Romanzo d’esordio dell’autrice statunitense, Oval di Elvia Wilk è un romanzo che non ha paura di affrontare la complessità del mondo che non c’è

Il 18 maggio, dopo più di due mesi passati in casa come collettivo – tra applausi, delazioni e voglia di panificare – le prime copie di un romanzo dalla copertina rosa e lilla hanno iniziato ad arrivare tra le mani dei fortunati lettori che seguono le pubblicazioni della casa editrice modenese Zona 42. In questo periodo di librerie aperte, librerie chiuse, librerie simbolo, librerie da asporto, il contatto diretto con gli editori è stato un canale importante per chiunque volesse restare aggiornato con le novità del momento e, anche se tutti abbiamo sentito la mancanza dei festival, degli aperitivi, delle presentazioni in loco, non abbiamo certo sentito la mancanza dei libri.

Per supplire a questa mancanza di fisicità, Zona 42 ha organizzato una serie di dirette streaming con cadenza settimanale che si sono chiuse, a fine maggio, proprio con la presentazione di Oval presentata dall’autrice stessa – in diretta da New York – in compagnia della traduttrice del romanzo, Chiara Reali.

oval elvia wilk

Ma che cos’è, Oval? Oval è un romanzo che sfida ogni definizione e che richiede nel lettore un’apertura mentale e un’insofferenza per le etichette. Ambientato in un futuro plausibile, rifiuta di essere incasellato come distopia, si fa portavoce di un disagio generazionale – quello della precarietà – portandolo all’estremo in una società berlinese che è simile ma non uguale a quella del nostro mondo. La voce di Anja, che ci racconta la sua storia, la sua vita, è una voce intima e distaccata allo stesso tempo, che ci rende partecipi di eventi che avrebbero potuto accadere, e che potrebbero ancora farlo un domani. Per entrare nel mondo del romanzo di esordio di Elvia Wilk, per scoprire Oval, potranno esservi utili le cinque parole chiave che trovate qua sotto.

Lutto

Dopo la morte è la burocrazia a prendere il comando. Funerali da organizzare, conti in banca da chiudere, rimborsi dall’assicurazione. Tasse non pagate. Debiti non saldati. Per alcuni, il torrente di scartoffie aggiunge uno strato intollerabile di responsabilità. Per altri, questa bufera aiuta a soffocare il lutto. Questo è l’incipit di Oval, questo è il filtro attraverso cui vediamo la relazione tra Anja e Louis. Lei, voce narrante, racconta il lutto di lui, appena rimasto orfano di madre, appropriandosi di quella perdita non sua e usandola come specchio deformato per riflettere la dinamica di coppia. Anja proietta su Louis le sue aspettative di lutto, e quando il compagno non si conforma alla condotta che Anja considera appropriata, la loro relazione inizierà a mostrare dei cedimenti, come una casa trascurata da troppo tempo.

Casa infestata

Le case trascurate, si sa, si ammalano di solitudine e muoiono, lasciando che i fantasmi vaghino indisturbati nelle stanze. Elvia Wilk, come fatto recentemente anche da una delle migliori autrici contemporanee in circolazione, Carmen Maria Machado, destruttura l’idea di casa infestata e ne usa gli elementi caratteristici per descrivere l’animo umano. Ecco allora che lo sfaldarsi dei punti fermi della vita di Anja – la sua relazione, i suoi amici, il suo lavoro – si riflette nella rapida fatiscenza che avviluppa la sua abitazione e il suo corpo stesso, involucri matrioska che contengono il cuore pulsante di un romanzo che non si lascia ingabbiare dalle definizioni ed è generazionale, speculativo, orrorifico. Come nella Hill House di Shirley Jackson, la casa vive e si ribella, rifiutandosi di assolvere ai suoi compiti; la casa osserva i suoi inquilini con i suoi occhi tecnologici, ne fa cavie di un esperimento dal risultato certo.

Elvia Wilk
Foto di Nina Subin

Berg

Anja e Louis, cavie, lo sono veramente. Abitano, infatti, in un esperimento di eco-colonia sulle pendici di un monte che non esiste. Nel 2009 l’architetto tedesco Jakob Tigges ha realmente presentato al mondo il suo progetto di costruzione di una montagna artificiale nel centro di Berlino, più precisamente nella zona occupata dall’ormai in disuso aeroporto di Tempelhof. The Berg, una montagna alta più di 1000 metri, avrebbe dovuto stagliarsi nel cielo della capitale tedesca, completa di flora e fauna appropriate a ogni altitudine, di microclima adeguato e di vetta innevata. La proposta, una moquerie che si proponeva di far concentrare l’attenzione dei cittadini su ciò che non c’è, viene rielaborata e portata a compimento da Elvia Wilk, che immagina la sua Berg popolata da sei nuclei familiari accolti in altrettante abitazioni sperimentali a impatto zero di proprietà di una multinazionale in bilico tra fanatismo ecosostenibile e greenwashing.

