Dopo un episodio sottotono, The Coalition innova e migliora la serie con lo splendido Gears 5

La storia di Gears of War, prima di Gears 5, è stata una parabola. Il primo fu una rivoluzione, perché nonostante non abbia inventato lo sparatutto a coperture ha certamente aperto la strada a decine di titoli successivi che proprio sulla meccanica del muretto trovavano le fondamenta del loro impianto ludico. I titoli successivi, fino al terzo, furono un crescendo, poi con Judgment la situazione peggiorò, fino ad arrivare a Gears of War 4, primo titolo di The Coalition.

Innegabilmente i fattori in gioco che hanno portato a una flessione della qualità della serie sono molti, non solo attribuibili a The Coalition, per rimanere sul solo Gears of War 4. Il gioco era certamente un po’ troppo conservativo, ma questo sarebbe un problema relativo dal momento che i primi Gears of War reggono piuttosto bene il tempo che passa. C’era un problema di ritmo principalmente, c’erano troppi combattimenti simili tra loro e l’approccio a questi era sempre un po’ piatto.

Insomma, per farla breve, era l’ennesimo gioco uguale a qualcosa a cui avevamo già giocato, che si limitava a “fare i compiti” senza applicarsi.

Gears 5 è però un’altra cosa. Gears 5 è la prova che The Coalition quando si applica riesce a prendere una serie che è sempre stata troppo legata ai propri stilemi, sia nel gameplay che nei toni del racconto, e riesce a plasmarla, cambiandola fino a svecchiarla del tutto utilizzando non le grandi rivoluzioni (o non solo, almeno), ma anche e soprattutto limando agli angoli. Gears 5 altro non è che Gears nel 2019. Un gioco più grande, con più cose da fare, con più meccaniche e con un racconto più intimo, senza però perdere il tono scanzonato e cameratesco.

Si può inoltre intravedere in Gears 5 quello che potrebbe essere il futuro della serie: sempre meno susseguirsi di stanze in cui sparare a orde di avversari e sempre più avventura di ampio respiro. La più grande novità di questo nuovo episodio sono infatti le aree aperte, esplorabili a bordo dello Skiff (una sorta di slitta a vela). In queste aree, due per la precisione, vedremo il mondo di Gears come non è mai stato possibile.

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Lo Skiff

Nuova protagonista, nuovo racconto, nuovi toni…

Gears 5 si apre con un riassunto del quarto episodio, e prontamente ci mette nei panni di JD, già protagonista di Gears of War 4 e figlio di Marcus Fenix. Il gioco riparte proprio dal capitolo precedente, che è quindi utile aver giocato nonostante il riassunto iniziale possa ritenersi più che sufficiente per capire le vicende che si andranno ad affrontare.

Non vi racconteremo niente della trama per evitare spoiler, soprattutto in virtù del fatto che Gears 5 è veramente pieno di colpi di scena inaspettati. Oltre al susseguirsi degli eventi c’è però molto altro da dire sull’aspetto narrativo del gioco. Il cambiamento più evidente è la protagonista, Kait, anche lei già apparsa nel quarto episodio.

Con Kait cambia anche il tono, che diventa meno machista. Non mancano ovviamente le battute da fimaccio americano, così come non si perde lo spirito cameratesco cazzone che ha sempre contraddistinto la saga.

Possiamo citare Kait in una scena del primo atto, mentre due suoi compagni si sfidano a combattere senza un motivo apparente: “Sono abbastanza sicura di non avere quello che vi state misurando in questo momento, sapete?“.

Insomma, una battuta che cristallizza il nuovo tono di Gears 5. Ugualmente il racconto parla meno di omoni in armatura che spaccano tutto quello che trovano davanti guadagnando centimetri, e anzi mette per buona parte dell’avventura al centro Kait e le sue vicende personali, che se certamente vanno a braccetto con la guerra, con l’esercito e con determinate scelte politiche dei COG, riescono ad avere un loro spazio ben circoscritto, quasi preponderante, all’interno dell’avventura.

