Hyperparasite è un roguelite che fa tutto bene, ma che non riesce ad emergere nella marea di titoli indie più o meno simili che ha invaso il mercato

In un mondo dal sapore fortemente anni ’80, il Presidente degli Stati Uniti d’America fa un discorso alla nazione piuttosto duro, in cui dichiara guerra a un maledetto parassita che sta causando caos e scompiglio, e che va distrutto con tutti i mezzi: questa è la premessa di Hyperparasite, e se fossimo un film action dell’epoca è a questo punto che sbucherebbe fuori il Bruce Willis della situazione a distruggere tutto e a sparare a qualsiasi cosa si muova per ristabilire poi l’ordine e salvare il mondo.

Ma non siamo in un film d’azione, siamo in un videogioco. E, sorpresa, non siamo nemmeno dalla parte dei buoni. In questo particolare e bizzarro twin stick shooter / roguelite, il parassita siamo noi. Il team di sviluppo tutto italiano dei ragazzi di Troglobytes Games dunque ci mette subito davanti a un clamoroso rovesciamento di fronte che per una volta ci fa fare il tifo per i cattivi. Già, I cattivi, perché un’altra caratteristica interessante del gioco è la possibilità di giocare in couch co-op, una merce abbastanza rara e quanto mai preziosa, soprattutto di questi tempi.

 

Hyperattivo

L’anima del gioco è piuttosto caciarona e i comandi si imparano in trenta secondi: ci si muove con la levetta sinistra, si mira con quella destra, col grilletto destro si spara e con quello sinistro si effettua una mossa speciale, e con il dorsale sinistro si schiva. Non fatevi ingannare dalle apparenze, però: nonostante una generale semplicità di fondo, siamo di fronte a un titolo tutt’altro che facile.

Come detto, siamo nei panni di un parassita, una tentacoluta figura blu fluttuante che però ha la particolarità di poter prendere possesso degli esseri umani. Non tutti però, alcuni hanno un’iconcina con un lucchetto sopra che fa capire al giocatore che sono off-limits, per cui, soprattutto all’inizio, si hanno a disposizione pochi personaggi tra cui scegliere. Non è infatti una buona idea restare nei panni del parassita, che ha davvero poca vita, per cui è meglio scegliersi da subito un bel “guscio” col quale andare a far danni.

hyperparasite

Tra gli organismi che saremo in grado di controllare possiamo riconoscere diversi stili di combattimento: chi preferisce il corpo a corpo, come ad esempio il senzatetto armato di carrello della spesa che controlleremo come primo personaggio, o chi le armi a lunga gittata. Chi usa le pistole come l’agente di polizia, o chi armi più particolari come il personaggio palesemente ispirato agli acchiappafantasmi. Ce n’è per tutti i gusti insomma, se non fosse che non tutti sono sbloccabili fin dal principio. Per poterli utilizzare bisognerà ucciderli ingame e sperare che lascino per strada il loro cervello, che dovremo poi raccogliere e portare al negozio che ci rifornisce di buff e potenziamenti, e che ha un laboratorio segreto dove sono rinchiusi i personaggi sbloccabili. Piazziamo il cervello, paghiamo una somma in denaro, e abbiamo ottenuto una nuova alternativa per fare danni.

Hyperbacco!

Insomma, abbiamo già visto una prima importante differenza di Hyperparasite rispetto ai roguelite tradizionali, che forse da questo punto di vista sono un minimo meno crudeli: il fatto di prendere possesso di una persona, è come se desse al giocatore una seconda possibilità, perché una volta esauriti gli HP di chi ci “ospita”, torniamo a vestire i panni della crudele entità e possiamo subito prendere in ostaggio un altro corpo, ammesso che ce ne siano disponibili.

Un’altra differenza importante, e che può renderci la vita molto più semplice rispetto ad altri esponenti del genere, è la possibilità di teletrasportarsi in qualunque punto della mappa già scoperto, in modo da non aver bisogno di tornare indietro qualora avessimo bisogno di rivisitare qualche area, o semplicemente per poter scegliere un’altra direzione da prendere ad un bivio.

hyperparasite

Ma un’altra particolarità del gioco, è che paradossalmente il primo livello è quello più difficile, e che vi ritroverete a ripetere più spesso, proprio perché all’inizio ci sono poche alternative tra cui scegliere, e i personaggi iniziali sono abbastanza debolucci, e naturalmente, trattandosi di un gioco generato proceduralmente, anche la fortuna ha la sua parte: iniziate con un personaggio debole in una mappa piena di nemici, e le vostre possibilità di sopravvivenza saranno drasticamente ridotte.

Interessanti anche le boss fight, dove affronteremo personaggi il cui nome è molto spesso legato ad un gioco di parole, e che ci terranno impegnati soprattutto in difesa, per evitare di dover ricominciare da capo. Quasi tutti i nemici hanno però un pattern d’attacco individuabile abbastanza facilmente, per cui basta studiarsi un minimo l’avversario per capire come sconfiggerlo. Certo, riuscirci è un altro paio di maniche, ma va bene così.

Hypernormale

Eppure nonostante alcune premesse interessanti e il fatto di riuscire comunque ad intrattenere e a farsi giocare grazie anche alcuni piccoli cambiamenti rispetto al genere di riferimento,  non siamo di fronte a un gioco indimenticabile. Il mondo dei roguelite, dei twin stick shooter e degli RNG è stato esplorato in lungo e in largo, e Hyperparasite semplicemente non fa abbastanza per emergere in mezzo a quella valanga di titoli più o meno indipendenti che sono usciti nel corso del tempo, tutti abbastanza simili tra di loro.

hyperparasite

Hyperparasite insomma non è un brutto gioco. Si lascia apprezzare sia per l’umorismo di fondo, sia per il gameplay semplice e divertente, ma anche per il livello di sfida che offre, per la possibilità di giocarlo in co-op che non guasta mai, e perché per sua natura è possibile giocare anche in sessioni mordi e fuggi. Può essere usato come intervallo in questi periodi di smart working, per concedersi una pausa di tanto in tanto e sbloccare qualche personaggio, ad esempio, senza essere costretti a stare davanti alla console per ore.

Se siete amanti del genere e volete un gioco difficile ma non troppo impegnativo, soprattutto se avete un compagno di quarantena con cui giocarci può valerne la pena. Ma se siete alla ricerca di qualcosa di più profondo, passate oltre.

Gabriele Atero Di Biase
Diplomato al liceo classico e all'istituto alberghiero, giusto per non farsi mancare niente, Gabriele gioca ai videogiochi da quando Pac-Man era ancora single, e inizia a scriverne poco dopo. Si muove perfettamente a suo agio, nonostante l'imponente mole, anche in campi come serie TV, cinema, libri e musica, e collabora con importanti siti del settore. Mangia schifezze che lo fanno ingrassare, odia il caldo, ama girare per centri commerciali, secondo alcuni è in realtà il mostro di Stranger Things. Lui non conferma né smentisce. Ha un'inspiegabile simpatia per la Sampdoria.