Relazione pericolosa è un thriller che cerca l’intrigo e il piccante, trovando solo poco ritmo e indifferenza 

Nel corso del tempo le linee editoriali di Netflix diventano sempre più marcate, andando a evidenziare tendenze e movimenti con cui la piattaforma sembra decisa a voler riempire la sua library di prodotti originali, seguendo mode e gusti d’appeal per un pubblico sempre più generalista, che dalla tv commerciale ha virato direttamente sulla famosa finestra digitale.

Un andamento che incentiva le produzioni, ma non sempre ne rispecchia un equivalente qualitativo, finendo per collezionare una serie di opere tutte più o meno dai medesimi requisiti, che riescano poi a risultare meritevoli anche solo di una visione nello spazio di Netflix.

E proprio una visione è ciò che non sarebbe necessario concedere a Relazione pericolosa, thriller dalle aspirazioni sensuali, tese ed erotiche della piattaforma, ma che ne riconferma la povertà stilistica, artistica ed immaginativa che troppo spesso vediamo susseguirsi nei prodotti fruibili in streaming.

Una percentuale che va alzandosi vista anche l’immensità di serie e film che ogni giorno rimpolpano le categorie del servizio, ma che al netto di capolavori d’autore o pellicole di reale intrattenimento, tende ad adagiarsi su canoni fin troppo facili e spesso stereotipati, creando narrazioni infruttuose che non recano alcun beneficio tanto alle fila delle opere Netflix, quando agli spettatori.

Relazione pericolosa e il thriller inverso ad Attrazione fatale

Così, nel suo distendersi in un film sullo stalking tra presunti omicidi e baci incandescenti di una notte, Relazione pericolosa persegue quelle direttive sessuali che ultimamente agganciano l’interesse di Netflix e, quindi presumibilmente, lo spettatore, dimenticando però che non bastano solamente rapporti torbidi per incastrare qualcuno, ma servirebbe al contempo una struttura narrativa e una conoscenza adeguata del genere per farne funzionare i meccanismi.

Dilungandosi inverosimilmente in una storia che sembra infinita nonostante la sua sola ora e mezza di durata, la pellicola diretta da Peter Sullivan – e scritta da quest’ultimo assieme a Rasheeda Garner – difetta gravemente nei termini del thriller nonostante il suo cercare costantemente di impostarlo, abbozzandone i caratteri, ma peccando lì dove tenta di esprimere originalità.

Nel suo mostrare la vita perfetta della protagonista Ellie Warren (Nia Long), Relazione pericolosa reimposta i meccanismi del più famoso Attrazione fatale declinando la totale assenza di iniziali legami tra i protagonisti di Michael Douglas e Glenn Close a una conoscenza pregressa tra quelli degli attori Nia Long e Omar Epps.

Una frequentazione che risale ai tempi del college e che potrebbe intraprendere nuove svolte dopo l’incontro a vent’anni di distanza tra il personaggio di Ellie e del suo collega David, ma che dopo una focosa notte in discoteca si trasforma in un prolungato incubo di persecuzione di cui la donna diventerà la preda.

La poca credibilità dello stalker di Omar Eppsrelazione pericolosa

Invertendo i ruoli di potere del film del 1987 di Adrian Lyne, dove è stavolta l’uomo a oltrepassare il limite dell’ossessione incastrandosi in una gabbia di distorsione della realtà, l’opera di Peter Sullivan dà prova di un’ingenuità del racconto che annulla qualsiasi senso di pericolo all’interno delle dinamiche tra personaggi, attraversando dunque note tappe del thriller, ma sbavandone la tensione a causa di una presunta originalità.

Una struttura che, anche se comprovata, vede aggiungersi dei ghirigori narrativi che palesano la loro volontà di porsi come tocchi da maestro, quando in verità dimostrano un’anima dilettantesca che non è certo la presunta sfumatura piccante a poter rendere più suggestiva o intrigante. 

Il pericolo più grande del film: la noiarelazione pericolosa

Una semi-amatorialità che estranea completamente dagli incastri della pellicola, così come il voler rendere partecipe lo spettatore dei disturbi psichici e comportamentali del personaggio interpretato – apaticamente e superficialmente – da Omar Epps, smorzando di scena in scena, di sequenza in sequenza, qualsiasi mistero o pericolo che possa avvolgere il suo stalker, depotenziando in questa maniera la gravità di ciò che potrebbe succedere.

Mala gestione delle problematiche dell’uomo assunta anche dall’attore e dalla sua poca credibilità nei panni dell’hacker David Hammond, che non sono purtroppo i tentativi della co-protagonista Nia Long a riuscire a compensare, braccata anche lei non solo dal suo nemico sullo schermo, ma da una storia di cui, se lo spettatore può fare a meno, la vede invece costretta a rimanere bloccata nella sua inerzia.

Prendendosi eccessivo tempo, colpa che è da attribuire più al poco ritmo che il film si ritrova a dover seguire, Relazione pericolosa annulla continuamente i momenti di maggior rischio e prova il salto al thriller serio rimanendo, però, solo molto commerciale. Un film che di pericoloso ha poco, se non la capacità con cui lo spettatore se ne potrebbe dimenticare.