La sensazione è quella di una serie che, esaurite le possibilità di stare in piedi sul solo machismo da spogliatoio, cerca la sua strada altrove, senza negare quello che è stato prima ma anzi usandolo come trampolino per un nuovo corso, più ponderato. Un po’ come Kratos che scopre l’introspezione dopo aver costruito una carriera sullo spaccare crani, insomma.

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…e nuovo gameplay!

Al cambiamento nei toni è andato di pari passo un importante cambiamento nel gameplay. Se, come si è detto, i titoli precedenti erano un susseguirsi di stanze in cui abbattere locuste, Gears 5 guadagna un respiro molto più ampio. Ovviamente non mancano le sparatorie, che però sono dosate in modo molto più certosino – non diventano mai ridondanti come nel quarto episodio – e in qualche modo hanno sempre ragion d’essere, non restituendo mai la sensazione di essere un riempitivo. Vicino agli scontri troviamo però momenti di esplorazione più rilassati, puzzle e timidi accenni di stealth.

Il risultato è un bilanciamento perfetto dell’esperienza, come se The Coalition sapesse quando rallentare e quando invece ingranare la quinta. La più grande introduzione è però il già citato Skiff. In due precisi momenti del gioco ci verrà messa a disposizione questa slitta, e utilizzandola saremo in grado di esplorare liberamente delle aree decisamente ampie.

In queste macroaree sono sparse delle zone da scoprire e da esplorare per portare a termine missioni secondarie che a volte ci verranno assegnate, altre volte invece si attiveranno all’ingresso nell’area. Nonostante non si tratti mai di niente di particolare sotto il profilo ludico – fondamentalmente sparatorie – spesso avremo qualche nuovo dettaglio di lore e dei potenziamenti per Jack, di cui vi parleremo più avanti.

Queste missioni possono essere ovviamente saltate a piè pari per andare dritti all’obiettivo principale, ma è interessante e piacevole portarle a compimento nonostante la varietà sia piuttosto scarsa, perché non si dilungano mai più del dovuto, riescono spesso a essere interessanti sul piano della costruzione del mondo di gioco e soprattutto garantiscono interessanti ricompense.

Questo guardare all’open world non intacca la struttura di base di Gears 5, che rimane simile a quella dei vecchi titoli, suddivisa in atti e capitoli. Non c’è backtracking, non c’è possibilità di tornare ad esplorare le zone lasciate incompiute.

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Robottini, sparatorie e un po’ di RPG

Si è citato Jack e si sono citati i suoi potenziamenti, ed è quindi il momento di parlare di quest’altra novità. Per tutto il corso dell’avventura saremo accompagnati da un piccolo robot volante, Jack per l’appunto, che ci aiuterà nella risoluzione degli enigmi, ma anche nel combattimento.

Le funzioni di Jack sono diverse, e avanzando nel gioco ne troveremo di nuove, tra scudi in grado di proteggere il gruppo e capacità di dare momentanea invincibilità. Le capacità di Jack sono di fatto la versione di Gears 5 delle skill di qualsiasi TPS/RPG, e quindi è possibile potenziarle utilizzando oggetti che si trovano, spesso nascosti, all’interno delle aree. Altri potenziamenti invece, quelli detti Ultimate, sono ottenibili soltanto completando le varie missioni secondarie.

Le abilità di Jack sono divise tra attive e passive. Se chiaramente quelle attive sono quelle che gli chiederemo di usare, quelle passive regolano il comportamento spontaneo del robot e le sue possibilità di agire. Potremo ad esempio sbloccare la possibilità di farci portare attraverso il campo di battaglia delle armi pesanti, oppure la possibilità di far rianimare a Jack un compagno morente.

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Per quanto possa sembrare poco rilevante, quando poi ci si trova in situazioni particolarmente difficili diventa chiaro come Jack possa cambiare le sorti di uno scontro, e di conseguenza quanto può essere importante il suo sviluppo e utilizzo nelle difficoltà più alte.

Se quindi Jack sparpaglia le carte in tavola, come è cambiato il combattimento? Nella sostanza non è cambiato, è rimasto sempre il medesimo. Al netto delle classiche introduzioni come nuove armi o nuove nemici, Gears 5 si gioca in modo simile ai predecessori, tanto che l’unica vera innovazione negli scontri è proprio il robottino volante (non che sia una novità di poco conto, eh!).

