FOLLOWERS: la nuova serie giapponese targata Netflix che esplora le potenzialità e gli aspetti negativi dei social media

Se state leggendo questo articolo, con buona probabilità potreste averlo aperto dal link che condividiamo sulla nostra pagina Facebook. La creatura di Mark Zuckerberg conta milioni di utenti e si è espansa nel corso degli anni permettendo diversi tipi di interazione: si può postare sul proprio feed, commentare sulle bacheche altrui o i contenuti di pagine tematiche, inviare messaggi privati e postare foto e video di qualunque tipo. Da Facebook poi si è passati ad altri social con interazioni ancora più immediate, grazie al potere delle immagini e, tra tutti, è la costola acquisita dal colosso blu a farla da padrona, ovvero Instagram. È proprio questo il social “protagonista” della serie FOLLOWERS su Netflix.

La produzione tutta giapponese di questa nuova serie, disponibile dal 27 febbraio, si distingue per le sue tematiche sociali, le scelte stilistiche fatte dalla regia e, stranamente, anche per le sue atmosfere molto meno frivole rispetto ad altri drama giapponesi, grazie soprattutto a degli attori capaci di andare oltre lo standard di recitazione del Paese.

followers netflix

FOLLOWERS: “Viviamo in un’epoca in cui il valore è quantificato”

Emergere su Instagram è difficile per le persone comuni, ma non così impossibile. Tuttavia, per ottenere un seguito fedele e partecipe, sono richiesti sicuramente impegno e costanza. Natsume Hyakuta, una delle due protagoniste di FOLLOWERS, non ha molte interazioni sul suo profilo, lamentandosene pur postando contenuti senza un criterio. Natsume, infatti, sarebbe un’aspirante attrice ma non riesce ad ottenere delle parti che non siano quelle di qualche personaggio morto, dunque sente di non aver nulla di interessante da condividere sul social.

La vita di Natsume cambierà, sia quella virtuale che reale, grazie ad un incontro casuale e inconsapevole con Limi Nara, famosa fotografa che la nota durante uno shooting pubblicitario e, cogliendo il momento di grande fascino emanato dalla ragazza, scatta una foto e la posta sul proprio profilo. Una semplice didascalia e l’effetto monocromatico sullo sguardo acceso di furore di Natsume sono sufficienti per farle guadagnare tanti nuovi followers tutti in una volta.

Questo la porterà a partecipare ad eventi di moda e altri progetti, incrociando la strada con altre donne che come lei lavorano in questo genere di business e faticano tutti i giorni per distinguersi nel mondo del lavoro giapponese, ancora oggi piuttosto ostile nei confronti di donne indipendenti e decise.

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Donne di Tokyo tra lavoro, famiglia e giudizi

Più dell’impatto positivo o negativo creato dai social media, che è un tema ormai comune a molte delle ultime produzioni seriali di Netflix e non solo, ciò che colpisce di FOLLOWERS è la grande centralità data alle donne e alle loro difficoltà quotidiane quando sono immerse in business dove l’immagine è tutto, tanto da far sì che il lavoro condizioni anche la vita privata.

In una scena in cui una grande imprenditrice respinge una collaborazione con Limi, un’amica della fotografa definirà la donna una Shōwa onna. L’era Shōwacomincia nel 1926, coprendo dunque tutto il periodo della Seconda Guerra Mondiale, per arrivare poi fino al 1989. Durante questi sessant’anni, si forma un’immagine della donna ancora dura a morire, visto l’allungamento dell’aspettativa di vita del Paese che fa sì che la popolazione anziana sia proprio quella che ne perpetra l’idea. Il concetto di ryōsai kenbo, letteralmente “buona moglie, madre saggia”, riassumeva le virtù richieste a una donna: sposarsi e occuparsi degli interessi della casa e della famiglia.

