Kengan Ashura è un anime fatto di dinamiche semplici, ma racconta molto della cultura giapponese

Kengan Ashura è uscito su Netflix lo scorso 31 ottobre con la Parte 2, che riprende le vicende dei suoi sgangherati protagonisti esattamente da dove erano state interrotte. Il torneo Kengan entra sempre più nel vivo e la cerchia dei lottatori si restringe, lasciando ancora in gara solamente i migliori. Il successo dell’anime è dovuto soprattutto alla spettacolarità dei combattimenti, decisamente dominanti rispetto al resto della trama, caratterizzata da una linearità pressoché assoluta. Kengan Ashura non è tuttavia solo un’opera fatta di continue scazzottate, ma un prodotto nel quale lo spettatore più attento può ritrovare molto della cultura giapponese contemporanea.

Kengan Ashura: un’allegoria del mondo del lavoro

Yamashita Kazuo, l’impiegato modello

Uno degli aspetti più celebri e inquietanti della cultura giapponese riguarda il mondo del lavoro: nell’arcipelago del Sol Levante, soprattutto nelle grandi città, è perfettamente normale lavorare 60 ore a settimana. Non è raro incontrare impiegati di grandi aziende che passano la notte in ufficio o riversi, esausti, sui marciapiedi e nelle fermate della metropolitana. Chi non ci crede può cercare qualche informazione sul progetto High Fashion del fotografo Pawel Jaszczuk, che ritrae proprio questi stacanovisti nel loro habitat naturale. Kengan Ashura è prima di tutto la storia di Yamashita Kazuo, un impiegato di mezza età che sente di diventare sempre più inutile ogni giorno che passa. La moglie lo ha lasciato e i figli lo disprezzano, così si butta anima e corpo sul lavoro, in cui tutto ciò che può fare è essere lo zimbello dei colleghi più giovani.

La sua vita cambia improvvisamente il giorno in cui viene designato dal presidente della sua azienda come accompagnatore personale di Tokita Ohma, un ragazzo schivo e di poche parole che si rivela essere un combattente perfetto per gli incontri Kengan. La scelta del punto di vista di un uomo vinto dal sistema economico e costretto a una vita d’inferno avvicina Kengan Ashura ad altre grandi opere del fumetto giapponese, come alcune storie di Asano Inio e Inuyashiki Last Hero di Oku Hiroya.

Kengan Ashura 1Combattimenti aziendali

Ma cosa sono esattamente gli incontri Kengan di cui abbiamo parlato? L’anime giustifica la loro esistenza con un altro dei dispositivi più utilizzati nella narrativa giapponese: la tradizione. I combattimenti sono infatti iniziati nel periodo Shotoku, sotto un shogun della dinastia Tokugawa. I mercanti risolvevano le loro rivalità eleggendo un lottatore a proprio rappresentante e affidando a uno scontro senza esclusione di colpi l’esito degli affari. Nella contemporaneità la prassi rimane esattamente la stessa, sebbene i mercanti siano stati sostituiti da compagnie multimilionarie.

La trama di Kengan Ashura non è altro che un susseguirsi di incontri Kengan, ma dietro i calci e i pugni è possibile scorgere un’allegoria piuttosto precisa dei meccanismi che chiunque lavori in un’azienda è costretto ad accettare. Come il capo delega i sottoposti a mettere in atto le sue decisioni, così in Kengan Ashura il proprietario della ditta manda il proprio lottatore a rischiare l’osso del collo. In entrambi i casi a godersi i frutti della vittoria è principalmente il dirigente stesso, mentre a fronteggiare le conseguenze della sconfitta sono sempre coloro che stanno alla base della piramide. Questo aspetto si rivela importantissimo per l’opera, aggiungendo profondità alla trama e donando allo spettatore una seconda chiave di lettura alla luce della quale riconsiderare le proprie percezioni.

