare al posto vostro, quindi niente fast travel, e che i Daemon hanno il simpatico vizio di attraversare le strade, costringendovi a tornare indietro.

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Sembrerebbe ovvio che un mondo così grande non può essere composto soltanto di boschi, deserti e montagne, ma purtroppo se togliamo le stazioni di servizio ed una città, è proprio così. Infatti nella parte open world l’unico agglomerato urbano degno di nota è Lestallum, piccola cittadina industriale decisamente poco evocativa. Se invece pensiamo alla seconda parte dell’avventura, sarà possibile visitare Altissia, città politicamente autonoma dal malvagio impero ispirata alla nostrana Venezia, veramente splendida con i suoi canali, le sue cascate, le sue gondole ed i suoi colori.

Un elemento che funziona molto bene all’interno dell’economia del gioco sono i dungeon, di cui buona parte sono totalmente opzionali e per essere affrontati richiedono un livello ben superiore a quello necessario a portare a compimento la main quest. Molti di questi ci saranno indicati seguendo le diverse quest secondarie che i vari personaggi ci affideranno, o più semplicemente potranno essere trovati girovagando attentamente per la mappa. Alcuni sono molto lineari, altri più labirintici, ma c’è sempre un buon motivo che vi spingerà ad andare più in profondità, alla ricerca di segreti e del signore del labirinto. Quel che ci ha veramente colpito è la coerenza di questi ambienti con il mondo circostante. Nella maggior parte dei casi, infatti, appaiono perfettamente calati nell’ecosistema. Un esempio su tutti: vicino ai canali di scolo prossimi a Insomnia c’è un dungeon, che ovviamente è una fognatura. Sembrano stupidaggini, ma dalla cura in queste cose si può spesso distinguere un gioco curato da uno messo su senza cognizione di causa, e sarebbe stato bello che la stessa cura fosse stata riposta anche in tutto il resto del progetto.

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Oltre ai dungeon c’è di più

Vi ricordate il Blitzball? E la miriade di giochi di carte degli episodi PlayStation di Final Fantasy? E i milioni di mini-game che Square ha sempre inserito nei suoi giochi? Perfetto, sappiate che Final Fantasy XV non è da meno in fatto di cose da fare al di fuori della storia principale, anzi, oltre a quello che vi abbiamo detto c’è molto di più per passare il tempo ad Eos, iniziando dalle quest secondarie, purtroppo uno dei talloni d’Achille del lavoro di Tabata. Sostanzialmente si tratta sempre di raccogliere oggetti o di ammazzare qualche mostro per avere una ricompensa. Spesso seguire le missioni dateci dai singoli NPC ci porterà, prima o poi, a vedere qualcosa di interessante, ma mediamente ci troviamo sempre di fronte alle medesime fetch quest che martoriano qualsiasi RPG venga messo sul mercato, oltre a distruggere le gonadi del giocatore meno paziente. Ci sono dei piacevolissimi picchi, dei guizzi a volte geniali e bellissimi, che purtroppo non possiamo rivelare per non farvi spoiler, a conferma che Final Fantasy XV avrebbe potuto dire molto di più, ma la maggior parte dei compiti che ci verranno assegnati saranno decisamente ripetitivi, se non proprio tediosi. Purtroppo queste missioni sono più che necessarie per proseguire nel gioco, dal momento che i nemici non droppano soldi, e l’unico modo per ottenerne in quantità decente è proprio fare le subquest. In modo simile funzionano i punti esperienza, dati in modo più generoso al completamento di un obiettivo che dopo aver sterminato un’intera specie animale.