Ecosostenibilità

Con Oval Elvia Wilk coglie quelle piccole ossessioni di virtuosismo ecologico tipiche del nostro tempo. Usare il portapranzo anziché mangiare cibi confezionati, bere da una borraccia invece di comprare bottiglie di plastica; se una parte dell’opinione pubblica crede che gesti simili non siano che una goccia nel mare e che fermare l’antropocene sia possibile solo con la collaborazione di stati e industrie, si può sempre obiettare che anche il più rivoluzionario cambio di paradigma può partire dalle piccole azioni dell’individuo. Come ogni aspetto della contemporaneità, l’ecosostenibilità non può essere ridotta a uno sfegatato tifo sportivo per una delle due visioni ed Elvia Wilk riesce, con affilate riflessioni, a presentare il bello e il brutto del risveglio della coscienza ecologica nella nostra generazione, senza risparmiare ritratti poco lusinghieri di quelle realtà economiche che, in nome di una sostenibilità ambientale che puzza di gentrificazione, macinano soldi, e vite, nei quartieri di Berlino e di tutto il mondo.

Contro la sostenibilità non si può dire niente, afferma rassegnata Laura, amica sorerna di Anja, alla vigilia di una ristrutturazione degli appartamenti e del prezzo degli affitti. Lontana dall’ottimismo di correnti letterarie come quelle del solarpunk e dal pessimismo cosmico delle distopie climatiche, Elvia Wilk presenta al lettore un’equilibrata disamina delle complessità etiche e morali del mondo post climate change, in cui anche i buoni propositi per contrastare gli effetti negativi dell’antropocene sono soggetti a un’obsolescenza programmata su larga scala.

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Artisti

Oval non è un romanzo semplice ed Elvia Wilk si schiera sempre a favore di una visione sfaccettata di una società che estremizza quella in cui siamo immersi. Se, per esempio, la beneficienza è corrotta, l’attivismo politico è morto e neanche gli artisti stanno troppo bene, nella Berlino di Oval il confine tra arte e corporate si sfilaccia e gli artisti – come gli influencer – si reinventano prezzolati counselor di grandi aziende, rinunciando alla libertà in favore di quei collegamenti – moneta sociale – che permettono loro di fare la bella vita. Gli artisti un tempo mostravano al mondo cosa fosse etico. – afferma l’idealista Louis – Adesso siamo tutti consulenti. Quelli che stanno in basso sono altrettanto corrotti di quelli che stanno in cima. Ci siamo venduti.

Ecco allora che le performance diventano spot pubblicitari dal vivo, gli artisti appartengono ai manager e ogni forma d’arte sottosta alle leggi del mercato. L’oggetto stava per qualcosa: una percentuale del valore totale della vita dell’artista. […] Il vero valore degli artisti stava nella loro vicinanza all’avanguardia, ovvero il futuro, ovvero alla prossima nicchia dove espandere il mercato. La hall di un’azienda poteva essere piena di oggetti d’arte, ma il management comprese che c’era bisogno degli artisti all’interno dell’edificio per avere il polso della situazione. La transizione dell’artista in oggetto è completa, il valore dell’arte è quello del brand che rappresenta.

Oval di Elvia Wilk: un romanzo complesso per tempi complessi

Oval è un romanzo d’esordio che viviseziona la precarietà di sentimenti, di relazioni, di vita di una generazione che non crede più nel buono, abituata alle dinamiche di scambio, piuttosto che a quelle di dono. Elvia Wilk ha scritto un romanzo complesso, tracimante, in cui temi e concetti si intrecciano e si allacciano come lunghe stringhe; impossibile da riassumere in cinque, ma anche in dieci o venti parole. Un romanzo che sembra non sapere la strada sulla quale ti sta conducendo e a cui ti affidi, magari un po’ dubbioso, scivolando su sentieri fangosi mai completati, fino ad arrivare sulla vetta di un luogo che non esiste, ma da cui si vede benissimo il mondo quaggiù.

Angela Bernardoni
Toscana emigrata a Torino, impara l'uso della locuzione "solo più" e si diploma in storytelling, realizzando il suo antico sogno di diventare una freelancer come il pifferaio di Hamelin. Si trova a suo agio ovunque ci sia qualcosa da leggere o da scrivere, o un cane da accarezzare. Amante dei dinosauri, divoratrice di mondi immaginari, resta in attesa dello sbarco su Marte, anche se ha paura di volare. Al momento vive a Parma, dove si lamenta del prosciutto troppo dolce e del pane troppo salato.