Arriva su Apple Tv la seconda stagione di Mythic Quest, la serie prodotta da Ubisoft che segue le vicende di una software house di videogiochi

Quando all’e3 di Ubisoft del 2019 fu annunciato l’arrivo su Apple Tv di Mythic Quest, non furono in pochi a mostrare più di qualche perplessità. Attenzione, ci si poteva fidare benissimo del suo co-creatore e protagonista, Rob McElhenney, autore già di una grande serie comedy di successo come It’s Always Sunny in Philadelphia. Si potevano mostrare più riserve invece a causa della produzione di Ubisoft, il quale coinvolgimento all’interno dell’industria televisiva sembrava un disperato tentativo di risultare rivelante in termini intermediali dopo il deludente adattamento cinematografico di Assassin’s Creed.

E invece la prima stagione è stata incredibilmente divertente e spietata nei confronti dell’industria. Potremmo definire Mythic Quest come una sorta di corrispettivo videoludico di Boris e The Office, dove assistiamo i dietro le quinte della produzione e lo sviluppo del MMORPG più giocato al mondo. Stiamo parlando a mani basse della miglior rappresentazione sul piccolo (e grande) schermo della cultura videoludica. È una serie a passo coi tempi, dove quasi ogni puntata (almeno della prima stagione) è in grado di analizzare un tema attuale con incredibile garbo e intelligenza. Certo, si tratta pur sempre di una comedy con episodi dalla durata di 20-30 minuti, e quindi non c’è sempre lo spazio per delle riflessioni di estremo spessore. Ciononostante, alcune puntate si prendono il tempo di esplorare più approfonditamente alcune questioni legate alla creatività e l’integrità morale riuscendo a suscitare nello spettatore un grande coinvolgimento emotivo.

Se nella prima stagione di Mythic Quest il quinto episodio era uno dei migliori andati in onda su Apple Tv durante lo scorso anno, questa seconda stagione cerca di replicarne la qualità grazie alla puntata dedicata alla backstory di C.W. Longbottom, ambientata nella Los Angeles degli anni 70. Questo lungo episodio è il perfetto rappresentante del tema centrale della nuova stagione: l’identità.

mythic quest apple tv

Come detto prima, ogni puntata della prima stagione di Mythic Quest si concentrava su una diversa tematica dell’industria videoludica: dal crunch alle microtransazioni, passando per la critica agli streamer e la questione di genere. Adesso, la serie di Apple Tv sembra voler concentrarsi maggiormente sullo sviluppo interno dei personaggi. Non assistiamo più a vicende legate integralmente al mondo dei videogiochi, ma piuttosto a situazione ricollegabili a qualsiasi tipo di ambiente lavorativo. Ogni personaggio adesso è alla ricerca, o alla definizione, di una propria identità all’interno dell’azienda. Tema esemplificato non solo nella sopracitata puntata backstory su C.W., ma anche dall’esilarante episodio sulla definizione dei vari prospetti aziendali, ovvero test di autovalutazione che “definiscono” il profilo lavorativo di ogni dipendente. È in questo episodio che vediamo i personaggi confrontarsi con la percezione che ognuno ha dell’identità propria e altrui, che nel corso dell’intera stagione va a plasmare un distinto arco evolutivo per ciascun carattere su schermo.
In un certo senso, si potrebbe dire che con questa stagione ogni personaggio conclude il proprio arco narrativo, e che quindi Mythic Quest potrebbe finire benissimo qui, ma è quasi sicuro il ritorno della serie di Apple Tv per almeno un altro giro.

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Il passaggio del focus della serie da puntate autoconclusive, a uno sviluppo più continuativo del tema e dei vari caratteri, può forse far storcere il naso a chi era abituato a situazioni comiche più spensierate e incentrate sul citazionismo videoludico. Questa seconda stagione di Mythic Quest è forse più seria, ma non per questo non è in grado di riservarci dei momenti di sano umorismo in stile McElhenney.
Da sottolineare, tra le altre cose, il grande talento recitativo dell’australiana Charlotte Nicdao (interprete della lead programmer Poppy Li) che si riconferma una vera e propria rivelazione della commedia televisiva.

In conclusione, Ubisoft con Mythic Quest non ha per niente sbagliato il colpo; non che sia coinvolta in qualsiasi parte della scrittura o regia della serie (anzi, il suo nome appare appena nei titoli di coda). Dopo il fallimento del film di Assassin’s Creed, Ubisoft Motion Pictures sembra aver trovato una propria direzione che sprizza qualità. Non ci resta che aspettare le sue prossime produzioni, questa volta in associazione con Netflix, tra cui già confermati un film su The Division e Beyond Good & Evil, una serie animata su Splinter Cell e una serie live action sulla saga degli assassini. Che siano della stessa qualità di Mythic Quest? Francamente le perplessità rimangono, anche se parecchio più mitigate.