Per quanto riguarda i minigiochi c’è da segnalare innanzitutto la presenza di Justice Monster Five, un particolare flipper che potrete trovare nelle varie tavole calde sparse per il gioco. Poi le gare con i chocobo, sempre divertenti, la pesca, grande passione di Noctis, che vi permetterà di pescare diverse specie di pesce per poi farlo cucinare a Ignis, e per affrontare la quale dovrete vedervela con diversi tipi di canne e di esche. Potrete inoltre girare in lungo e in largo per la mappa alla ricerca di ingredienti utili a creare nuovi piatti, o in cerca di minerali per poter potenziare la vostra automobile, sia per quanto riguarda la messa a punto che per il fattore estetico. C’è poi, ultimo del lotto, il combattimento tra mostri nell’arena, sui quali è possibile scommettere per portarsi a casa importanti premi in termini di equipaggiamento. Insomma, le cose da fare non mancano sicuramente e il gioco riesce a non annoiare il giocatore, ma anzi a tenerlo sempre impegnato con attività decisamente variegate tra loro, se chiudiamo un occhio sulle suddette missioni secondarie.   

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Su come si picchia

Passiamo ora ad uno dei perni di qualsiasi gioco di ruolo che si rispetti, il sistema di combattimento. Final Fantasy XV non ci ha fatto una buona impressione fin dall’inizio, ma bisogna ammettere che il nostro apprezzamento nei confronti del nuovo approccio action è aumentato dopo aver preso in mano il gioco finale e aver approfondito le possibilità offerte al giocatore. Siamo comunque lontani dalla profondità strategica dei vecchi battle system a turni più o meno rigidi, ma il risultato sarebbe stato ottimo se non ci fossero i problemi che vedremo tra poche righe. I tre gangli fondamentali quando si combatte in Final Fantasy XV sono l’attacco, gestito con un solo tasto, la schivata, automatica tenendo premuto un altro tasto e che consuma MP, e le proiezioni, che permettono di lanciarsi contro un nemico guadagnando un moltiplicatore ai danni o di tirarsi fuori dalla mischia recuperando punti salute e punti magia. Tutto bene fino a qui: bisogna saper dosare l’attacco e sapere quando correre ai ripari o difendersi, tenendo sotto controllo l’ambiente che ci circonda. I nostri compagni invece agiscono fondamentalmente da soli, con l’unica possibilità da parte del giocatore di impartirgli l’ordine di utilizzare un attacco speciale, al riempimento di un’apposita barra. Il problema principale risiede però nella telecamera e di conseguenza nell’impossibilità di leggere chiaramente le situazioni in cui ci si trova quando ci sono troppi nemici, quando ci sono nemici volanti o molto grandi, e infine quando ci sono troppi cespugli in giro. In questi momenti il gioco diventa un bailamme incredibile, con la telecamera che impazzisce mentre il giocatore cerca di rimetterla a posto, prendendo di conseguenza schiaffi da tutte le parti, impossibilitato a capire cosa lo sta colpendo, e da quale direzione. Non aiuta il lock on, che a sua volta è dotato di una propria volontà, solitamente opposta a quella del giocatore. Il risultato è una grandissima frustrazione.

Il menù degli oggetti è richiamabile tramite la pressione dei tasti dorsali, e possiamo anche dire ai nostri compagni di curarsi. La barra dei punti vita ha una doppia valenza in Final Fantasy XV, perché dopo essere diminuita fino a zero il nostro personaggio non cade subito a terra, ma cominciano a diminuire i suoi punti vita massimi, così che anche utilizzando una pozione non si otterrà una guarigione totale. La discesa verso gli inferi può essere arginata da un nostro compagno che viene a darci un’amichevole pacca sulle spalle, peccato che non siamo circondati di grandi geni e la maggior parte delle volte questi non capiscano cosa fare. I punti vita si ricaricano automaticamente fino al loro livello massimo, al netto di quello che abbiamo perso rimanendo inermi fino a che non siamo stati salvati, alla fine di ogni battaglia.

