Dal 23 luglio su Netflix, Red Blood Sky, un film che mescola horror e thriller e unisce le due grandi fobie del XXI secolo.

Chi lo dice che i buoni film d’azione li sanno fare solo gli americani? Nonostante la tradizione conti i migliori esempi del genere nel cinema USA, abbiamo diversi casi che dimostrano il contrario. Red Blood Sky può essere uno di quelli, pur non toccando chissà quali vette eccellenti. Netflix aggiunge al suo catalogo questo thriller horror di produzione tedesca, girato quasi interamente a bordo di un aereo transcontinentale. Firma la regia Peter Thorwarth, che scrive anche la sceneggiatura insieme a Stefan Holtz. Nel cast nessun volto noto al pubblico internazionale, ma tutti attori validi nella parte – aiutati anche da un buon lavoro di trucco e prop.

Red Blood Sky ha una struttura che fa sì che il colpo di scena capovolga il genere in corso d’opera. Insomma, un po’ come succede nel molto più famoso e molto meglio riuscito Dal tramonto all’alba di Robert Rodriguez, Red Blood Sky non sembra un film sui vampiri, finché non diventa un film sui vampiri. E questo aiuta senz’altro a rendere più credibile l’orrore che si sviluppa fino all’apice finale.

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Stefan Holtz e Peter Thorwarth intercettano due delle maggiori fobie del XXI secolo e le mettono in scena, unite dall’elemento soprannaturale. Se da un lato l’11 settembre ha traumatizzato il mondo con l’incubo del terrorismo internazionale, il Covid-19 ha diffuso il panico da infezione e malattia. Red Blood Sky è esattamente questo, un film che parte con un dirottamento aereo (compiuto da un gruppo di estremisti islamici, tra l’altro) con una protagonista gravemente malata, di cui non si capisce la patologia. Si sa solo che è dipendente dalle sue pillole e che senza di esse il suo destino diventa estremamente precario, se non addirittura segnato. Ma cosa ha Nadja (Peri Baumeister)?

Conosciamo la protagonista in una condizione di forte debilitazione fisica, aiutata dal figlio Elias (Carl Anton Koch) a imbarcarsi sul volo Transatlantic per New York, per raggiungere il dottor Brown, l’unico in grado di aiutarla. Durante i primi venti-trenta minuti del film, in effetti, la tensione nasce proprio da questo: cosa ha imbarcato Nadja sull’aereo e riuscirà a sopravvivere nonostante il gruppo di terroristi abbia cambiato la destinazione del volo?

Il turning point accende l’interesse

Premettiamo che non si può fare una recensione di Red Blood Sky senza incorrere in spoiler, perché altrimenti si avrebbe molto poco di cui parlare. La svolta di trama che avviene a circa un terzo del film, infatti, costituisce la caratteristica principale di questo thriller. Attraverso un flashback (evocato in un momento estremamente critico) Nadja mostra al pubblico in che consiste questo suo misterioso malanno: la donna è un vampiro. Negli anni (l’incidente che ne provoca la trasformazione avviene quando Elias è neonato) la protagonista ha imparato a tenere a bada questo morbo, che la rende una bestia assetata di sangue capace a stento di riconoscere i propri cari. Ecco la funzione delle medicine che nervosamente porta sempre con sé, ecco l’urgenza di trovare una cura negli Stati Uniti.

I terroristi, una squadra ben variegata di psicopatici e violenti, dove spicca il sadico Eightball – Alexander Scheer, neanche immaginano in che razza di guaio si sono andati a cacciare. Tantomeno i passeggeri, vittime totali e innocenti di una delle situazioni peggiori che si possano immaginare. Anche l’ambientazione claustrofobica dell’aeroplano, dove nessuno può entrare e nessuno può uscire ha dato luogo a diversi esempi di genere action più o meno riusciti. Parafrasando un precedente, qui non ci sono serpenti su un aereo, ma vampiri. Vampires on a plane.

Red Blood Sky su Netflix e la sua eleganza weird

Tra tutti gli aggettivi che si potrebbero dare a Red Blood Sky, “elegante” potrebbe sembrare il meno probabile. Eppure, questo film su Netflix, nonostante il concetto di base, riesce a non scivolare nel trash. Sarà per l’estetica alla Murnau usata per rendere la protagonista (quindi un plauso all’omaggio alla propria cinematografia), sarà per l’uso sapiente dell’audio – dove nel buio emergono solo i latrati di questi uomini-bestia a caccia di sangue fresco. In ogni caso, non mancano i momenti meno raffinati e – se Nadja sembra una versione efebica e contemporanea di Nosferatu – gli altri sembrano provenire più Sunnydale, la cittadina di Buffy l’Ammazzavampiri.

La sfida per autore e regista non era semplice: confrontarsi con una cinematografia più ricca (economicamente e non solo), che conta nei suoi annali esempi che passano senza mezze misure dal cult al trash (cosa che in alcuni casi coincide). Sicuramente non un tipo di film naturalmente incline a soffermarsi sul dramma, sul disagio della malattia e sulla voglia – fino all’ultimo – di farcela. Eppure, Red Blood Sky in qualche modo ce la fa e in un catalogo Netflix che conta molti bei film ma anche tante opere mediocri, riesce a collocarsi nella fascia delle proposte “interessanti”. Consigliato per chi cerca horror non scontati e ama vedere i generi dialogare e produrre qualcosa di – tutto sommato – diverso.

Francesca Torre
Storica dell'arte, giornalista e appassionata di film e fumetti. Si forma come critica tra Bari, Bologna, Parigi e Roma e - soprattutto - al cinema, dove cerca di passare quanto più tempo possibile. Grande sostenitrice della cultura pop, segue con interesse ogni forma d'arte, nella speranza di individuare nuovi capolavori.