Ne I Maghi: I Racconti di Arcadia convergono i personaggi e la mitologia della saga per un ultimo saluto. O forse no?

Creare una trilogia fantasy come quella de I Racconti di Arcadia, ideata e co-prodotta da Guillermo Del Toro con Marc Guggenheim, è un progetto decisamente ambizioso. Lo è ancora di più, dopo 78 episodi tra Trollhunters e 3 in mezzo a noi, realizzare I Maghi: I Racconti di Arcadia, un gigantesco crossover e allo stesso tempo una storia completamente inedita per salutare degnamente i personaggi della saga.

Protagonista è Hisildoux detto Douxie, apprendista di Merlino, già visto nelle altre due serie con ruoli minori. Con il suo famiglio, il gatto Archie, Douxie unisce le forze con Jim, Claire e gli altri personaggi della saga per una nuova sfida che li vede opposti a nientemeno che Re Artù e la fata Morgana.

Un epico viaggio nel tempo

Il motore dell’azione ne I Maghi: I Racconti di Arcadia è un viaggio nel tempo: a causa di un incidente i nostri eroi si ritrovano a Camelot, ai tempi della Tavola Rotonda. Non solo devono riuscire a tornare nel ventunesimo secolo, ma devono riuscire a farlo senza alterare la storia – o meglio, facendo tutto ciò che è in loro potere per evitare che il futuro scompaia, a causa anche solo della più piccola alterazione negli equilibri spazio-temporali.

I dieci episodi di questo nuovo capitolo de I Racconti di Arcadia non mancano di epicità, come del resto i loro predecessori. L’atmosfera torna a essere quella medievaleggiante di Trollhunters, discostandosi quasi del tutto dal filone fantascientifico intrapreso da 3 in mezzo a noi, e riesce nella affatto banale impresa di crearsi un’identità tutta sua.

Per ragazzi, ma con maestria

Identità, quella de I Maghi: I Racconti di Arcadia, che rispetto agli altri due capitoli della saga appare da subito più dark e matura. Il miglioramento dal punto di vista tecnico è più che tangibile nei quattro anni di percorso dal 2016 a oggi: soprattutto, però, ambientazioni, dialoghi e personaggi della serie sembrano procedere di pari passo con la loro audience, di fatto accompagnando nella crescita i giovani spettatori che ai tempi di Trollhunters avevano quattro anni in meno di oggi.

i maghi: i racconti di arcadia

 

Senza dimenticare infatti che la serie de I Racconti di Arcadia è fondamentalmente un prodotto per ragazzi, è impossibile per gli adulti – a maggior ragione se appassionati di fantasy – non apprezzare quell’impronta autoriale che la creatura di Del Toro non nasconde affatto. La complessità della mitologia e degli intrecci, che in questo terzo capitolo raggiungono il loro apice, accompagnano alla perfezione quegli insegnamenti relativi all’amicizia, all’indipendenza e alla capacità di prendere le scelte giuste che non possono mancare in un buon prodotto per ragazzi. 

Un addio che non sembra un addio

C’è solo un problema con I Maghi: I Racconti di Arcadia: i suoi dieci episodi non sono certo il profetizzato addio alla serie. L’ultima puntata termina infatti con un cliffhanger, senza contare che molte delle storyline introdotte nei nuovi episodi non sono del tutto chiuse: l’annuncio di una nuova stagione, questa volta conclusiva, sembra più che probabile. Chi aspettava questo momento da molto per dare un degno addio ai personaggi, tuttavia, potrebbe restare deluso.

I Maghi: I racconti di Arcadia

Nel complesso, I Maghi: I Racconti di Arcadia rappresenta senza dubbio l’apice dell’universo fantasy messo in piedi da Del Toro e Guggenheim. Così diversa dalle altre due serie e allo stesso tempo in grado di riportare lo spettatore in quella stessa atmosfera familiare, non resta da vedere se I Maghi avrà una seconda stagione o se, contro ogni aspettativa, è questo il finale pensato per l’intera saga.

Martina Ghiringhelli
Nasco in un soleggiato mercoledì a Milano, in contemporanea col trentesimo compleanno di Cristina D’Avena. Coincidenza? Io non credo: le sue canzoni sono un must nella mia macchina, e non è raro vedermi agli incroci mentre canto a squarciagola. Altri fatti random su di me: sono laureata in cinema, sono giornalista pubblicista, ho dei gusti musicali che si prendono tragicamente a pugni tra loro, adoro la cultura giapponese, Mean Girls è il mio credo e soffro ancora di sindrome da stress post-traumatico dopo il finale di Game of Thrones.