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Le possibilità di approccio al nemico sono, in teoria, molte, visto che colpire determinati punti potrebbe privarli di un attacco o destabilizzarli momentaneamente, così come un attacco da dietro porta, se si posseggono le giuste abilità, ad attacchi combinati con i propri compagni di squadra. Non solo questo però, perché i nemici hanno diverse debolezze, relative alle tipologie di armi utilizzate e agli elementi magici. I nostri compagni possono impugnare solo specifici tipi di armi, mentre Noctis può equipaggiare fino a quattro armi di qualsiasi tipo. La magia rientra tra le armi equipaggiabili, dal momento che non si hanno più le vecchie e classiche spell: tramite elementi che si trovano naturalmente sparsi nel mondo di gioco è possibile craftare delle bombe magiche di diversa potenza, mescolando anche queste fonti elementali con diversi oggetti per avere i più disparati effetti. Queste “bombe magiche” sono in numero limitato, nonostante possano essere create anche in mezzo ad una battaglia, ed hanno un’area di effetto, elemento importante data la possibilità di colpire anche i nostri amici. L’idea non è delle migliori, perché fondamentalmente limita le possibilità date da tutte quelle bellissime magie che si potevano lanciare nei vecchi capitoli, ma è anche ovvio che vista la deriva action presa da questo ultimo episodio era probabilmente difficile fare altrimenti. Il punto principale è che durante la main quest non abbiamo mai sentito veramente la necessità di utilizzare le magie, sfruttandole più per capire il sistema che per sfangare una battaglia troppo difficile.

Questo è un problema che affligge il battle system del gioco nella sua interezza, dal momento che il più grande avversario di Noctis and Co. è la telecamera e non la difficoltà, perché le battaglie sono sempre, magari con pazienza e un abbondante uso di oggetti, superabili al primo tentativo. In generale il sistema di combattimento dà il meglio di sé negli spazi aperti contro un solo avversario, dove si riesce a pianificare bene una strategia di attacco basata sulla posizione e sulle debolezze, ma purtroppo questa condizione si verifica pochissime volte, facendo risultare le battaglie troppo spesso in un caos infinito.

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Crescita dei personaggi

Dopo aver menato tanto le mani è però una cosa giusta che si raccolgano i frutti del proprio lavoro. Di come si spendono i punti esperienza vi abbiamo già accennato più su, ma vediamo ora come funzionano gli skill tree, considerando che le statistiche aumentano automaticamente per ognuno dei 4 personaggi che potremo controllare. Gli alberi di abilità sono divisi per le diverse tipologie di cose che i nostri potranno imparare. Ne abbiamo così uno dedicato alle abilità curative, uno dedicato alle abilità che i nostri personaggi potranno utilizzare automaticamente e uno per quelle che dovremo decidere noi quando utilizzare, uno dedicato a potenziare ulteriormente le statistiche e via dicendo. Gli alberi non sono dedicati ai singoli personaggi, ma sono condivisi e ogni snodo può riguardare abilità di un solo personaggio come skill relative all’intero party. Il sistema è piuttosto intelligente, e permette al giocatore di dedicarsi al potenziamento di singole caratteristiche utili in battaglia o di cercare di creare un party bilanciato. I vari snodi si sbloccano investendo PA, punti abilità ottenibili nei più svariati modi. Ci sono anche abilità sbloccabili che permettono di accumulare maggiori PA effettuando azioni normali, come guidare la macchina o correre sui chocobo.

Oltre a questo i nostri quattro protagonisti hanno le loro passioni, così a Noctis piace pescare, a Gladio camminare ed esplorare, a Prompto fare fotografie e a Ignis cucinare, e anche questi loro hobby aumenteranno di livello semplicemente svolgendoli.

