Narcos: Messico 3 – La terza stagione è arrivata su Netflix

Ci eravamo lasciati due anni fa con Miguel Angel Felix Gallardo che veniva arrestato a casa sua, tradito e lasciato solo dai suoi soci della Federazione. Il vuoto di potere, l’assenza di un uomo forte al comando del cartello di Guadalajara, aveva lasciato diversi punti interrogativi che hanno reso l’attesa per Narcos: Messico 3 ancora più spasmodica. Poi venerdì scorso Netflix ha finalmente rilasciato la terza stagione. Un prodotto dal sapore strano, agrodolce, che non eccelle nei suoi usuali punti di forza e introduce qualche novità poco riuscita. Il risultato è uno show comunque godibile, ma che forse ci aspettavamo migliore. Andiamo ad analizzarlo nel dettaglio.

Narcos: Messico 3: i nuovi personaggi non sono all’altezza dei vecchi

Uno dei fattori di spettacolo principali di Narcos, sia nelle tre stagioni colombiane sia nella declinazione messicana, è sempre stato la capacità di sfornare personaggi secondari interessanti. Lo show è riuscito a farci affezionare non solo a Pablo Emilio Escobar Gaviria o a Miguel Angel Felix Gallardo, ma anche a comprimari altrettanto carismatici: l’indimenticabile bandito Pablo Acosta, il signore dei cieli Amado Carrillo Fuentes, il visionario “Chapo” Guzman, poliziotti profondamente diversi come Javier Pena, Kiki Camarena e Walt Breslin. Ogni volta che ha introdotto un nuovo personaggio la serie ha saputo renderlo riconoscibile fin da subito e, cosa più importante, fare in modo che diventasse interessante per lo spettatore. I volti nuovi di Narcos: Messico 3, invece, non riescono a ripetere il trucco.

Andrea Nunez, la giornalista

Andrea Nunez è una giovane giornalista della Voce, un giornale indipendente di Tijuana, città gestita dalla famiglia Arellano Felix. Idealista e apparentemente disposta a tutto pur di raccontare la verità, Andrea si ritrova tra le mani una storia che potrebbe portare alla ribalta i legami sotterranei tra la politica messicana e il narcotraffico. Sebbene sia una strada già percorsa in passato da altre serie TV, la vicenda della giornalista potrebbe essere interessante, ma presenta diversi errori concettuali e il risultato è un cronico calo di attenzione in concomitanza con le sue scene. In primis la sua linea narrativa non si intreccia mai con quelle degli altri personaggi, facendola sembrare un’appendice poco interessante estranea al resto del racconto. Poi, come se non bastasse, Andrea non dà mai la sensazione di rischiare davvero qualcosa nella sua indagine, né tantomeno di arrivare vicina a trovare prove importanti. In altre parole, non dà mai la sensazione di poter “vincere”, perdendo di conseguenza ogni interesse.

Victor Tapia, il poliziotto

La storia di Victor Tapia, poliziotto di stanza a Juarez, soffre più o meno degli stessi problemi che affliggono quella di Andrea. Le forze dell’ordine in Messico hanno uno stipendio da fame, così sono costrette a sbarcare il lunario con attività parallele spesso illegali. Victor deve provvedere anche a mantenere la sua compagna, così quando smette la divisa prende il passamontagna e va a rapinare case nella vicinissima El Paso, in Texas. La sua vita cambia quando viene incaricato da una madre disperata di trovare la figlia scomparsa. All’inizio sembra non interessarsene, ma poi cambia repentinamente idea e si mette a investigare seriamente. Chiede un favore alla DEA, che vorrebbe usarlo come pedina per arrivare ad Amado Carrillo Fuentes, ma il loro rapporto non porta mai a qualcosa di concreto. Anche le scene di Victor, come quelle di Andrea, non fanno abbastanza per interessare davvero lo spettatore, che si ritrova spesso a sperare che finiscano in fretta per tornare ai personaggi che contano davvero.

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Nuovi legami poco approfonditi

Con il rischio di sembrare noiosi, qui parleremo ancora di costruzione dei personaggi. Vi chiediamo perdono, ma è necessario, soprattutto quando una serie TV fallisce nel suo maggior punto di forza. Avevamo lasciato Walt Breslin nei suoi nuovi uffici di El Paso dopo il fallimento totale del segmento finale dell’operazione Leyenda. Lo ritroviamo a svolgere gli incarichi pericolosi che l’hanno sempre contraddistinto, ma adesso ha qualcuno da cui tornare. Dani è una bella insegnante entrata nella vita del poliziotto da qualche anno. I due si godono i rari momenti di pausa a casa di lei e sembrano determinati a rimanere insieme per tanto tempo. La situazione cambia quando Dani riceve l’offerta di lavoro dei suoi sogni a Chicago e chiede a Walt di trasferirsi con lei. Conoscendo Walt noi tutti possiamo immaginare come andrà a finire, ma il bello della narrazione è proprio la sua capacità di tenere con il fiato sospeso, accarezzare sempre la possibilità di smentire le previsioni. Purtroppo, invece, il dubbio sulla scelta finale dell’agente della DEA non si concretizza mai e la povera Dani, dal canto suo, non ha avuto abbastanza tempo scenico per essere caratterizzata in modo approfondito. Risultato: la loro separazione lascia abbastanza indifferenti.

