Undiscovered Country: un futuro che è già presente

undiscovered country

egli ultimi anni si è spesso sentita la frase “I Simpson lo avevano predetto” quando accadeva un qualsiasi avvenimento internazionale o meno. Ciò invece non è affatto successo quando Undiscovered Country ha fatto il suo esordio, giusto pochi mesi prima dell’inizio della pandemia di COVID-19. Per chi non conoscesse l’opera di Scott Sneyder e Charles Soule, questa è ambientata in un futuro distopico (non troppo lontano) dove gli Stati Uniti, da un momento all’altro, hanno chiuso totalmente le proprie frontiere, senza permettere a niente e nessuno di uscire o (ri)entrare nel paese. In seguito a tali eventi il mondo è stato poi scosso da una pandemia, causata dal letale virus Sky per il quale non sembra esserci una cura.

I temi tirati in ballo, già solo nel primo volume, sprizzano attualità da ogni poro e sia Soule che Sneyder lavorano molto sulla loro percezione dei fatti, calandoli all’interno delle loro trame in maniera da toccare il lettore nella maniera più delicata possibile ma facendogli percepire anche la potenza dell’argomento trattato. Undiscovered Country cerca di essere non solo un viaggio verso i diversi aspetti degli States ma anche sui vari frammenti che compongono l’essere umano.

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Un vortice che va in pezzi

Durante le loro peripezie, i personaggi di Undiscovered Country riescono ad entrare negli USA, ormai sigillati ermeticamente, per percorrere un complesso viaggio alla ricerca della cura per lo Sky. Una volta passato il confine dovranno fare i conti con varie “incarnazioni” degli States, frammentati in vari regni organizzati in una sorta di spirale. In verità il viaggio dello sparuto gruppo di esperti ha un duplice scopo, non solo quello di trovare la cura per lo Sky, ma anche quello di salvare i nuovi USA, divisi in vari regni in rivalità l’uno con l’altro, dove ognuno di essi si basa su un solido principio fra i molti su cui si fondano i 52 stati odierni.

I salvatori del mondo si trovano così in una situazione totalmente al di fuori di quello che si aspettavano e, conoscendoli uno per uno, chi legge non farà fatica a rendersi conto di come i loro esseri siano spezzati e frammentati tanto quanto le lande fra cui viaggiano. Ogni personaggio è rotto, spezzato da qualcosa che ha segnato il suo passato in maniera molto forte e la metafora del viaggio come crescita, cambiamento e guarigione, come nei grandi classici, diventa un processo bilaterale, volto a risolvere non solo la situazione disunita degli Stati Uniti quanto anche quella dei singoli che, in parallelismo col titolo dell’opera, scoprono sé stessi, viaggiando.

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Chiusura, progresso e libertà

Tornando invece a parlare delle incarnazioni degli stati americani: dimenticatevi le frontiere fisiche, i confini, le città. In Undiscovered Country tutto questo smette di esistere: ogni nuovo “regno” è, come il resto della nazione, chiuso in sé stesso e non vi è modo di uscirne se non quello di trovare una chiave, passando al prossimo reame nell’ordine dettato dalla spirale. Ognuno dei regni, come accennato in precedenza, si basa su un concetto fondamentale alla base degli States: un regno si basa sul principio della libertà assoluta, uno sulla tecnologia dominante, altri sulla fantasia che ha dato vita a musica, letteratura e arte tipiche del folklore made in USA. Viene da sé arrivare alla conclusione che nessun regno possa dominare sugli altri, facendosi carico di un solo principio fondamentale, tanto che nessuno di loro se la passa (o passerà, visto che l’opera non è ancora conclusa) poi così tanto bene. Proprio per questo uno dei significati dell’opera sta nell’unione, nella fratellanza. Non a caso il motto più importante degli States deriva da un poema di Virgilio che rimarca proprio questo concetto: “e pluribus unum”, ossia “da molti, uno”. I problemi della nuova incarnazione degli USA concepita dagli autori di Undiscovered Country arrivano proprio dall’auto-chiusura, dal distacco non solo dal mondo esterno ma anche fra i frammenti che compongono gli States. Se dobbiamo azzardare un’ipotesi su come si concluderà l’opera ci sembra abbastanza probabile che la soluzione arriverà solo con l’unione e la riapertura al mondo esterno.

State uniti

Il parallelismo fra i personaggi e la nazione tuttavia non è di certo l’unico argomento trattato da Soule e Snyder, anzi, Undiscovered Country è nato, per ammissione stessa degli autori, totalmente per caso e non con un’idea di base studiata per lungo tempo. I due autori infatti hanno visto germogliare l’idea del fumetto in questione incontrando agenti della C.I.A. e responsabili della D.A.R.P.A.: da qui i due hanno tratto ispirazione per quello che poi sarà, probabilmente, il progetto Aurora. Ma questa è solo un’altra delle numerose diramazioni che Undiscovered Country esplora: le tematiche di cui l’opera è pregna sono tantissime e molto attuali, oltre ovviamente ad essere legate alla cronaca americana ed internazionale. Dalle fake news al razzismo, niente viene tralasciato o toccato con superficialità: molte delle tematiche passano ovviamente attraverso le storie personali dei personaggi che si imparano a conoscere volume per volume e presentano spesso risvolti imprevisti, che si rivelano anche interessanti da scoprire, trasportando anche il lettore in una sorta di esplorazione continua. Al momento il fumetto è arrivato soltanto al terzo volume in Italia e, per come si sta delineando la storia, è ancora agli inizi: se non avete ancora preso questo “biglietto” per gli Stati Uniti, chi si è imbarcato in questo viaggio può già anticiparvi che sembra valerne la pena. L’emozione della continua scoperta ad opera delle sapienti matite di Camuncoli, Orlandini e Grassi promette bene e sono pronto a scommettere che, se deciderete di salire anche voi su, non ve ne pentirete.

Salvo Cifalinò
Ingegnere per vocazione, nerd per passione. Tecnologia, videogames e fumetti, senza dimenticare la birra, sono ormai un mix quotidiano che lo sfama da quando era un frugoletto (ok, la birra forse no). Inizia a scrivere sulle testate online nell'ormai lontano 2010 senza mai essersi allontanato dalla tastiera.