Liberaci dal male

Eccoci, in anteprima assoluta, a disquisire del secondo episodio di Memento Mori, nuovo corso di pubblicazioni del Corvo, la creatura mitica di James O’Barr. L’aura mistica di quell’opera, che solo con il primo film aveva brillato nuovamente, è stata poi negli anni successivi tanto ricercata, con sequel e opere derivative, sempre e comunque incapaci di colpire al cuore. Ci riprova oggi Edizioni BD, con la serie affidata ai testi di Roberto Recchioni, ai disegni di Werther Dell’Edera e ai colori di Giovanna Niro, trio di autori italiani che sarebbe eufemistico definire “capaci”. I tre sono poi accompagnati, in coda a ogni episodio, da brevi one-shot a cura di altri artisti: dopo il turno di Matteo “Black Science” Scalera per il numero 1, tocca ora a Davide Furnò integrare la main quest con un fugace omaggio (4 pagine) al “Nevermore” di Edgar Allan Poe.

Come chiariva già la prima esaustiva recensione del nostro Raffaele Giasi, Memento Mori, dopo tanti anni e tentativi, sembra finalmente aver trovato il coraggio o la genuinità artistica di porsi come figlia indipendente del Corvo originale. Nonostante, infatti, mostri sulla pelle evidenti lineamenti paterni, non intende ripercorrere le orme paterne, almeno non in maniera pedissequa. In questo stesso senso, andrà questa analisi del secondo episodio. Sottolineate le differenze di nascita e concetto, per dirla nel latino (strumentale, non pretestuoso) usato nel prologo della serie, mutatis mutandis, giudicheremo ora il suo svilupparsi in un secondo numero di transizione dovuta, sì, ma anche gradita e elegante.

È soluzione sempre efficace, quella di gettare nella mischia il personaggio principale, accennando appena il suo background, per poi fare una retrospettiva più respirata dopo lo svolgimento dei primi eventi, specie se questi sono utili a settare subito un ritmo standard alto e denso di sangue. Funziona anche in questo caso, e lo script è geniale nel trovare un espediente attualissimo per raccontare proprio la vita di David Amodio (il risorto protagonista) prima della tragedia. Sappiamo bene come e quanto le emozioni coltivate con pazienza e poi frustrate, non solo dalla morte, trasformate in mostri di rabbia affamati di vendetta, siano fondamentali nella mitologia del Corvo. Perciò, lo streaming del passato di David, non certo prodigo di gioie, serve proprio a questo: consolidare il suo legame con la sua rinascita sovrannaturale e, perché no, anche con noi.

La violenza si fa qui più intima di quella del primo episodio (altrettanto perversa, ma spersonalizzata), una verga utile a mondare il peccato, insinuatosi strisciante tra i lumi di felicità, preghiera e dedizione. Nel mondo di David, è quella stessa violenza ad avergli insegnato il costo scarlatto di vergogna e torto, per lui è del tutto giusta, benché dolorosa, e formativa. Tutto ciò, rapiti dal tappeto grafico delicato e incisivo di Werther Dell’Edera, viene introiettato dal lettore con facilità disarmante. Memento Mori 2, agli occhi, è bello quanto il suo predecessore, se non di più: dipinge una breve poesia del lutto, dalle spiazzanti rime visive, dall’equilibrio lirico nel quale si compensano i neri nervosi del disegnatore alle cromie umide di Giovanna Niro. Sono loro che ci guidano nell’ampia sequela di momenti, ora felici, ora decisamente no, del lungo flashback. Anche grazie alla regia sapiente di Recchioni, alcune immagini (su tutte, la tavola che introduce il crocifisso insieme alla piccola Sarah, “non necessariamente in quest’ordine”) si incidono nella memoria come una ferita mortale della carne. Una ferita da cui, tuttavia, resuscitiamo bramosi di averne di più.

Verdetto

Il secondo episodio di Memento Mori non tradisce le aspettative, esaltate da un esordio convinto e attraente. Le pagine sono, in grandissima parte, dedicate all’esplorazione dell’entroterra psicologico del protagonista, sempre più legittimato da un passato di dolore. Questo è raccontato in modo appassionato e appassionante dalla trinità di sceneggiatore, disegnatore e colorista. Recchioni, Dell’Edera e Niro affrescano quindi un altro numero con sudore e sangue artistici che si riversano, e brillano, sulle tavole. Transizione, quindi, non solo necessaria, ma gustosa e densa di significato. Tant’è, che, alla fine, se ne vorrebbe di più. Ma non c’è tempo: il Corvo è già in volo verso la prossima vendetta.