I nemici sono aggressivi e tentano tattiche di accerchiamento, e di conseguenza il posizionamento e il movimento sul campo diventano fondamentali. La gestione tattica degli spazi, che si tratti di avanzare o di retrocedere, o magari anche di accerchiare l’avversario rimane il perno attorno a cui ruota il combattimento di Gears 5, a cui si unisce appunto Jack con le sue innumerevoli funzioni da cambiare on the go per avere vantaggi specifici in momenti specifici.

Il gioco è però complessivamente più veloce e snello, meno legnoso dei precedenti. Questo è vero in combattimento, ma soprattutto nelle fasi esplorative, dove spesso cambiano proprio le animazioni dei personaggi per favorire un movimento più naturale in una situazione rilassata. In questi casi si dimentica quasi di star giocando a Gears 5, tanto è il cambiamento rispetto al passato per favorire un approccio diverso all’esplorazione.

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Un gioco (quasi) tecnicamente ineccepibile

Alla sua uscita nel 2006 Gears of War era non solo un gioco eccellente, ma anche il primo vero esempio dell’allora next gen per quanto riguarda l’aspetto tecnico. Era il primo gioco ad utilizzare l’Unreal Engine 3, e i risultati erano assolutamente fuori di testa. Nel 2006 Gears of War era il top sotto il profilo grafico.

Nonostante con gli anni nessun episodio abbia più ripetuto l’effetto “wow” del primo titolo, sicuramente parliamo di una serie sempre eccellente sotto il profilo grafico, e Gears 5 non fa eccezione (le immagini che vedete non sono immagini promozionali, sono state tutte “scattate” da noi).

Il gioco è stato provato su PC con impostazioni grafiche quasi interamente settate al massimo con risoluzione 1080p. La configurazione di prova è stata: Intel i7-7700HQ, GTX 1070 e 16GB di RAM, installato su HDD e non su SSD.

La resa grafica è ottima, con modelli ricchi e texture estremamente definite. A questo si aggiunge un sistema di illuminazione coi fiocchi. Quello che è più interessante è però l’ottimizzazione del tutto. A parte rarissime situazioni in cui ci sono stati momentanei cali di framerate, il gioco si è tenuto sempre stabilissimo sui 60fps, nonostante non siano usciti driver dedicati e la configurazione di prova non sia proprio nuovissima.

Paradossalmente i problemi sono sorti invece durante le cutscene, con il cap a 30fps. Nei passaggi tra una scena e l’altra, ma più raramente anche casualmente, il gioco ha mostrato dei veri e propri crolli nel framerate. Ci auguriamo che si tratti di un problema relativo alla build da noi provata, a cui probabilmente mancavano le ultime patch (e magari anche dei driver dedicati da parte di Nvidia).

Segnaliamo inoltre che, come in Gears of War 4, le impostazioni video sono ricchissime, e spiegano dettagliatamente la funzione delle varie voci e l’impatto che queste hanno su CPU e GPU.

Gears 5 segna la rinascita di Gears of War

Insomma, Gears 5 è un gioco eccellente. The Coalition è riuscita a svecchiare brillantemente una serie che aveva bisogno di aggiornarsi, soprattutto dopo un quarto capitolo sottotono e ripetitivo.

Le introduzioni fatte dallo sviluppatore sono pesate col bilancino, aggiornano, aggiungono e migliorano senza snaturare il materiale di partenza, discostandosene solo dove era strettamente necessario.

Grazie a una campagna ricca, alle tante cose da fare e a una struttura complessivamente più snella e più varia, Gears 5 si rivela un must buy per tutti gli appassionati della serie, in particolar modo per quelli che erano rimasti delusi da Gears of War 4 o per quelli che si erano stancati di passare ore “solo” falciando orde di locuste.

Qui c’è di più, tanto di più, sia in termini quantitativi che qualitativi. E poi è incluso con Xbox Game Pass, che forse con Gears 5 ha tirato fuori la prima, vera bomba distribuita a partire dal day one “gratuitamente.

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.