L’impossibile garanzia dell’essere umano

A volte una storia è solo la risposta di un bisogno d’intrattenimento, senza grandi contenuti morali o pretese, fuorché quella di divertire, avente una direzione sì, ma fisica, dal punto A al punto B, attraverso una serie di eventi più o meno caotici che portano a un nuovo e inaspettato status quo, plasmato dall’eroe e dai suoi colpi di karate o di pistola. Altre volte, però, una storia è anche la risposta di un bisogno catartico, esorcistico, celebrativo e psicologico da parte di chi scrive e, se coniugata universalmente, come dovrebbe, pure di chi legge. Frantumi, graphic novel edito da BAO Publishing, dal primo sguardo che poserete su di esso, dalla prima parola che leggerete, dal primo colore che vi si spiaccicherà sull’iride… appartiene al secondo di questi due casi.

Eppure, della prima categoria prende tutte le maggiori virtù. Frantumi è una storia semplice, raccontata in poco spazio (edit: non è poco, è che sembra poco, per quanto scorre veloce) e poche parole, molte meno di quelle che si sarebbero potute spendere, ma esattamente la quantità che serve, se non si perde un secondo di vista l’obiettivo, quello preteso, prima, e quello vero, poi. Il messaggio, universale come perdita e dolore che, ahinoi, tendono ad accomunare tutti, rivive attraverso eventi fortemente metaforici ma mai, nemmeno per un attimo, didascalici. Se si vuole dire che una certa situazione fa male, il protagonista si farà male fisicamente all’interno di essa. È scuola di fumetto, e di cinema, e di narrativa tutta, una lezione che Giovanni Masi ha certamente presente e che non manca di mettere in pratica più volte, senza ripetersi, senza calcare troppo la mano. La sceneggiatura è originale, coraggiosa e non narcisista nelle soluzioni atipiche che, in primo luogo, ha il merito di trovare.

E dal punto di vista grafico? Se la penna di Giovanni Masi proviene dall’animazione, la matita di Rita Petruccioli ha origine nel polo opposto della narrazione grafica, l’illustrazione. Da sempre amante del fumetto, contenta di potersi finalmente confrontare con il medium, Rita ci ha parlato (nel corso delle nostre interviste live condotte in occasione di ARF! 2017) di come da illustratori neo-fumettisti bisogna stare attenti a non dire tutto con una sola immagine. Beh, lei ci è riuscita bene. È fortissimo, in Frantumi, il non-detto, il non-visto, il punto di fuga della storia, del sottotesto e delle emozioni dei personaggi. Se, da una parte, i disegni sono solidi, i colori forti (e, peraltro, dotati di valenza narrativa), il tratto presenta sempre una sintesi nettissima, dall’altra parte, nello spazio bianco tra le vignette di questa storia scoprirete un intero mondo da interpretare e riempire con il vostro trascorso di lettori e, naturalmente, di esseri umani.

Approssimandone volgarmente l’esperienza, Frantumi ci racconta di come alcune ferite gravi che ci procuriamo nella vita lascino cicatrici, di come quando ci rompiamo, non torniamo mai davvero “come nuovi”, e dei pezzi che perdiamo per sempre. È una verità dura e amara, difficile ma, in un certo senso, anche positiva. C’è particolarità, persino bellezza, nell’essere incompleti. Ogni cicatrice, qualunque sia il nostro modo di confrontarci con essa, accettazione, vergogna, rifiuto o dimenticanza, è segno di un’avventura che abbiamo vissuto (com’è quella di Frantumi, tra l’altro) e può generare un autentico e prezioso momento di crescita e condivisione, sia pure quest’ultima segreta e riservata solo a noi stessi.

Al di là di ogni possibile, e almeno parzialmente personale, analisi di significato, visivamente il volume è una delizia. Alterniamo splash page singole, doppie, a sequenze dalla gabbia quasi claustrofobica, ad altre di più ampio respiro, passiamo da ritmi posati a dinamismi incalzanti, da dialoghi “casual” a botta e risposta sottolineati da inquadrature e sguardi densi di tensione. Ogni soluzione azzardata sembra normalissima, come quando in prima pagina cominciamo il nostro viaggio da una voragine bianca e un solo piccolo messaggio di whatsapp, di cui ci sembra di sentire il rimbombo, nel silenzio, o quando a pagina 15, in quattro vignette orizzontali, facciamo un giro completo attorno a Mattia, e la cosa rende perfettamente la sua paura, il suo restare immobile in un mondo che vortica e che, di lì a poco, gli cadrà in pezzi addosso. Per non parlare di quando l’avventura si fa “fantastica”, nel suo significato di genere, e delirante, persino, tra una terra di nessuno e un mare di consigli dis-empatici che, senza fare spoiler, hanno davvero molto in comune con il mondo reale, quello che abitiamo. Giovanni Masi ci ha abituato, ormai, a questo genere di soluzioni allegoriche, ed è un’abitudine di cui gli siamo grati, e non possiamo che diventare da grati a euforici che stavolta la sua partner in crime sia proprio Rita Petruccioli, il cui simbolismo non solo è rimasto integro nel passaggio all’arte sequenziale ma si è amplificato, come se ogni vignetta fosse il +1 di una combo colossale.

Verdetto

Quando un film, un videogioco o un fumetto sperimenta parecchio dimostrando anche di sapere il fatto suo, sia perché nascente da congiunture, occasioni o team creativi particolari, sia perché portavoce di messaggi profondi e delicati, recapitati con la maestria di chi ha vissuto determinate esperienze e ha non solo la voglia, ma anche la capacità di rimetterle in scena… beh, non possiamo che promuovere quel film, videogioco o fumetto a pieni voti. Frantumi è quel fumetto. Edito nella solita edizione di lusso, da parte di BAO. Raccontato tramite metafore “drammatiche”, nel senso teatrale del termine, che non vi faranno nemmeno accorgere di quanto sia vero. Rappresentato tramite contrasti quasi stranianti tra una sintesi visiva gratificante e una resa delle emozioni e delle espressioni mai sotto la media, e anzi spesso di gran lunga al di sopra. Ultimo, ma non meno importante, Frantumi è una storia realizzata, da Giovanni Masi e Rita Petruccioli, con il cuore, che con i cuori ci parla, forse ancora più che agli occhi e alle teste.