Il primo libro a fumetti di Luca Tieri, Vecta, è un velocissimo e adrenalinico gaijin manga in salsa retrofuturista

Il fenomeno del gaijin manga, ovvero di quei fumetti realizzati da autrici e autori non giapponesi con precisa intenzione di mescolare impostazioni nipponiche con quelle di altri contesti culturali, ha fatto gran parlare di sé negli ultimi anni. Accolto tanto come un omaggio sentito quanto come bislacco esempio di appropriazione culturale degli elementi del gekiga (quel tipo di manga specificatamente per persone adulte e con forte connotazione progressista), questo movimento ha sicuramente sancito un’evoluzione nella creazione di scene ibride e composite che integrano differenti elementi. Un tipo di fumetto che, secondo il fumettista portoghese Berliac (tra gli esponenti più in voga di questa corrente, insieme all’italiano Vincenzo Filosa) «incorpora elementi manga o giapponesi in generale, in un modo che non è mirato alla fusione o allo sradicamento di elementi occidentali, bensì entrambi coesistono in armonia, senza dover lasciar perdere le proprie rispettive identità». Una fusione di elementi, quindi: una coesione di influenze che si mescolano, e non per forza con mire coloniali o di appropriazione.

È da tempo (realisticamente parlando, secoli), in realtà, che luoghi vicini e lontani influenzano le opere di artiste e artisti. Siano esse ispirazioni indirette date da una passione o veri e propri inserimenti dati dalla permanenza di queste persone in dati spazi. Non è raro, infatti, sentire di progetti e prodotti artistici che vengono creati da persone straniere in un posto che non è il loro e che inevitabilmente risentono del loro status di ospiti. Limitandoci all’oggi e al nostro paese è possibile citare Peppe, un italiano che ha trasposto la sua esperienza nipponica a fumetti arrivando alla pubblicazione prima nel paese del Sol Levante e poi da noi.

Altro esempio di inserimento nel contesto e poi approdo a qualcosa di compiuto è il lavoro di Luca Tieri. L’illustratore napoletano, infatti, ha per anni lavorato in Giappone con il focus principale rivolto alla creazione di lavori per case discografiche del luogo, con conseguente esposizione dei suoi lavori in diverse personali sul suolo giapponese. Da qui, nel 2021, il parziale ritorno in patria con la pubblicazione del suo primo libro a fumetti – intitolato Vecta – per Coconino Press.

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La prima cosa che salta all’occhio prendendo in mano il volume di Vecta è una connotazione estetica piuttosto evidente, chiara e intellegibile. Il contrasto tra l’acquamarina della copertina e il magenta delle scritte accompagnano chi legge introducendo in modo fluido verso la figura centrale che si snoda per entrambe le pagine di copertina. Sul retro un bollino chiarisce ancor di più il piano valoriale che vuole evocare il libro con tre parole piuttosto esplicative: “ragazze, asfalto e motori”. Un tripudio di cinetica e forme geometriche, poi, condisce un po’ tutti gli elementi del quadro creando coesione e dando gli ultimi riferimenti necessari. È piuttosto chiaro, a questo punto, cosa abbiamo tra le mani: una storia che con tutta probabilità si rifà alla fantascienza e al cyberpunk nipponico, che assume le dimensioni tipiche del retrofuturismo sia come forme che come cromia e che coinvolge in qualche modo tecnologia, personaggi femminili, erotismo e veicoli probabilmente molto poco legali.

Sfogliando le pagine e immergendosi nella storia ci si accorge in pochissimo tempo che le premesse non mancano di venire compiute. La narrazione che si sviluppa in Vecta, infatti, racconta di un Giappone del futuro prossimo venturo, di bande di motocicliste, complotti governativi che coinvolgono i rapporti tra lo stato in cui è ambientato il fumetto e la Russia e – ovviamente – intelligenze artificiali e interventi digitali di ogni sorta. Una tematizzazione piuttosto tipica e in linea con quel che ci si potrebbe aspettare, che richiama da vicino la tradizione nipponica della fantascienza dagli anni ’80 in avanti e ne incarna lo schema valoriale proiettandolo nel contemporaneo. Ne viene fuori, quindi, un ragionamento indiretto sul perché non riusciamo più a immaginare un futuro vero e proprio basato sul ciò che sta accadendo ma, inevitabilmente, formuliamo una versione di futuro che inevitabilmente parte e ragiona sul passato – sugli anni ’80 in particolare – e si ancora all’idea di quel tempo di progressione, di avanguardia e di tecnologia. Tieri formula e teorizza ragionamenti piuttosto usuali per il tema, ma li realizza con consapevolezza e la dovuta dosa di attualità.

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Coerentemente con l’ambientazione, i temi e le ispirazioni; la parte grafica del volume rispecchia e ripercorre gli stessi vettori, espandendoli e integrandoli diventando spazio di espressione vero e proprio e non soltanto canale visivo attraverso il quale comunicare i temi. Non un supporto ma anzi primo contatto con ciò che Vecta rappresenta e quindi sfera più tangibile e percepibile dei canoni e delle suggestioni. Il tratto di Tieri è cinetico, convulso e ricco di linee fitte per arricchire il quadro di velocità, dinamismo e adrenalina le scene messe in atto. Le ispirazioni ai grandi Maestri del genere sono facilmente riscontrabili ma non sono piazzate per ingraziarsi chi legge ma perché inevitabili per raccontare quelle storie perché le storie stesse chiamano Otomo e Shirow. Quando colorato, poi, il modo di disegnare e impaginare (con questi tagli geometrici irregolari a scandire la messa in scena e a proporre inquadrature) si tinge di modalità e toni, ancor più percepibili e inequivocabili.

Per concludere: Vecta è un esordio di un illustratore navigato ed evidentemente esperto a una narrazione più compiuta, lineare e finita. Il mondo costruito da Tieri incuriosisce e porta a chi legge a chiederne molto di più di quella tecnologia arcaica, di quell’erotismo volubile e libertino. Ci si vuole immergere ancora e ancora in quella Tokyo futura che sa di passato, di vecchie idee di digitale e virtuale che collidono con ciò che abbiano intorno connotandolo di morali che ci portano a riflettere su come intendiamo e vogliamo il domani.

Luca Parri
Nato a Torino, nel 1991, Luca studia scienze della comunicazione come conseguenza della sua ossessione nei confronti delle possibilità che offrono i mezzi di comunicazione e ha lavorato come grafico e consulente marketing (lavoro che ha fatto crescere esponenzialmente la sua ossessivo-compulsività per le cose simmetriche e precise). Lo studio gli ha permesso di concretizzare la sua passione per i differenti linguaggi dei media, sperimentando con mano l'analisi linguistica e semiotica; il lavoro gli ha dato la possibilità di provare a inserire la teoria nel pratico. Studio e lavoro, insieme, lo hanno portato a scrivere di, tra gli altri argomenti, grafica pubblicitaria, marketing, comunicazione e comunicazione visiva collegata al videogioco.