Avete mai grindato? Avete mai craftato? E backstabbato?

Come racconta l’autore Simone Barbieri, il Glossario dei videogiochi è nato dalla sua tesi magistrale in Italianistica e Scienze Linguistiche, anche se non direttamente come Glossario, bensì come trattazione dell’influenza dell’inglese sull’italiano attraverso i videogiochi. Solo successivamente ha assunto la veste di un volume, grazie alla collana Game Culture, curata da Emilio Cozzi, Andrea Dresseno e Francesco Mazzetta, per la casa editrice Unicopli.

Secondo la visione dell’autore, l’utilità di questo testo è duplice: da un lato è rivolto a chi non conosce il mondo dei videogiochi, per rendere nota questa “particolare variante dell’italiano in cui troviamo “jumpare al posto di saltare, killare in luogo di uccidere”, per usare le sue parole; dall’altro lato è rivolto a chi è già un videogiocatore, ma vuole colmare delle lacune su vocaboli mai incontrati o sul cui significato si sente un po’ insicuro.

Dunque il Glossario dei videogiochi è proprio ciò che il titolo suggerisce: un vero e proprio dizionario che racchiude tutto lo scibile del linguaggio legato ai videogiochi, organizzato alfabeticamente. I termini riportati sono legati al medium come esperienza del suo gameplay (ad esempio droppare o livellare) oppure a ciò che gli gravita attorno (bannare o platinare); possono appartenere al mondo del game development (game designer o development hell), oppure essere legati ai videogiochi come mercato (first party o digital delivery) e via discorrendo. Per ogni termine è indicata la pronuncia in simboli fonetici e la descrizione grammaticale (sostantivo, verbo ecc.), seguita da una definizione, completa di eventuali locuzioni o espressioni idiomatiche.


Si tratta di uno strumento pensato per la consultazione, dunque adatto non solo agli appassionati o ai neofiti, ma utile anche a facilitare lo studio accademico, da utilizzare come fonte per tesi di laurea, ricerche e tesine.

Perché un “Glossario dei videogiochi”?

Per colmare delle lacune

La risposta a questa domanda potrebbe essere, banalmente: perché no? Chiedete a qualsiasi mamma di tradurre quello che dice il figlio dodicenne quando parla di Minecraft e farà spallucce con aria sconfitta. Ovviamente questa è una risposta riduttiva, oltre che ironica, ma penso che riflettere sull’utilità di uno strumento come il Glossario possa portare a delle conclusioni interessanti.

Una delle funzioni di questo volume sarebbe quella di colmare le lacune che un linguaggio non ufficialmente codificato può creare. Il problema del lessico legato ai videogiochi è che si tratta di qualcosa che viene veicolato principalmente tramite un mezzo fluido come il Web, tra Twitch, Youtube, articoli online, blog, chat di gioco, che sono le fonti utilizzate da Simone Barbieri.

glossario dei videogiochi

Il lato positivo di questi mezzi è che non hanno bisogno di alcuna autorità che attesti la validità dei termini che ne emergono. Il linguaggio dei videogiochi contiene indistintamente termini nati “dal basso”, cioè dai giocatori stessi, dall’esperienza di gioco, dagli strumenti da esso forniti, così come “dall’alto”, dall’industria e dai developer.

L’altra faccia della medaglia è che si tratta di un linguaggio in continua ed incontrollata espansione: con la nascita di nuovi giochi e nuovi trend, arrivano anche una valanga di neologismi. In una situazione simile, avere delle lacune è la normalità, ma è qui che emerge l’utilità del Glossario. 

Per fotografare una realtà linguistica

La sua velocità di espansione rende anche molto difficile fotografare questo linguaggio aspettandosi di ritrovarlo uguale sei mesi o un anno dopo. Ciò non significa che non ci si debba provare: un’altra funzione fondamentale del Glossario è realizzare questa “fotografia linguistica” per aiutare a rendersi conto dell’evoluzione continua a cui il videogioco è sottoposto. Ad esempio, un termine come text adventure con relativa definizione è un’utile testimonianza di ciò che c’era “back in the days”, mentre leggere le definizioni di speedrun, blindrun o battle royale restituiscono un’immagine del presente, poiché sono termini che sono stati popolarizzati da Youtube e Twitch, che una volta non esistevano. 