Col passare degli anni, sono aumentate sia la scolarizzazione sia, di conseguenza, la forza lavoro femminile, ma è ancora piuttosto comune che molte giovani donne abbandonino i posti di lavoro una volta sposate perché semplicemente più conveniente: guadagnando molto meno rispetto ai colleghi maschi, in molte preferiscono non assumere ruoli di responsabilità. Inoltre, in alcuni casi, vengono letteralmente incoraggiate dal sistema stesso a lasciare il lavoro dopo il matrimonio, per non pesare con oneri sociali e previdenziali sulle aziende.

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Conoscendo anche solo vagamente la condizione della donna in Giappone, dunque, è interessante vedere nella serie Netflix FOLLOWERS diverse donne in carriera, come Limi, Akane ed Eriko, alle prese con impegni, imprevisti e le loro vite private. Questo trio di amiche è composto dai personaggi femminili che più riescono a trasmettere quanto sia duro il mondo della moda, dello spettacolo e del commercio in Giappone. Sono tra le poche che ce l’hanno fatta, che hanno conquistato le loro posizioni con grandi sacrifici: Limi ha finora rinunciato al suo desiderio di diventare madre; Eriko invece sente di non essersi dedicata abbastanza a suo figlio, ormai adolescente, e di essere ormai troppo vecchia per essere desiderata da un uomo; insomma, vengono sempre messe di fronte a delle scelte che potrebbero minare le loro carriere.

La regista, Mika Ninagawa, però, non dimentica lo spunto iniziale dei social media, che naturalmente ora costituiscono una porta d’ingresso per questo mondo così attraente per i più giovani. Natsume ci si ritrova catapultata per puro caso e infatti si nota subito come non sia effettivamente pronta a farne parte, commettendo diversi errori che le costeranno cari, in particolare in due occasioni emblematiche. La prima sarà sufficiente riassumerla dicendo che gli screenshots, che noi tutti condividiamo in grande velocità con i nostri amici, dimostrano come su internet ogni cosa sia per sempre, anche se proviamo a cancellarla.

Infatti, il secondo aspetto che viene esplorato è quello del fenomeno degli Youtuber, tramite il personaggio di Hiraku, che non è altri che un ex attore bambino che ha voluto rifuggire quell’ambiente così restrittivo e falso. Vengono così messi in contrapposizione e allo stesso tempo paragonati tra loro il cinema e i piccoli content creators: in entrambi i casi, coloro che fanno parte dell’industria dell’intrattenimento devono fare attenzione ad ogni loro movimento, comportamento e parola perché le critiche faranno in fretta a fioccare e i commenti più duri saranno difficili da sopportare, come vedremo con il personaggio della cantante seguita da Akane, Sayo.

D’altronde, è veramente pesante gestire le emozioni quando sai che un solo passo falso può farti perdere proposte di lavoro e costringerti a fare scuse pubbliche: in molti ricordano ancora il caso di una idol delle famosissime AKB48 che si rase la testa dopo esser stata fotografata mentre lasciava casa del fidanzato (è noto che una regola d’oro per le idol sia di non frequentare nessuno mentre sono in attività). La riflessione lanciata in questo caso, in FOLLOWERS, è interessante e di forte critica al sistema dello showbiz giapponese: perché scusarsi delle proprie azioni con persone che giudicano facilmente solo perché coperte dall’anonimato del mondo virtuale? Eppure, proprio questi anonimi, ormai, stanno determinando le sorti di tutti, stabilendo chi meriti di essere ricordato e chi invece sia destinato a essere una meteora.

