“Non vorrei proprio essere nei panni di chi dovrà recensirl-d’oh!”

Nel 2016, dopo oltre 30 anni, torna nelle sale il mito dei Ghostbusters. Ma non è proprio la stessa cosa. Gli acchiappafantasmi ora sono donne però, meglio specificarlo fin da subito, non è questo il nucleo della differenza. Eppure tale differenza c’è, tra questi due film trans-generazionali uniti dallo stesso marchio, e si vede. Ma tutto ciò, per un ritorno dal fardello così gravoso, è un bene o un male?

Cerchiamo di scoprirlo assieme, nella nostra recensione senza spoiler in anteprima.

La storia degli acchiappafantasmi non si riallaccia alle vicende del passato, quelle che abbiamo visto, rivisto e di cui conosciamo le battute a memoria. Ci viene presentato un nuovo gruppo di “outcast” sociali, accomunate non dal proprio essere donne (che è, almeno al primo livello di lettura, una coincidenza) bensì dal rappresentare quattro voci inascoltate dalla società, che trovano l’una nell’altra il supporto necessario per andare contro tutto e tutti… e salvare il mondo. Il riformarsi della squadra da zero, con tanto di “nuovo” simbolo acquisito per caso (con una divertente trovata registica), significa che siamo di fronte a un remake, mentre il fatto che le lancette del tempo siano spostate ai giorni nostri ci suggerisce che si tratta anche, se non soprattutto, di un reboot (come confermato dallo stesso regista, Paul Feig, nella conferenza stampa all’anteprima del film).

Questa pellicola, insomma, presenta molti fattori da tenere presenti, sia subconsciamente per la fruizione che se ne ha, sia consapevolmente per l’analisi che se ne fa. La scelta di cambiare sesso agli eroi di una o due generazioni di spettatori cinematografici è stata contestata da tantissimi, con toni spesso aspri e poco consoni alla critica civile. Intendiamoci, quattro donne a fare da acchiappafantasmi? Non è facile essere convinti da una modifica così aperta del mito, almeno inizialmente. Eppure, anche conservando il proprio scetticismo fino al primo secondo di pellicola (perché ogni film, per la formazione di un’opinione valida, deve essere visto), bisogna tenere in considerazione un elemento chiave: si può odiare il fatto che la scelta delle protagoniste femminili sia dettata da ragioni di mercato (notato mica uno o due film con protagoniste donne, di recente?) o il fatto che la cosa non sia fondamentale per lo sviluppo della storia, ma non vi si può opporre per principio. È vero che da una parte non era strettamente necessario che questi Ghostbusters fossero tutte donne, ma dall’altra è altrettanto vero che non era necessario che non lo fossero. Insomma, dategli una chance. La magia del cinema può davvero sconfiggere qualsiasi pregiudizio.

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Anche perché, oltre alla questione commerciale (sicuramente soppesata), il cambio di sesso rende iconograficamente più facile a questo film il volontario distacco dal suo progenitore. E qui ci riallacciamo alla domanda iniziale. È bene che la pellicola odierna sia, nome e mitologia a parte, molto diversa dal film del 1984, ma soprattutto è bene che scelga di esserlo. Parliamoci chiaro: l’originale è ancora oggi un colosso e non è tanto la sua superiorità (comunque confermata) a scoraggiare, ma proprio che si tratti di “un’altra cosa”, un unicum del cinema, irripetibile in quanto tale. L’unico modo per realizzare un prodotto come il Ghostbusters di trent’anni fa era rifarlo tale e quale (e Il Risveglio della Forza ci insegna che questa non era affatto una battuta), pregando di riuscire a replicare la chimica di un cast stellare. Si è deciso diversamente e, considerando che si è trovato comunque un cast molto molto valido, la nuova formula ha pagato.