glossario dei videogiochi

Forse tra altri trent’anni (o anche meno), una nuova versione del Glossario dei Videogiochi conterrà termini del tutto nuovi, mentre quelli che ora appartengono all’attualità saranno desueti. In un precedente appuntamento di Studi Virtuali abbiamo parlato di conservazione; ebbene, quest’ultima non passa solamente dagli oggetti materiali, ma anche dal linguaggio e dai suoi modi di evolversi, i quali vanno tenuti d’occhio e analizzati. Simone Barbieri si è detto aperto alla possibilità di continuare a lavorare sul Glossario, proprio in virtù di questa malleabilità del lessico videoludico, che accoglie nuove parole con la stessa facilità con cui ne lascia cadere in disuso altre. Ora le scommesse vanno su quanto si espanderà il Glossario nei prossimi anni: raggiungerà le dimensioni di uno Zanichelli? Chissà.

Per il senso di appartenenza

Conoscere questi termini avendoli imparati grazie alla frequentazione di forum, blog, lobby di gioco e simili è una cosa, vederli nero su bianco con una spiegazione scientifica, imparziale e precisa è un’altra. 

Identificare in maniera così netta dei significati nel gergo utilizzato dai videogiochi, proprio per l’ambiente fluido da cui nascono, innesca quella capacità aggregativa ed identificativa del linguaggio che contribuisce a costruire la nostra identità come individui. Il condividere una lingua, o in questo caso un insieme di termini specifici derivanti da un ambito preciso, può far sentire parte di qualcosa di più grande, una comunità ormai talmente estesa da aver creato ed adottato un suo linguaggio a parte, in grado di essere compreso da chi appartiene ad essa.

L’usare un determinato linguaggio, però, può assumere anche una connotazione divisiva, creando delle distinzioni tra “noi” (chi parla questo linguaggio) e “loro” (chi non lo parla). Parlare dunque di un lessico videoludico accende la possibilità (forse remota, forse no) che si inneschi un fenomeno di ghettizzazione sia tra i gamer stessi, ad esempio con la tanto annosa quanto inutile diatriba hardcore gamer versus casual gamer, sia tra videogiocatori e non videogiocatori. 

glossario dei videogiochi
artista: http://www.npccomic.com/comic/2013/12/06/casual-gamer/

L’autore è cauto nel dare una valenza totalmente positiva o negativa al Glossario: lo scopo primario del suo volume, dice, è:

“l’attestazione di un fenomeno, l’attestazione di tali parole (il linguaggio videoludico, ndM), in un contesto che ha favorito la nascita di termini tecnici e specialistici […] e termini più colloquiali”

.

Inoltre – aggiunge – il conoscere certi termini non è più o meno indicativo dell’essere videogiocatori: il linguaggio videoludico spazia in ambiti talmente ampi che è perfettamente possibile che certi termini siano rimasti sconosciuti a questa o quella frangia di giocatori, senza per questo renderli meno tali.

Glossario dei videogiochi: una storia da raccontare

Il mondo dei videogiochi è bello perché è variopinto. Il Glossario stesso ce lo comunica con la miriade di termini dalle origini più disparate che racchiude. Soprattutto, è indice di quanto sia creativo il mondo dei videogiochi: ogni termine racchiude una storia che va raccontata per comunicare quanto sia vasto, interessante e vivo questo mondo; quanto sia capillare nelle vite di chi lo vive quotidianamente; quanto sia grande la necessità che venga finalmente raccontato anche attraverso la lente accademica, che l’ha per troppo tempo ignorato. 

Il consiglio è: prendetevi un po’ di tempo per sfogliare il Glossario e scoprire un po’ di parole nuove; anche il videogiocatore più navigato troverà qualcosa di sconosciuto da imparare. Se poi il lavoro di Simone Barbieri vi piace, lo trovate attivo sul suo blog, sul quale pubblica articoli e recensioni di film e videogiochi, ma anche racconti e poesia a tema nerd, e su Il_Radioattivo, il suo canale Twitch,

Martina Raico
Umanista nel cuore, appassionata di videogames sin dalla tenera età, malata di storie e narrazione. Crede nella forza espressiva e comunicativa dei videogiochi, nel loro valore come esperienze e nel loro status di medium con una propria solidità. Junkrat è il suo uomo ideale: magrolino, appassionato di esplosivi e matto come un cavallo.