Un triangolo amoroso che sa risolversi anche grazie e soprattutto attraverso l’amicizia e la famiglia

Aprire con il mito sull’amore di Platone è un chiaro segno programmatico. La storia su come gli uomini un tempo erano completi, uniti senza divisioni e quindi chiave di perfezione e bellezza, poi divisi dalla gelosia degli dei, presuppone una ricerca all’interno del proprio racconto che vuole il vagare di un protagonista o più personaggi intorno al loro interrogarsi su dove, quell’altro pezzo della loro anima, sia andato a finire su questa terra.

Ed è proprio L’altra metà il titolo del film originale Netflix sceneggiato e diretto da Alice Wu, sorta di prequel ideale del suo Salvare la faccia del 2004, che nel dispiegarsi di un triangolo amoroso domanda ai suoi personaggi tanto di comprendere chi possa essere quel tassello mancante nella propria vita, quanto di capire fino in fondo chi si è, semplicemente, rimanendo soli con se stessi.

E sola c’è stata quasi tutta la sua vita la studentessa Ellie Chu (Leah Lewis), costretta ad occuparsi del lavoro trascurato dal padre e addetta alla compilazione di saggi e temi per l’onesto prezzo di venti dollari. Un’esistenza marginale e appartata, che andrà cominciando ad includere persone nella propria quotidianità dopo l’incontro con Paul (Daniel Diemer) e il suo farsi aiutare a conquistare la più bella della scuola Aster Flores (Alexxis Lamire). Ellie non deve fare altro che scrivere lettere alla giovane fingendosi il ragazzo, mettendo molto più di se stessa in quello scambio cartaceo che in qualsiasi altra relazione mai intrapresa, scoprendo pian piano in Paul un amico sincero e in Aster uno spirito affine.

L’altra metà e la maniera di esplorare tutti i versi dell’amore

Non essere mai stati innamorati e cominciare a processarlo. Individuare lentamente cos’è l’amore e, ancora più importante, apprendere che non sempre quest’ultimo si presenta nel modo in cui ci aspettavamo di incontrarlo. È la narrazione de L’altra metà, che in maniera anti-convenzionale rispetto ai film sul genere sentimentale cerca un racconto che non segua le regole predisposte per mostrare l’esplorazione dei rapporti amorosi e cosa vanno a significare, addentrandosi in un periodo fondamentale della vita come l’adolescenza, in cui la scoperta di sé e degli altri contribuisce a definire chi vogliamo essere e chi vorremmo avere al nostro fianco.

E non si tratta solamente dell’intenzione di avere una protagonista asiatica e omosessuale accompagnata da un ingenuo ragazzotto della periferia americana, né dell’attrazione che entrambi provano verso la più popolare della scuola, che si rivela essere però anche la più introspettiva e incompresa ragazza del piccolo paese.

Nel voler percorrere il tema dell’amore, L’altra metà comincia il proprio viaggio nella comprensione di parti della propria interiorità che passano, anche, attraverso l’incontro con l’altro, per sentirlo incredibilmente vicino, accorgendoci che la distanza che ci separa è puramente fittizia, opera di una chiusura scoperchiata dal saperci somiglianti a qualcuno simile a noi. Ed accettare se stessi è anche l’accettare chi amiamo, chi ci ama, chi ama diversamente da noi.

Non solo una forma di amore, L’altra metà indaga dell’amicizia e della famiglia così come delle relazioni che possono intrattenersi con qualcuno a cui sentiamo di poterci legare, per un quadro completo che non vuole i soliti risvolti drammaturgici, lasciandosi piuttosto trasportare dalle sensazioni e dalle emozioni dei suoi personaggi.

Una profondità ermetica e troppo arzigogolata

l'altra metà

Se quindi la protagonista Ellie sarà portata ad aprirsi a un’unione che sia unica eppure ugualmente importante con le persone che costelleranno la sua vita, è l’ostico raccontarsi con eccessivo ermetismo a far rivoltare su di sé il film, con un’articolazione dei pensieri e dei dialoghi che certamente rincorrono una sensibilità in cui la poeticità dell’autrice possa rispecchiarsi, ma rimanendo a volte solamente scatola per belle parole e considerazioni intimiste destinate, però, solo alla loro apparente profondità.

Un’atmosfera che influisce nella pellicola, stabilendone un’indiscutibile fonte di delicatezza, che troppe volte va però sfociando in un flemmatico procedere che immobilizza e rende la storia sospesa. 

Nell’elaborazione del conoscersi, in cui lo stuzzicarsi e scrutarsi rientrano come passaggi sperimentali per arrivare davvero all’assorbire gli uni dagli altri, il film di Alice Wu ha esplicato la propria idea, che ha lasciato scivolare anche incerta, centrando con decisione il concetto generale che L’altra metà voleva far passare, rifugiando tuttavia in arzigogolate teorie e aforismi che non aggiungono vera sostanza alle parole dei personaggi.

Una metà che, dunque, continueremo sempre a cercare, ma che dovremo imparare a ritrovare anche in chi non avremo mai aspettato e a esplicare con una sincerità assai più essenziale.