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Quel che si vede e si sente

Croce e delizia della produzione Square-Enix, l’aspetto tecnico di Final Fantasy XV è un’altalena di quelle che fanno girare la testa. Togliamoci subito di torno le cose negative: le texture dei paesaggi non sono adeguate ad una produzione di questo livello, spesso poco definite e spalmate. Molti elementi dello scenario si amalgamano malissimo tra loro, così delle montagnette di sassi spesso spuntano dal terreno come fossero una torre, apparendo come due pezzi di scenario male incollati tra loro. Quello che vediamo sulla lunga distanza soffre delle stesse problematiche delle texture a noi prossime, solo in modo amplificato. Rami, cespugli, e in generale tutta la vegetazione è decisamente arcaica, e da vicino fa tutto tranne che un bel effetto. Aggiungiamo che durante la prova ci è capitato in un paio di situazioni di vedere il gioco crashare. D’altra parte però il colpo d’occhio è notevole, soprattutto in virtù di una direzione artistica davvero di primo livello e ad un uso della luce veramente di impatto. Gli effetti luce sono in effetti una delle cose che più colpiscono, per quanto riguarda i tecnicismi di tutta l’opera, in particolar modo perché tutto viene calcolato in tempo reale. Il frame rate ballerino è stato finalmente corretto, e ora il gioco, per quanto non perfetto, dà veramente poca noia in merito ai fotogrammi, per quanto ogni tanto ne perda qualcuno per strada. Ancora una volta non possiamo che lodare il lavoro svolto sui modelli dei personaggi, animati in modo così naturale che avremmo difficoltà a trovare altri giochi che l’hanno fatto tanto bene, soprattutto per quanto riguarda le animazioni facciali. E non solo nei filmati, ma anche nei momenti in cui non avremmo dovuto necessariamente vedere se stavano sorridendo, come nei vari scambi di battute durante uno spostamento.

La colonna sonora, non più ad opera dello storico Nobuo Uematsu ma firmata da Yoko Shimomura, non fa rimpiangere il commento musicale dei giochi precedenti con brani veramente eccezionali suonati dall’orchestra, a cui si somma il lavoro svolto da Florence + The Machine con la bellissima cover di Stand By Me che vediamo nei titoli di testa, tra parentesi perfetta per il contesto amicale su cui poggia tutto il gioco, oltre ad altri due brani realizzati per l’occasione. Nello stereo della macchina è possibile anche riascoltare una selezione di brani tratti dai precedenti episodi di Final Fantasy, giusto per far piacere anche ai nostalgici. Super promozione anche per il doppiaggio, presente anche in lingua giapponese, ma non in italiano, di qualità veramente elevata.

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Quindi?

È dunque il momento di chiudere questo Leviatano di recensione con delle considerazioni finali, che mai sono importanti come in un gioco tanto grande. Final Fantasy XV ha dei limiti oggettivi, probabilmente figli di uno sviluppo travagliato: la storia non è memorabile, così come gli antagonisti che la abitano, e per giunta è raccontata male. Il sistema di combattimento è estremamente caotico e rende nella maggior parte delle volte impossibile organizzare una strategia adeguata, risultando semplicemente nel button mashing con la speranza di riuscire a intuito. La realizzazione tecnica è approssimativa sotto molti punti di vista, mentre brilla in altri elementi. Nondimeno non è raro incappare in qualche bug. La mappa è sostanzialmente una distesa bella e vuota, sulla quale vengono appuntati dungeon ben realizzati e obiettivi di subquest interessanti come scavare buche nella sabbia con una forchetta. Spesso si ha la sensazione di un gioco messo insieme in modo confuso, in cui tante belle idee provenienti da teste diverse, in periodi diversi, sono state incorporate nel prodotto che ora abbiamo per le mani in modo incoerente.

Dalla parte opposta c’è però il più grande pregio del gioco: diverte. Non annoia (quasi) mai, qualcosa di nuovo da fare si trova sempre, qualche deviazione sul percorso, vuoi perché durante una subquest per accumulare soldi e esperienza si va a vedere cosa c’è dietro quel monte, vuoi perché si è trovato un dungeon di soli due livelli superiore a quello di Noctis e allora, perché no, si tenta la sorte. Probabilmente, o forse certamente, il divertire è l’elemento più importante in un videogioco, ma non si può passar sopra ciecamente a determinati problemi.