Basta l’immaginazione per salvare il mondo

Prendiamo il sogno. Il sogno come onda mutevole dell’inconscio, il sogno come desiderio primo o, ancora, il sogno come bellezza raggiungibile e circoscritta.
Prendiamo il sogno che può essere incubo e tormento oppure balsamo per l’anima dei viventi.
Prendiamo il sogno come fa Laini Taylor: il potere dell’immaginazione senza freni inibitori che investe l’esistente come maroso e che, come accade nel mondo mitologico greco, non fa distinguo tra bene e male in un equilibrio in cui entrambi risultano necessari per la redenzione ultima dell’uomo.

La potenza del sogno è anche ciò che muove le esistenze dei personaggi degli ultimi due romanzi di Laini Taylor, i cui titoli sono un riferimento per niente casuale a questa dicotomia personificata dai due protagonisti principali: Il Sognatore e La Musa degli Incubi.
Pubblicato da Fazi Editore lo scorso anno, Il Sognatore (Strange The Dreamer) è il primo romanzo di cui si compone la duologia della Taylor e che fa parte di LainYA, la collana dedicata allo young adult che ha proposto anche la trilogia La Chimera di Praga (Daughter of Smoke and Bone) della stessa autrice. Atteso dai fan italiani della scrittrice, il 14 febbraio esce La musa degli incubi (Muse of Nightmares) ancora per LainYA e sempre tradotto da Donatella Rizzati, il sequel del celeberrimo primo romanzo, che riprende esattamente da dove l’autrice si era interrotta, lasciandoci col cuore spezzato, ma speranzoso.

La musa degli incubi: qualcosa di bello ma pieno di mostri

Nell’universo creato dalla scrittrice americana, i sogni e gli incubi sono l’altra faccia della medaglia della realtà e gli eventi che vi accadono hanno la stessa importanza, se non addirittura maggiore, di ciò che avviene nella reale Pianto, la città invisibile di cui è stato cancellato il nome dalla mente di tutti gli esseri, viventi e non, dopo il massacro degli dei.
La dualità che pervade tutto il libro ha il sapore dei grandi fantasy che ricorrono alla fantasia al solo scopo di riportare il lettore all’essenza della sua realtà in cui non esistono opposizioni radicali tra bene e male, falso e vero, sogno e incubo.

Ciò che ci conduce in questo spazio altro in cui gli dei abitano una struttura di metallo magico che soverchia la città oscurando il cielo, è la scrittura della Taylor, lussureggiante, lirica, in alcuni tratti nostalgica di quell’abbandono alla fantasia di cui solo il bambino è capace nel momento di passaggio tra la veglia e il sonno in cui riescono ad insinuarsi mostri, dei, città invisibili, misteri meravigliosi.
Il racconto degli avvenimenti diventa sogno corale in cui ci troviamo invischiati, la narrazione stessa è formata dalla stessa materia plasmabile di cui è fatto il sonno e, come accade nei sogni, non lascia spazio a domande sulla plausibilità o meno di ciò che accade.

La città di Pianto, nota una volta per le sue architetture eccezionali, i suoi guerrieri leggendari, la sua terra fertile e rigogliosa, è ridotta ora ad una pozza d’ombra disperata che apre le porte, per la prima volta nella storia, a una delegazione di stranieri scelti per liberare il cielo dalla fortezza volante lasciata presumibilmente vuota dal massacratore degli dei, Eril – Fane.
Arrivati forti del loro sapere, tutti i faranji (stranieri nella lingua di Pianto) si accorgono che le loro conoscenze sono limitate e assolutamente incapaci di leggere questa nuova realtà. Così il percorso di Lazlo diventa un viaggio verso l’ingenuità che ancora crede nell’impossibile e la pacificazione con l’io adulto che non si vuole arrendere all’inspiegabile… fino a diventarne parte integrante.

Il secondo capitolo di questa saga, più intimo e intenso del primo, ripercorre anche la traccia temporale dell’oscuro passato dei Mesarthim, gli dei blu che prendono il nome dal metallo che alcuni di loro riescono a manipolare. Mentre impariamo a conoscere Kora e Nova, le gemelle che desiderano più di ogni altra cosa di essere rapite dagli dei, continuiamo a seguire le vicende di Sarai e Lazlo, la cui storia d’amore è messa in pericolo da Minya, la dea bambina che, al tempo del massacro, ha salvato Sarai, la Musa degli Incubi (e dei sogni), Feral, il Ladro di Nuvole, Ruby, la ragazza Falò, e Sparrow, la Strega Orchidea.

la musa degli incubi

La chiave di volta di ogni esistenza (umana e non)

Questo non deve però portare a credere che la storia di violenza e soprusi raccontata dagli abitanti di Pianto perda in crudeltà, anzi: il punto in cui la scrittura tocca il massimo della sua espressione lirica è proprio nella narrazione del dolore e della sofferenza, che accomuna senza alcun distinguo dei e uomini.
La storia narrata non è solo quella dello scontro – che assume i confini sempre più sfumati- tra umano e divino, ma anche una grande ed epica storia d’amore, di amicizia e di famiglia. È la storia stessa del mondo, poco importa se umano o divino, in cui il male mette radici dove le ferite lasciano terreno fertile e la comprensione passa attraverso l’esperienza della sofferenza, soprattutto quella nascosta e liberata dal sogno. Nel solco lasciato dal dolore trova spazio l’empatia, il vero motore narrativo della storia: la sofferenza, per una strana alchimia, ha la capacità di dilatare il cuore e alimentare la capacità di sentire l’altro, capacità che diventa chiave di volta nelle esistenze di dei e uomini.

Nonostante il pubblico della Taylor sia quello dello young adult, lasciarsi andare a questa fiaba della meraviglia costringe il lettore a mollare gli ormeggi e farsi cullare da una storia che risveglia la sensazione di un sogno lasciato a metà in cui è possibile, anche da adulti, indugiare e deliziarsi.