Kengan Ashura: i riferimenti ad altri anime e videogiochi

Per un anime che affida gran parte della propria attrattiva alla spettacolarità dei combattimenti è normale attingere a piene mani dal passato dell’animazione e dei videogiochi. Sono molte, infatti, le caratteristiche che rendono l’opera riconducibile a modelli già visti in passato, riconoscibili dagli appassionati in un battito di ciglia. Hokuto no Ken, per esempio, ha sicuramente influenzato Kengan Ashura: i nomi delle tecniche utilizzate dai lottatori appaiono in sovrimpressione sullo schermo e le ferite rendono teste e corpi orrendamente maciullati, gonfi, come se stessero per scoppiare.

Anche le scuole di combattimento vengono riprese: ieri erano Hokuto e Nanto, oggi è Nico. I videogiochi rappresentano un’altra notevole fonte d’ispirazione per l’opera. Come nella celebre serie picchiaduro Tekken, i colpi emettono una leggera luce quando vanno a segno sul corpo del nemico. Lo zoom sulle ossa che si spezzano è invece un pezzo dell’eredità di Mortal Kombat. Persino lo stile grafico è paragonabile a molti giochi della generazione PS2, l’età dell’oro del cell shading: i contorni neri molto spessi e definiti delle figure, le ombre rese con la sovrapposizione di linee fini e la palette dei colori sembrano provenire direttamente da uno dei capitoli di Viewtiful Joe di Capcom.

Kengan Ashura 3Kengan Ashura: temi e sbavature

Kengan Ashura è pervaso per tutta la sua durata da una grande semplicità. L’opera non intende insegnare nulla allo spettatore, ma solo intrattenerlo con combattimenti all’ultimo sangue, come se stesse assistendo dal vivo all’interno dell’arena. Il tema principale, collegato anch’esso a doppio filo con il mondo del lavoro, è la sopravvivenza. L’anime mette in scena molteplici situazioni che riportano gli uomini allo stato di natura, in cui la sopraffazione con ogni mezzo dell’avversario non è solo lecita, ma dovuta. Battaglie campali, colpi scorretti e sotterfugi dietro le quinte sono all’ordine del giorno. Quello di Kengan Ashura è un mondo in cui non ci si può fidare di nessuno e tutti, all’improvviso, possono tradire. Questo elemento sembra andare per la maggiore nel panorama dell’animazione giapponese contemporanea. Anche Baki, altra voce del catalogo Netflix, insiste sulla differenza tra gli incontri di arti marziali e i veri scontri, quelli dove c’è in gioco la vita stessa dei combattenti.

Paradossalmente la serie originale Netflix fallisce proprio nell’esplorazione del tema principale. Per quanto nell’arena l’istinto di sopravvivenza con ogni mezzo la faccia da padrone, negli spogliatoi e sugli spalti la situazione non è altrettanto dettagliata. L’enorme potenzialità della scelta di mettere in scena proprietari di aziende multimilionarie è sfruttata solo in parte, poiché la caratterizzazione dei personaggi è appena accennata. Lo stesso Tokita Ohma, che dovrebbe essere il protagonista, rimane chiuso in se stesso per tutto il tempo, non consentendo allo spettatore di instaurare il necessario rapporto di empatia. L’opera si dilunga a raccontare anche le backstory degli altri combattenti, ma quasi sempre gli incontri non durano abbastanza per consentire di conoscerli, rendendo l’impatto con la loro possibile perdita troppo trascurabile.

Kengan Ashura è un anime lineare che fonda il suo successo sulla spettacolarità dei combattimenti e sulla luminosità dello stile grafico. Nonostante la scarsa caratterizzazione dei personaggi rappresenti un’enorme occasione non sfruttata, l’opera resta un must per gli appassionati di combattimenti e per chi cerca un prodotto da fruire senza dover riflettere troppo. Un buon elemento nel catalogo di Netflix, tutto sommato.

Marco Broggini
Nasce con Toriyama, cresce con Ohba e Obata, corre con Shintaro Kago. Un percorso molto più coerente di quello scolastico: liceo scientifico, Scienze della Comunicazione, tesi su Mission: Impossible, scuola di sceneggiatura. Marco ha scoperto di essere nerd per caso, nel momento in cui gli hanno detto che lo sei se sei appassionato di cose belle. Quando non è occupato a procrastinare l'entrata nel mondo del lavoro, fa sport che nessuno conosce e scrive racconti in cui uomini e gatti non arrivano mai alla fine.