FOLLOWERS cattura la vitalità di Tokyo e una sincerità ancora mai vista in una produzione Netflix giapponese

Le scelte registiche di Mika Ninagawa vogliono sottolineare tutte queste sfaccettature e soprattutto il grande movimento di consensi e di seguito che i social sono in grado di stimolare: la telecamera spesso preferisce movimenti ondeggianti alla staticità, quasi a voler simulare uno sguardo costante, intenso e, a tratti, inquietante del pubblico sui personaggi. I numerosi tagli tra i dialoghi ci fanno sentire come se fossimo effettivamente su un social, cambiando continuamente la prospettiva e il soggetto su cui ci stiamo concentrando (insieme alle varie schermate messe in sovraimpressione). Il desiderio di ricreare l’impressione di essere osservatori a 360 gradi è così forte da scegliere inquadrature dal punto di vista di un oggetto: il cellulare in mano al personaggio, l’interno del frigo, il piattino che scorre sul nastro trasportatore del cake café.

Questa scelta è favorita da una gran varietà di set e ambienti che vogliono conferire un’atmosfera glamour, frizzante, sempre in movimento e colorata: la casa di Limi è un’esplosione di pattern e oggetti decorativi ma sono soprattutto le strade di Tokyo e i suoi luoghi caratteristici a farla da padrone. In effetti, Tokyo viene ritratta come una città cosmopolita nella quale il mondo dello spettacolo appare scintillante esattamente come ci aspetteremmo da altre grandi metropoli come la nostra Milano o New York, anche grazie a posti entrati a far parte della cultura pop della città stessa come l’attraversamento pedonale di Shibuya o il Monster Café o il già citato café dove poter mangiare torte e dolcetti come fosse un all you can eat. Come se non bastasse, tutti i 9 episodi sono costellati da citazioni o comparsate di membri dello showbiz: da Miyavi ai MonstaX, viene citato anche lo Youtuber giapponese Hikakin e abbiamo anche un richiamo ai Vocaloid, sintetizzatori vocali divenuti famosi per i loro concerti con ologrammi.

Le scelte attoriali, come dicevamo all’inizio, sono molto meno discutibili rispetto ad altre serie drama giapponesi presenti su Netflix. Limi Nara viene interpretata da Mika Nakatani, già conosciuta per il suo ruolo in Ring di Hideo Nakata: si rivela un’ottima scelta poiché riesce a donare un fascino ammaliante al proprio personaggio, che è anche quello sviluppato meglio per complessità psicologica ed emotiva. È seguita certamente da Mari Natsuki, interprete di Eriko, sua amica, la cui storyline va di pari passo con quella di Limi e Natsume, dandoci la visione di una donna più matura presente sul campo da molti anni. La loro presenza, insieme ad altre meno incisive ma comunque superiori agli standard, aiuta a innalzare il livello generale della serie, che altrimenti si fonderebbe su delle basi poco solide dal punto di vista della sceneggiatura, soprattutto dal lato di Natsume, molto prevedibile.

Tuttavia, FOLLOWERS è un bel passo avanti per quanto riguarda le produzioni giapponesi in collaborazione con Netflix: nel cercare di avvicinarsi allo stile americano, mantiene comunque una personalità tutta nipponica che però vuole andare oltre i propri limiti. Lo spazio dato alle donne, inoltre, rispetto ad altre serie tv, non implica che queste siano superiori agli uomini al loro fianco, anzi: questi vengono esaltati proprio perché d’aiuto nella loro ricerca d’indipendenza: non le frenano ma cercano di comprenderle e sostenerle in maniera onesta. Una sincerità palpabile lungo tutta la serie e presente in tutti i personaggi e che alla fine, buona recitazione o meno, è ciò che rende FOLLOWERS meritevole di esser vista tra le serie giapponesi targate Netflix.

Alessia Trombini
Torinese, classe '94, vive dal 2014 a Treviso e si è laureata all'università Ca' Foscari di Venezia in lingua e cultura giapponese, con la fatica e il sudore degni di un samurai. Entra in Stay Nerd nel luglio 2018 e dal 2019 è anche host del podcast di Stay Nerd "Japan Wildlife". Spende e spande nella sua fumetteria di fiducia ed è appassionata di giochi da tavolo, tra i quali non manca di provare anche quelli a tema Giappone.