Anime ribelli, Valchirie e Déi crudeli: Record of Ragnarok e la nuova concezione del divino su Netflix

L’arrivo dell’anime di Record of Ragnarok, distribuito su Netflix in questi giorni, ci pone l’occasione di analizzare la storia creata da Takumi Fukui e Shinya Umemura, a cui danno corpo i disegni di Chika Aji. Perché sono due le chiavi di lettura che possono essere individuate in questo manga.

Superficialmente potremmo dire di trovarci di fronte a un manga basato solo sulle scazzottate. Magari un battle shōnen come tanti. In fondo, al centro di quest’opera, c’è un torneo di lotta tra uomini e divinità, tredici scontri mortali in cui le anime dei “guerrieri” più forti della storia si confrontano con gli dèi loro creatori. Certo, forse la componente della battaglia finisce per non essere così predominante in questo fumetto. Più importanti sono le storie dei partecipanti a questo scontro, ciò che ha reso umani e divinità quello che sono.

Ed è qui che Record of Ragnarok si rivela per quello che è veramente: un magnifico manga Seinen, volto a mettere in luce i lati migliori dell’umanità e il rapporto che nel corso di millenni di storia li ha connessi al divino. Nella religione esiste una componente di disparità che rende l’essere umano meno umano. E il manga appena trasposto da Netflix parla esattamente di questo. Di come la razza umana abbia la forza di sopravvivere e confrontarsi col divino, ribaltando l’altare quando necessario. Solo che lo fa a suon di cazzotti!

Record of Ragnarok in fondo parla proprio di questo, della necessità “freudiana” di uccidere il proprio padre-padrone divino. E lo fa con momenti di lirismo e dramma capaci di toccare le corde più profonde dell’essere umano, rendendo i lettori così partecipi da tifare (avete letto bene, tifare!) per i rappresentanti dell’umanità. E, per nostra fortuna, l’anime di Record of Ragnarok non fa eccezione. I contenuti sono quelli, la lotta per affermare l’indipendenza della razza umana dagli dèi. Anche se, quando si parla di tecnica, siamo distanti dal miglior prodotto possibile. Per usare un eufemismo.

Record of Ragnarok: un anime per raccontare la fine della storia

Nel caso non abbiate ancora letto Record of Ragnarok o non abbiate avuto modo di vedere l’anime, sappiate che la storia è molto semplice. Il concilio delle divinità comandato da Zeus, comprendente ogni singolo essere divino adorato dalla razza umana nella sua storia, ha decretato lo sterminio dei mortali. A questa decisione si oppongono le Valchirie, comandate da Brunilde, la quale sfida gli dèi a sottoporsi al torneo del Ragnarok. Tredici divinità e tredici mortali si affronteranno per decretare la fine o la sopravvivenza della stirpe umana. La prima fazione che otterrà sette vittorie sarà dichiarata vincitrice.

Lo scontro tra dèi e umani in realtà è impossibile e le Valchirie lo sanno bene. Per questo motivo le guerriere celesti ricorrono al Volund, una magia che trasforma il corpo delle divinità norrene in un’arma divina, legando la propria anima e il proprio destino a quello dell’umano con cui combatteranno. Questo concederà ai mortali una chance di vittoria ma, in caso di sconfitta, Valchiria e umano andranno contro all’annichilimento.

Lo scontro vede così alcune delle divinità più forti della storia, come Thor, Zeus, Shiva e Poseidone, affrontare i rappresentanti della razza umana, provenienti da ogni epoca e paese del mondo. Figure storiche e leggendarie, che ottengono il titolo di Einherjar, combattenti deicidi. I primi tre a rappresentare la razza umana saranno Lü Bu Fengxian, Adamo e Sasaki Kojiro.

Ma ogni scontro non sarà solo l’occasione di vedere duellare le divinità con alcuni dei più noti personaggi del passato. Vedremo infatti anche le storie dei protagonisti, racconti che andranno a riscrivere i miti e le biografie di individui leggendari e quasi leggendari. Storie che, forse, sono le vere protagoniste di questa opera.

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L’ultima speranza della razza umana

Che un’opera incentrata su un torneo di lotta non abbia al suo centro degli scontri può apparire bizzarro. Eppure è difficile considerare i vari duelli del Ragnarok, osservati dallo sguardo severo di Brunilde, come i principali protagonisti della vicenda. Certo, alcuni di questi scontri sono dotati di un impatto emotivo non indifferente. Da lettori ci si può trovare a sperare per la vittoria del rappresentante della razza umana, un po’ come fa il pubblico dell’arena.

Quello su cui si regge questa possibilità è l’appello ad alcuni dei sentimenti migliori dell’animo umano. L’istinto di protezione per i propri consanguinei, la gioia nel volersi migliorare ulteriormente, la consapevolezza di aver trovato finalmente qualcuno da poter chiamare amico (e rivale). Queste sono alcune delle sensazioni che è possibile vivere durante la visione dell’anime, un turbine di sentimenti che riesce a rendere giustizia all’opera originale.

