Su Prime Video arriva La stanza: il film di Stefano Lodovichi è un intrigante psico-thriller dalle tinte horror, con un po’ di difetti ma anche parecchi pregi

Il cinema italiano contemporaneo sembra riscoprire una sorta di passione per i cosiddetti one location movie, ovvero i lungometraggi ambientati in unico luogo, e solo poche settimane dopo aver visto Weekend su Prime Video ecco che la piattaforma ci propone anche La stanza, in tal senso nomen omen, per la regia di Stefano Lodovichi.

Stella (Camilla Filippi), in abito da sposa, il trucco che cola dagli occhi spenti e tristi, i capelli bagnati dalla pioggia torrenziale, è in piedi sul cornicione della sua abitazione, intenta a buttarsi di sotto, in preda a una disperazione che, se non fosse per la totale antitesi di genere, ricorderebbe quasi quella della Fosca Quinti di Veronica Pivetti in Viaggi di Nozze.

Il suono del campanello di casa, improvviso e puntuale, la salva apparentemente da morte certa, sebbene presto scopriremo che lo sconosciuto dietro la porta, tale Giulio (Guido Caprino), non si rivelerà una presenza gradita. Costui dichiara di esser giunto lì grazie all’annuncio di una stanza in affitto, cosa che in effetti avveniva nei mesi precedenti ma che ormai era stato tolto da Sandro (Edoardo Pesce), il marito di Stella che in quel momento non si trova in casa. Le iniziali reticenze della donna ad accogliere lo sconosciuto si infrangono quando questi dice di aver parlato proprio con Sandro, che anzi sarebbe passato di lì a poco a fargli un saluto.

Dal thriller, all’horror ai viaggi nel tempo

Lo schianto di un tuono all’ingresso di Giulio nella casa è il presagio di qualcosa di negativo e attira anche l’attenzione dello spettatore, grazie a queste prime fasi coinvolgenti, alla scoperta di un uomo la cui pericolosità e il suo prossimo cambio di personalità, in un primo momento – come da repertorio – affabile e gentile, sono più che mai preventivabili ma nascondono al contempo il fascino tipico dei villain di thriller psicologici, come appunto è La stanza. Uno psicothriller dalle tinte horror, in cui c’è spazio un po’ per tutto, persino per i viaggi temporali.

Non manca certo l’ambizione a Stefano Lodovichi e la sua troupe, e – come detto – la prima parte del film è intrigante proprio perché corre sui classici binari del genere, coadiuvato da una cupa ma fascinosa fotografia che, al pari del sovracitato Weekend, rappresenta uno dei punti di forza dell’opera.

Purtroppo però a metà film il castello di carte costruito da Lodovichi si sbriciola pian piano, perché tutto inizia a diventare troppo comprensibile e troppo presto, al di là di qualche plot twist sempre tuttavia nella stessa direzione già imboccata da chi ha visto più di qualche film di genere, e allora prende possesso della scena il villain più pericoloso: la noia.
Nella seconda parte de La stanza non c’è più quella tensione narrativa che aveva ben caratterizzato le prime fasi, ma solo mera claustrofobia che anzi ingigantisce il problema, divenendo un difetto ancor più evidente se si riflette sulle tempistiche non proibitive del film, circa un’ora e venti minuti.

L’impostazione quasi teatrale dell’opera di Lodovichi, con solo tre attori sulla scena oltre al bambino a fare da comparsa, l’unica location, la struttura dei dialoghi e la psicologia de La stanza, col suo messaggio di fondo relativo all’importanza del rapporto genitori-figli rappresentano senza alcun dubbio pregi e punti di forza che ci fanno ben sperare nei prossimi lavori del regista, ma che tuttavia non sono in questa circostanza sufficienti a una claque volontaria e spontanea.

Un plauso invece va riservato alle performance attoriali, per nulla facili in un contesto simile ma che ci mostrano un Guido Caprino in grande spolvero e sempre perfettamente credibile anche quando il film prende una deriva ultraterrena, mentre Edoardo Pesce ci regala la consueta prova solida, sebbene senza particolari picchi. Camilla Filippi, ormai quasi attrice feticcio di Lodovichi, si mostra a tratti un po’ troppo esasperante nella tristezza che avvolge la sua anima, ma in fondo perfetta nel contesto generale.

Considerati gli standard delle produzioni nostrane, a cui siamo drammaticamente abituati, La stanza ha di certo il merito di aver provato a regalarci qualcosa di diverso e ambizioso, per un risultato complessivo che lascia intravedere difetti marchiani ma anche parecchi aspetti positivi.

Tiziano Costantini
Nato e cresciuto a Roma, sono il Vice Direttore di Stay Nerd, di cui faccio parte quasi dalla sua fondazione. Sono giornalista pubblicista dal 2009 e mi sono laureato in Lettere moderne nel 2011, resistendo alla tentazione di fare come Brad Pitt e abbandonare tutto a pochi esami dalla fine, per andare a fare l'uomo-sandwich a Los Angeles. È anche il motivo per cui non ho avuto la sua stessa carriera. Ho iniziato a fare della passione per la scrittura una professione già dai tempi dell'Università, passando da riviste online, a lavorare per redazioni ministeriali, fino a qui: Stay Nerd. Da poco tempo mi occupo anche della comunicazione di un Dipartimento ASL. Oltre al cinema e a Scarlett Johansson, amo il calcio, l'Inghilterra, la musica britpop, Christopher Nolan, la malinconia dei film coreani (ma pure la malinconia e basta), i Castelli Romani, Francesco Totti, la pizza e soprattutto la carbonara. I miei film preferiti sono: C'era una volta in America, La dolce vita, Inception, Dunkirk, The Prestige, Time di Kim Ki-Duk, Fight Club, Papillon (quello vero), Arancia Meccanica, Coffee and cigarettes, e adesso smetto sennò non mi fermo più. Nel tempo libero sono il sosia ufficiale di Ryan Gosling, grazie ad una somiglianza che continuano inspiegabilmente a vedere tutti tranne mia madre e le mie ex ragazze. Per fortuna mia moglie sì, ma credo soltanto perché voglia assecondare la mia pazzia.