“Da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico una cortina di ferro è scesa attraverso il continente. Dietro quella linea giacciono tutte le capitali dei vecchi stati dell’Europa Centrale e Orientale.” (Winston Churchill)

Phantom Doctrine è uno di quei giochi che hanno tutte le carte in regola per farmi sognare: è ambientato durante la Guerra Fredda con riferimenti a fatti, persone e organizzazioni reali, ci sono spie e agenti segreti, cospirazioni internazionali, permette di giocare in “modo pulito” senza farsi scoprire o lasciare tracce, il tutto con la struttura di tattico a turni resa (nuovamente) famosa da XCOM. Purtroppo però il lavoro di Creative Forge non arriva sui nostri PC, PS4 e Xbox One con la pulizia che avrebbe meritato, trattandosi di un unione di diversi elementi poco coesi tra loro, a volte quasi scollegati e a tratti poco divertenti. È un peccato perché il potenziale si vede, è evidentemente ma nascosto sotto meccaniche poco rifinite e ripetitive poste all’interno di un sistema di gioco che troppo spesso permette al giocatore di trovare exploit utili a “rompere” le regole del gioco stesso. Allo stesso modo alcune scelte di design, ingiustificabili sotto molti punti di vista, vengono pagate con l’interruzione della sospensione dell’incredulità, risultato in eccessive alzate di sopracciglio.

Siamo negli anni ’80, la Guerra Fredda è ancora in corso, seppure nelle sue battute finali. La peculiarità della Guerra Fredda è, semplificandolo, che questa non si è mai combattuta direttamente: Stati Uniti e URSS hanno sempre partecipato in schieramenti opposti in altre guerre di entità minore, ma soprattutto hanno cercato di circondarsi di stati fedeli con i mezzi più disparati. La Guerra Fredda si è però combattuta anche su altri fronti: la propaganda, il tentativo di rendere mostruoso il nemico, la ricerca scientifica sfrenata in ambito militare e spaziale, passando però per il controllo della mente, e infine lo spionaggio. Appare evidente che nessun periodo storico possa prestarsi altrettanto bene ad accogliere una spy story di tutto rispetto, mettendo insieme i servizi segreti di ogni paese, le logge massoniche, i gruppi para militari e le cellule terroristiche. E proprio in solco si muove Phantom Doctrine: inserendo la sua storia nelle complesse trame della Guerra Fredda. Siamo a capo della Cabala, un’associazione segreta guidata da Jurj Andropov, in caso si scelga la campagna con l’agente del KGB, che deve mettere fine ai piani della misteriosa Beholder in difesa della Russia Sovietica, creando e sviluppando il nostro gruppo di spie, raccogliendo informazioni e cercando di venire a capo dei molti documenti riservati di cui entreremo in possesso.

Le meccaniche che il gioco mette sul piatto sono molte, ma spesso poco coese tra loro come già detto. La parte principale del gioco, quella più evidente, sono gli assalti da fare alle varie roccaforti del nemico. Le prime missioni saranno da giocare con la forza, come nel classico XCOM, per poi, avanzando, scoprire nuove possibilità tattiche come il travestimento. Purtroppo il gioco funziona maluccio in entrambi i casi. Quando si tratta di sparare infatti le regole di gioco non prevedono la casualità, ma i danni che entrano e le possibilità di schivare sono regolati entrambi dal valore di percezione dell’agente. Questi punti sono però anche necessari per effettuare azioni specifiche, ovviamente le più “potenti” in nostro possesso. Se sulla carta tutto questo appare interessante, lo è molto di meno all’atto pratico, rendendoci spesso totalmente in balia degli attacchi avversari, che tra le altre cose hanno spesso la possibilità di colpirci anche se siamo nascosti dietro una copertura totale, e realisticamente avrebbero la linea di tiro ostruita. Così, in molte missioni, mi sono ritrovato a prendere sonore fucilate nonostante fossi decisamente sicuro di non essere in traiettoria di nessuno.

D’altra parte le missioni possono essere anche giocate in modo silenzioso, travestendosi. Questo rende il gioco eccessivamente facile, perché il travestimento in abbinato a una specifica abilità rende il personaggio irriconoscibile a meno che non compia azioni eclatanti nel raggio visivo di una telecamera o di qualche avversario. Se abbattete silenziosamente qualcuno mentre gli altri nella stanza sono girati, non c’è problema, così come se riuscite a far sparire il corpo prima che qualcuno lo veda. Con un po’ ti attenzione e pazienza, data anche la mancanza di limiti di turni al completamento delle missioni, è spesso possibile completare i propri obbiettivi passeggiando tranquillamente per le mappe, indisturbati. Si passa agevolmente da un estremo all’altro, anche perché le misure di sicurezza messe in campo dai nostri avversari non sono delle più brillanti: se staccate le telecamere i sensori a infrarossi delle porte nessuno si pone domande o si prodiga a riattivarli, ad esempio. Il gioco passa così dall’essere frustrante all’essere a volte una passeggiata in campagna. Quando invece veniamo scoperti, o decidiamo di completare una missione con il pugno duro, dobbiamo essere pronti a manipoli di nemici che arrivano a pioggia ogni uno, due o tre turni a dare manforte a quelli già presenti nell’area, dando luogo a situazioni improbabili come quando mi son ritrovato con i rinforzi nemici “spawnati” nell’area dove avevo piazzato gli agenti di supporto a quello che si stava infiltrando, in caso di emergenza. E non vicino, proprio in mezzo. Purtroppo Phantom Doctrine non riesce a restituire quel senso di infiltrazione che dovrebbe, così come non riesce a essere divertente e appagante quando si prendono in mano le armi.