Record of Ragnarok è un calderone di anime ribollente, nel quale si concentrano storie di esseri umani provenienti da luoghi e tempi diversi. Ognuno dei contendenti umani del Ragnarok ha motivi diversi per gareggiare: c’è chi desidera solo trovare un rivale degno, come Lü Bu, e chi invece è mosso dal sincero desiderio di difendere la razza umana, come Adamo. O dall’istinto di essere migliori, come Kojiro.

Questo si traduce in una serie di tematiche diverse, approfondite di volta in volta all’interno dei singoli scontri, portate avanti dipingendo con maestria la psiche dei personaggi. All’interno dell’opera è difficile incontrare un personaggio la cui psicologia non sia stata descritta nel migliore dei modi. Lo scontro con gli dèi, una situazione disperata, pone delle figure archetipiche della narrativa internazionale e del fumetto giapponese in situazioni disperate. Ed è proprio nell’ora più buia che l’essere umano riesce a mostrare il meglio di sé.

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Ribaltare l’altare

Come accennato una chiave di lettura di Record of Ragnarok può essere fornita proprio dal complesso rapporto che lega l’essere umano al divino. Una riscrittura compiuta a suon di pugni, colpi di spada e tecniche mortali. Ma andiamo con ordine.

Il divino o, per meglio dire, la concezione della divinità da parte dell’essere umano e il suo rapporto con essa, fanno parte della nostra razza dall’alba dei tempi. Nei millenni si sono succedute innumerevoli divinità sugli altari e altrettante sono state infine tirate giù dagli stessi. Gli dèi nascono, vivono e muoiono. E proprio la morte delle divinità pare essere uno dei cardini di Record of Ragnarok.

La sconfitta degli dèi va ben al di là della mera narrazione. L’uomo deve sapersi svincolare dal divino o, per meglio dire, da quel lato della religione che prevede il suo totale assoggettamento e il mantenimento del suo stato di inferiorità. Le divinità viste in Record of Ragnarok sono in effetti quasi tutte negative: non c’è la volontà di proteggere i propri fedeli, guidarli e avere cura delle loro anime. Solo un desiderio (morboso) di affermare la propria superiorità. Una linea tracciata sulla sabbia dell’arena, che gli umani dovranno attraversare per elevarsi.

Il superamento dell’ultimo ostacolo, quello rappresentato dalla divinità, pone l’essere umano di fronte alla necessità di superare i propri limiti, di migliorare se stesso per riuscire ad abbattere il dio di fronte a sé. Un po’ come il rapporto tra esseri umani e dèi così come ci è stato descritto nei libri di Friedrich Nietzsche. Gli umani che scendono nell’arena del Ragnarok riescono ad affrontare le divinità elevandosi sopra la propria condizione. Non quella di essere umano, ma quella di guerrieri, padri, spadaccini. O assassini. Solo superando se stessi, rendendosi qualcosa in più di ciò che sono sempre stati per la storia, gli Einherjar appaino in grado di trionfare.

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Lontani dal Paradiso

Dal punto di vista del contenuto l’anime di Record of Ragnarok ci appare come un’opera rispettosa del manga originale. Le tematiche e i personaggi che rendono meritevole questo seinen sono mantenuti nel corso degli undici episodi della prima stagione. Potremmo allora pensare a un’opera ben riuscita, effettivamente meritevole. Se non fosse per un comparto tecnico con animazioni ridotte all’osso.

Partiamo da un presupposto: non ci troviamo di fronte alla stessa penuria di animazione vista ne La Via del Grembiule. Ma la qualità dei filmati, specie nelle scene di lotta, non è certo delle migliori. Se ci si limita a considerare Record of Ragnarok come un racconto basato sui duelli, senza considerare l’approfondimento psicologico presente nei personaggi e le tematiche dell’opera, siamo di fronte a un prodotto a malapena sufficiente dal punto di vista tecnico.

C’è tuttavia da considerare quanto abbiamo più volte ripetuto nel corso dell’articolo: i combattimenti, all’interno di Record of Ragnarok, sono di secondaria importanza, e questo è vero anche per l’anime. Sorge quindi il dubbio che questo tipo di animazione sia una scelta stilistica, qualcosa di ricercato e voluto. Di certo in tal caso non è stato fatto un buon lavoro da parte della promozione di Netflix. Chi non conosce il manga potrebbe aspettarsi un altro tipo di opera, trovandosi così davanti a qualcosa di completamente diverso. Una sensazione di delusione che certo non aiuterà la fruizione dell’anime.

Nel complesso l’anime di Record of Ragnarok sembra comunque superare la sua prova maggiore. Siamo di fronte a una buona trasposizione del manga di Fukui, Umemura e Aji. Perché alla fine, ciò che vuole il lettore, non è vedere Adamo dare un cazzotto in piena faccia a Zeus. Ma è sentirlo il ribadire il suo sentimento paterno verso l’intera umanità.

Federico Galdi
Genovese, classe 1988. Laureato in Scienze Storiche, Archivistiche e Librarie, Federico dedica la maggior parte del suo tempo a leggere cose che vanno dal fantastico estremo all'intellettuale frustrato. Autore di quattro romanzi scritti mentre cercava di diventare docente di storia, al momento è il primo nella lista di quelli da mettere al muro quando arriverà la rivoluzione letteraria e il fantasy verrà (giustamente) bandito.