Il film diverte e, soprattutto, sorprende con un’ironia puntuale, sagace e nient’affatto scontata, nonostante non si sottragga mai a giocare con gli stereotipi che le attrici interpretano senza sbavature, cioè non banalmente (e guardate che incarnare uno stereotipo in modo originale non è cosa da poco). E considerate – vi prego, fidatevi – che noi eravamo tra gli scettici. Eravamo sicuri che la magia dell’originale non si sarebbe potuta replicare in alcun modo, ma il film ci ha fregato, scegliendo di non volerla replicare affatto, e servendoci invece un piatto diverso, lontano dall’essere perfetto ma innegabilmente gustoso.

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Abbiamo già accennato al cast efficacissimo. Lo riconfermiamo qui. Le quattro attrici protagoniste, Kristen Wiig, Melissa McCarthy, Kate McKinnon e Leslie Jones, presentano altrettante personalità forti, ognuna nel suo ramo peculiare dello spettro umano, incastrandosi perfettamente nella squadra e facendo da pietra angolare per la pellicola tutta. Chris Hemsworth, leggermente più debole ma ugualmente divertente come “belloccio stupido”, è abbastanza ben calato nel suo ruolo da convincerci che le gag a suo sfavore (comunque mai troppo insistenti) non siano causate dai suoi genitali maschili quanto dal binomio apparenza-superficialità. Lo stereotipo fa il mucchio con quello delle eroine e, paradossalmente, insieme a tutti gli altri non risulta eccessivo. Giusto in un paio di occasioni, tra l’altro slegate dal personaggio, si fa ironia sul fattore sessuale, e solo una volta ci è sembrato un meccanismo forzato. Minuscola ed unica caduta di stile in una condotta umoristica praticamente perfetta dall’inizio alla fine. Dormite sonni tranquilli, i difetti del film sono altri.

Eh già, perché anche di difetti ce ne sono. Certo, considerato l’arduo compito di questa pellicola, quanto fatto di buono è un grande risultato, che si misurerà nel tempo con la quantità di pregiudizi sconfitti e scettici riconvertiti. Ma al di là di ciò, bisogna essere onesti e analizzare il nuovo Ghostbusters in tutti i suoi aspetti, anche quelli meno raffinati. In primo luogo: l’azione ci è sembrata a tratti un po’ fiacca. Prima, dopo e a volte anche durante si ride in abbondanza, ma le sequenze action in sé, per come appaiono su schermo con effetti speciali non sempre al top, faticano a provocare la necessaria sospensione di incredulità. Niente di gravissimo, ma comunque…
Secondo punto: c’è qualche piccola “sporcatura” nel montaggio, un paio di incertezze minime, come piccole vibrazioni del terreno che si avvertono ma che, fortunatamente, non sono neanche lontanamente abbastanza forti da causare danni. Infine (ma questa è più una preoccupazione preventiva) dato che la grande comicità e il carisma dei personaggi principali (e di qualche comprimario) è fortemente legato alla personalità degli attori che li interpretano, ci impensierisce il rischio che con il doppiaggio in italiano si perda parte di quella carica, che poi è anche la punta di diamante del film. Non che non ci fidiamo dei doppiatori in genere, anzi, sappiamo che i nostri sono i migliori al mondo, ma è inevitabile che una percentuale (variabile) di umorismo sia sacrificata con ogni traduzione. Se non avete problemi, quindi, consigliamo in questo caso specifico la visione in lingua originale.

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Ma siamo onesti, il problema più temibile di questo film è la sua stessa hype, sia quella positiva che quella negativa. Pertanto ai più scettici e tradizionalisti di voi questa recensione suonerà inevitabilmente ingannevole, come un invito ad attraversare un burrone su un ponte di rocce invisibili (grazie, Indiana Jones, per aver reso possibile questa metafora), o come chi affronta un esame poco prima di voi e, alla faccia della vostra angoscia, vi dice con il sorriso di fidarvi e che sarà una passeggiata. Ecco, non vogliamo certo paragonare cinema e esami, ma ci piace pensare che anche a voi, al momento di uscire dalla sala, questo film avrà messo il sorriso.