La vita di un agente segreto non è però solo fatta di infiltrazioni, soprattutto quando si ha per le mani un intero gruppo di agenti da gestire. Le altre meccaniche di Phantom Doctrine sono per alcuni versi di contorno, tanto che non vale molto la pena approfondirle: si possono far concentrare agenti nella realizzazione di oggetti da portare in battaglia come bombe, grimaldelli o medikit, o fargli raccogliere informazioni per noi, o magari farli concentrare sull’antica arte della falsificazione di denaro per dare un buon boost alle nostre entrate. A fianco di queste meccaniche poco particolari ce ne sono altre più interessanti, come la possibilità di sviluppare tecnologie per il controllo mentale, che possiamo ugualmente utilizzare sui nostri agenti o su quelli avversari catturati, per avere un vantaggio tattico in battaglia o per contrastare il controllo mentale operato dai nostri avversari.

Le due caratteristiche più peculiari della parte gestionale di Phantom Doctrine sono però i documenti di cui entriamo in possesso avanzando nel gioco e la mappa del mondo. Per quanto riguarda i file secretati, dopo aver trovato i vari elementi utili a venire a capo del fascicolo sarà possibile unire le parole chiave di ognuno fino a trovare il bandolo della matassa, cosa che spesso offre interessanti spunti narrativi che però principalmente rimangono solo spunti. Certo, non posso negare il fascino di “avere per le mani” fogli che mettono insieme elementi del gioco con elementi noti della nostra storia, come Propaganda 2 o l’omicidio di Roberto Calvi, ma sembra troppe volte trattarsi più di collegamenti estemporanei messi lì per dare un po’ di contesto che per essere effettivamente utili.

La mappa di gioco è invece la parte di Phantom Doctrine su cui probabilmente passeremo più tempo. Da qui potremmo raggiungere le missioni principali, per avanzare nella main quest, ma anche proseguire nella gestione di routine della nostra cellula. Il principio di funzionamento è semplice: ogni poco tempo compariranno delle situazioni su cui indagare dalla mappa, che variano da attività nemiche alla scoperta di informatori. In caso di attività nemiche sarà necessario fermarle, e agendo tempestivamente si potrà fare senza una missione tattica in loco, ma semplicemente anticipando il nemico. Altrimenti, con lo scorrere del tempo, sarà necessario intervenire in prima persona per uccidere l’agente avversario. Le missioni di questo tipo, così come quelle della storia principale, danno la possibilità di fare una ricognizione preliminare (automatica), in grado di svelare la mappa di gioco, le posizioni di nostri obbiettivi ma soprattutto danno la possibilità di infiltrare un agente, rendendo il tutto molto più agevole. Questo significa che, superati i primi momenti di spaesamento, reagire con rapidità e avere agenti sparsi per il mondo in modo da raggiungere subito le nostre destinazioni sarà di fondamentale importanza per non andare in battaglia ogni cinque: un’ottima cosa per la nostra sanità mentale, data l’effettiva ripetitività delle missioni sul campo secondario.

Avendo accennato ai momenti di spaesamento, è bene parlare seppur brevemente dell’inadeguatezza del tutorial di gioco. Solo la missione introduttiva assolve a queste funzione, lasciandoci scoprire da soli tutte le tantissime e nascoste micromeccaniche del gioco. E se pensate che sia un pregio perché il gioco rispetta la nostra intelligenza, beh, non è così. Cadere dal pero perché il gioco da un momento all’altro sblocca una nuova funzione senza che ci sia stata spiegata, o quantomeno segnalata la sua esistenza, è tutt’altro che piacevole. A questo bisogna accostare una traduzione italiana mediamente fatta male, e a tratti proprio drammatica, che certamente non aiuta a capire determinate cose per chiunque non abbia voglia di giocare in inglese.

Sotto il profilo tecnico, Phantom Doctrine è un gioco senza infamia e senza lode. Rende bene l’atmosfera losca dello spionaggio internazionale, e ha una discreta direzione artistica, senza far gridare al miracolo: è semplicemente funzionale. Giocando su PC non ho riscontrato particolari bug o crash, se non durante una partita in cui è a un certo punto sparito l’audio di gioco senza un apparente motivo. Nulla di grave, o di irrisolvibile con un riavvio del gioco.

Verdetto

Phantom doctrine è un gioco che con qualche rifinitura in più avrebbe potuto dire la sua, e invece si ferma alla mediocrità. Il sistema di combattimento è potenzialmente interessante, ma si scontra con alcuni problemi di funzionamento non da poco: i proiettili che passano attraverso muri e cose fanno crollare tutto il sistema di posizionamento fondamentale in questo tipo di giochi, e le missioni con travestimento diventano fin troppo semplici. Le idee sull’analisi dei documenti di cui entriamo in possesso è interessantissima, ma la realizzazione è finale lascia il tempo che trova, così come la mappa del mondo, sulla quale le azioni da compiere diventano ridondanti. Rimane una grandissima atmosfera e un contesto storico tra i più interessanti nella Storia Contemporanea, impreziosito dall’inserimento di fatti, organizzazioni e personaggi reali che non potrà che mandare in estasi gli appassionati della Guerra Fredda.

Se vi stuzzica Phantom Doctrine…
Se vi interessa il genere di appartenenza di Phantom Doctrine non possiamo che consigliarvi XCOM 2 e relativo DLC. Se invece vi interessa un’alternativa più storica, seppure filtrata sotto una lente particolare, potete sempre recuperare Valkyria Chronicles Remastered, o attendere il suo seguito Valkyria Chronicles 4

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.