Lo stesso problema si presenta anche sul fronte dei “cattivi”. Nelle prime puntate Enedina Arellano Felix sposa Claudio, un avvocato molto in vista, e diventa irriconoscibile. Prima era il vero cervello della famiglia e gestiva un’attività laterale all’insaputa dei fratelli e del cartello; ora è una moglie senza ambizioni. Quasi come un’ammissione d’errore, il suo cambiamento repentino viene riassorbito subito: il povero Claudio muore in un agguato dei Sinaloensi ed Enedina torna quella che tutti abbiamo imparato a conoscere nelle stagioni precedenti. L’avvocato, come Dani, entra ed esce di scena troppo in fretta per interessare lo spettatore.

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È tutto da buttare?

Fino a ora abbiamo fatto le pulci a Narcos: Messico 3, ma è davvero così brutta? Non vi preoccupate, non lo è. I fan possono ancora godersi i turbamenti dei vecchi personaggi, le sparatorie, la collusione della politica e ammirare la vita sregolata dei narcotrafficanti e di chi gravita intorno a loro. In particolare, la serie riesce perfettamente a mantenere la continuità con la stagione precedente. Miguel Angel Felix Gallardo, in un colloquio con Walt Breslin dal carcere, aveva previsto un nuovo conflitto tra le famiglie dopo lo smembramento della sua Federazione, e infatti Tijuana e Sinaloa lasciano tornare a galla i vecchi rancori. La loro contesa è senza esclusione di colpi tra agguati, sparatorie in strada e conquista dei magazzini rivali. Al calderone si aggiunge il trattato commerciale NAFTA tra Messico e Stati Uniti, che sembra creare nella polizia di entrambe le nazioni un nuovo, genuino desiderio di fermare i Narcos.

In generale, Narcos: Messico 3 riesce a mantenere intatto il fascino perverso di un mondo che sembra essere intrappolato in un loop infinito: le famiglie sono in conflitto e vogliono ingrandirsi a discapito dei rivali; poi un uomo forte riesce a unirle sotto la propria leadership utilizzando la forza o gli accordi economici; poi le famiglie rovesciano il leader per rivendicare la loro autonomia, tornando a fare la guerra le une contro le altre.

Anche l’altro aspetto interessante di Narcos: Messico 3 è stato ereditato dalla seconda stagione. Gli anni Novanta vedono cadere uno dopo l’altro i più famosi capi dei cartelli della droga, considerati intoccabili sino a poco prima: Escobar finisce per morire, Felix in prigione. Non importa quanto un Narcos possa arrivare in alto, perché la caduta fragorosa è sempre dietro l’angolo. Ecco quindi che molti cominciano a pensare alla possibilità di una “pensione”, al fatto che la loro professione non debba per forza terminare in modo violento. Pablo Acosta aveva provato a uscire dal giro aiutando la giustizia, ma senza successo. Nella terza stagione Amado Carrillo Fuentes e il colombiano Pacho Herrera tentano la stessa strada, cercando di sparire nel nulla. Questa caratteristica conferisce ai personaggi una gradita dimensione umana, esplorata solo a tratti nelle precedenti stagioni. Perché spesso non ci accorgiamo che tutto il lusso del mondo non vale quanto un po’ di sana tranquillità.

Narcos: Messico 3 è un prodotto problematico, sia per chi lo guarda con l’occhio del recensore sia per il semplice fan. L’affetto e l’immedesimazione nei personaggi che hanno fatto la fortuna delle stagioni precedenti sono ancora lì, ma questo terzo capitolo ci costringe a essere obiettivi e a ridimensionare, per certi versi, il culto della serie. Il livello è comunque più che sufficiente, ma un po’ di amaro in bocca purtroppo rimane.

Narcos: Messico 3 è su Netflix.

Marco Broggini
Nasce con Toriyama, cresce con Ohba e Obata, corre con Shintaro Kago. Un percorso molto più coerente di quello scolastico: liceo scientifico, Scienze della Comunicazione, tesi su Mission: Impossible, scuola di sceneggiatura. Marco ha scoperto di essere nerd per caso, nel momento in cui gli hanno detto che lo sei se sei appassionato di cose belle. Quando non è occupato a procrastinare l'entrata nel mondo del lavoro, fa sport che nessuno conosce e scrive racconti in cui uomini e gatti non arrivano mai alla fine.