Monster Jam Steel Titans si rivela insipido e poco spettacolare: un paradosso per un titolo del genere

Se quando sentite la parola “americanata”, la prima cosa che vi viene in mente è un presunto critico cinematografico che bolla come tale qualsiasi film mainstream vagamente spettacolare la cui unica “colpa” è avere successo, allora capirete il discorso che sto per fare per quanto riguarda Monster Jam Steel Titans.

Perché il paese a stelle e strisce in quanto ad organizzare spettacoli ha poco da invidiare al resto del mondo, anzi, probabilmente sono gli altri che hanno qualcosa da imparare su questa che, a suo modo, è comunque un’arte.

E le americanate ogni tanto nella vita servono. Servono per staccare un po’ la spina, servono perché sono belle da vedere, servono perché il mero intrattenimento è qualcosa che è sbagliato sottovalutare, e servono anche all’industria, perché per finanziare le opere che il critico di cui sopra trova invece godibili, c’è bisogno anche di far cassa.

Proprio per tutta questa serie di motivi, da amante dei racing game e del mondo dei motori in generale, quando ho saputo che avrei dovuto recensire il gioco, ero mosso da genuina curiosità. Cosa grida più “Ammerega!” di mostri motorizzati dotati di quattro ruote gigantesche, che gareggiano e danno spettacolo a colpi di trick, sportellate e derapate in un’arena? In teoria ben poco.

Monster Jam Steel Titans

Monster Jam Steel Titans è tanto fumo e niente arrosto

Sulla carta invece lo spettacolo si è rivelato una mezza delusione. Monster Jam Steel Titans è, per usare l’aggettivo più banale possibile, brutto. Soprattutto però fatica a trovare il suo posto in un mondo che, mai come negli ultimi cinque-sei anni, è assolutamente sovraffollato.

Questa generazione potrà infatti essere ricordata come una delle più gradite agli amanti dei racing game, anche arcade. Dirt, Project CARS, Driveclub, Assetto Corsa, gli immancabili Gran Turismo e Forza, F1 che ogni anno alza l’asticella, ma anche giochi più caciaroni come Onrush e Trackmania Turbo, o i ritorni dei grandi classici come Wipeout, Burnout Paradise e perfino i più cartooneschi Team Sonic Racing e il remake di CTR, che apparentemente hanno pochissimo in comune con Monster Jam Steel Titans a parte le quattro ruote, sono tutti giochi che prenderei in considerazione prima di rivolgermi, eventualmente al titolo di Rainbow Studios.

Innanzitutto parliamo del modello di guida: non è realistico, non è divertente, non è intuitivo, cosa che in un racing arcade dovrebbe essere la caratteristica principale.

Soprattutto se non avete padronanza del mezzo (e non vedo perché in effetti dovreste averla, trattandosi di un prodotto non esattamente popolarissimo nel nostro paese), è veramente difficile anche solo tenerlo dritto e le innumerevoli uscite di pista, spesso sono causa di ridicole penalizzazioni, per essere rimasti fuori dal tracciato anche solo per un paio di secondi, ad esempio.

E se aspettarsi del realismo da un titolo del genere sia effettivamente da ingenui, il fatto che sia possibile riprendersi da un capovolgimento della vettura effettuando una sorta di break dance su due ruote, fa veramente cascare le braccia.

Tanta varietà, ma solo sulla carta

Il gioco oltretutto spiega veramente poco. Se si sceglie la modalità carriera, bisognerà completare il Monster Jam 101, una sorta di tutorial che vi fa capire le primissime fasi del gioco, per poi lasciarvi in un hub vagamente open world in cui raccogliere collezionabili, provare la vostra vettura, familiarizzare con le varie acrobazie, e poco altro.

Come se non bastasse il tutto si riduce ad un unico, solito schema: gareggiare, guadagnare soldi, acquistare miglioramenti per il proprio veicolo o sbloccare un monster truck nuovo di zecca. E forse uno dei pochi punti di forza del gioco è proprio il look dei vari bestioni a quattro ruote: sono infatti presenti anche vetture leggendarie per chi segue la competizione reale, come il Grave Digger o il Toro Loco, ad esempio, per cui almeno la parte relativa ai veicoli e al sound dei loro motori, sono indubbiamente da considerare nella colonna dei pro.

Monster Jam Steel Titans

Ma se invece ci si vuole buttare subito nella mischia, in una delle tante modalità presenti, si va praticamente alla cieca, una scelta francamente davvero poco comprensibile.

L’atmosfera inoltre manca decisamente di mordente: la spinta del pubblico si sente poco, e se non fosse per qualche effetto qua e là e la colonna sonora tendente all’heavy metal, sarebbe davvero piuttosto fiacco.

Mi piacerebbe poter dire che si salvi almeno la parte grafica, il che in parte è anche vero, se non fosse per alcuni fastidiosi cali di frame rate soprattutto quando ci sono più vetture inquadrate contemporaneamente, che fanno sì che il gioco non convinca del tutto perfino sotto questo aspetto. Anche perché alcune scelte come ad esempio il fatto che il proprio monster truck non si sporchi, in un gioco che fa delle derapate nel fango e delle sportellate (e anche qui, va detto che il sistema di collisioni del gioco è tutt’altro che perfetto) sui terreni sterrati il proprio marchio di fabbrica, non contribuisce a far immergere appieno il giocatore all’interno del gioco.

Monster Jam Steel Titans

Monster Jam Steel Titans è un gioco per autisti solitari. E non ha senso.

La cosa più grave però è probabilmente la mancanza di un qualsivoglia tipo di modalità multiplayer, perfino a livello locale, che se non altro avrebbe contribuito ad alzare un minimo la valutazione finale del gioco. Se avesse offerto la possibilità di far caciara con gli amici, di sfidarsi in gare all’ultimo sangue e all’ultimo insulto bonario, un minimo di senso il titolo, prodotto peraltro da un colosso come THQ Nordic, lo avrebbe anche avuto.

Invece non c’è niente di tutto questo, ed essendoci tante di quelle alternative sul mercato, sia per quanto riguarda i racing arcade, sia videogiochi di corse un minimo più simulativi e realistici, a meno che non siate dei fanatici dei monster truck non ci sono davvero motivi per cui dovreste scegliere Monster Jam Steel Titans.

Ed è un peccato, perché le americanate in fondo in fondo, ci piacciono. Se fatte bene.

Gabriele Atero Di Biase
Diplomato al liceo classico e all'istituto alberghiero, giusto per non farsi mancare niente, Gabriele gioca ai videogiochi da quando Pac-Man era ancora single, e inizia a scriverne poco dopo. Si muove perfettamente a suo agio, nonostante l'imponente mole, anche in campi come serie TV, cinema, libri e musica, e collabora con importanti siti del settore. Mangia schifezze che lo fanno ingrassare, odia il caldo, ama girare per centri commerciali, secondo alcuni è in realtà il mostro di Stranger Things. Lui non conferma né smentisce. Ha un'inspiegabile simpatia per la Sampdoria.