1984: ecco come le sue parole sono diventate pane per i denti dei complottisti di tutto il mondo

Winston Smith, uomo grigio, in una città grigia di un mondo nero di repressione, terrore e assenza di sentimenti umani è il protagonista di 1984, uno dei capisaldi del genere distopico firmato da George Orwell. Di per sé piuttosto critico verso la deriva totalitaria che il Comunismo aveva preso in Unione Sovietica, Orwell dedica questa riflessione metaforica proprio alla descrizione della dittatura e dei suoi effetti drammatici sull’individuo.

Quella di Orwell è una visione lucida e preoccupata, nata nel momento in cui Stalin stava tradendo l’ideologia per cui lo scrittore aveva combattuto in prima persona durante la Guerra Civile Spagnola, quando si era aggregato alle file del Partito Operaio di Unificazione Marxista. Come molti scrittori e intellettuali della sua epoca, Orwell sostenne attivamente e teoricamente il socialismo: osservare come – pur partendo da una base differente – Stalin fosse incorso nella stessa violenza repressiva della sua nemesi (per così dire) Adolf Hitler fu un colpo troppo duro. La letteratura, tuttavia, ne ha tratto giovamento con i due capolavori de La fattoria degli animali e di 1984.

1984

1984, la Bibbia dei complottisti?

In una società in cui una percentuale preoccupante di persone ha difficoltà a comprendere ciò che legge, il minimo che ci si possa aspettare è che si fraintenda l’iperbole alla base della distopia. Quando Orwell scriveva 1984, proiettava in un futuro prossimo i possibili effetti di cause a lui contemporanee. In nessun caso sosteneva che quanto stesse scrivendo fosse già vero, piuttosto che, se una dittatura continentale si fosse mai affermata, presumibilmente si sarebbe servita dei mezzi da lui descritti.

Da qui a dire che siamo tutti controllati dall’occhio del Grande Fratello, ci passa un ricco e abbondante fiume di Distopia. Come se la situazione politica attuale non fosse già preoccupante così com’è, le teorie complottiste amano complicare e rivisitare la realtà, dando spiegazioni particolarmente complesse e improbabili. Il risultato non è solo l’isolamento intellettuale di una buona parte di chi sostiene queste teorie, ma anche – cosa ben peggiore – un rallentamento notevole nei processi di coscienza ed emancipazione culturale, uniche armi di difesa dell’individuo dall’appiattimento di massa insisto nell’attuale sistema economico. 

1984 e la manipolazione della Geografia

Nel romanzo di George Orwell si chiarisce subito che l’affermazione della dittatura passa attraverso due grandi canali: la paura e la manipolazione delle menti. Per fare in modo che la prima prevalga sulla dignità personale, infatti, si rende necessario un potente e generale lavaggio del cervello. La stessa geografia mondiale, con le nazioni così come le conosciamo, è completamente sovvertita, al posto degli Stati nazionali sorgono tre grandi continenti: l’Eurasia, l’Oceania e l’Estasia, più vari territori di nessuno che sono periodicamente conquistati e persi da una o l’altra potenza.

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La rimessa in discussione dei confini territoriali, l’uso simbolico di luoghi fisici è alla base di alcune simpatiche teorie del complotto che affermano che alcune regioni o intere nazioni semplicemente non esistono. È dal 2015 che su Reddit circola una teoria che afferma che la Finlandia sia un paese inventato e che il suo nome sia in realtà associato a un compromesso stipulato tra Giappone e Russia dopo la Seconda Guerra Mondiale per spartirsi il mercato del pesce del Mar Baltico.

Chi è nato in Finlandia è al centro di un grande intrigo internazionale che falsifica nazionalità e identità e tutto per produrre bastoncini di pesce surgelato senza nessuna interferenza. Discorso analogo, che ha preso pieghe anche più surreali, vale per la piccola (ma esistente!) regione italiana del Molise, per la prima volta messa in discussione da Gregory Donald Jhonson. Il dubbio sarebbe nato dal fatto che nessun italiano (non molisano, evidentemente) sappia nominare un piatto tipico proveniente da questa regione, argomentazione sufficiente, a quanto pare, a vaporizzare il Molise – per dirla nel linguaggio di Orwell. 

1984 e la riscrittura della Storia

Se le bizzarre interpretazioni geografiche dei complottisti possono sembrare un’associazione forzata all’atlante geopolitico raccontato da Orwell – ben più raffinato e basato su processi più reali di quelli che negherebbero l’esistenza del Molise – altri semi gettati da 1984 sono sicuramente alla base di numerose dietrologie. L’occupazione professionale del protagonista Winston Smith è quella di correggere la stampa e i libri di Storia secondo le direttive del Partito, al fine di mantenere intaccata la sua facciata pubblica: sarà proprio la consapevolezza di essere uno strumento di manipolazione delle menti a provocare in Winston un senso di rifiuto e a risvegliare in lui un sacro spirito di ribellione.

Il fatto che Winston, però, abbia la possibilità di modificare le fonti storiche e quindi, in qualche modo di riscrivere la Storia – come se potesse alterare realmente la verità, attraverso la sua percezione – ha messo in allarme numerosi spiriti inquieti. Tra le teorie complottiste più ricorrenti, infatti, c’è tutta una serie di reinterpretazioni di fatti storici che – secondo alcuni – non sono proprio come ce li raccontano. Tra i casi più eclatanti, l’allunaggio dell’Apollo 11 del 1969 che sarebbe stato interamente ricostruito in studio per vincere (con un piccolo trucco) la corsa allo spazio della Guerra Fredda. 

In generale, il complottista medio muove i suoi dubbi sulla base della domanda: Cui prodest? Questo principio motiva tutt’ora alcune letture di ingegneri più o meno improvvisati sul crollo delle Torri Gemelle, avvenuto l’11 settembre 2001 a causa dell’attentato del gruppo terroristico guidato da Osama Bin Laden.

Le immagini impressionarono gli spettatori di tutto il mondo che non hanno potuto far altro che osservare impotenti la morte di quasi tremila persone in diretta TV. Il fatto che un attentato di tali dimensioni abbia potuto colpire uno dei simboli dell’American Way of Life, che la guerra sia arrivata nel cuore degli Stati Uniti con tutto il suo carico distruttivo ha destabilizzato l’opinione pubblica, che non si è arresa alla spiegazione più evidente. Intere classi di pensatori hanno esaminato il video della caduta delle Twin Towers ipotizzando cariche di esplosivo posizionate negli edifici al fine di rendere il crollo più rapido e definitivo.

Ad aggiungerci il carico da 90, il controverso documentarista Michael Moore che nel suo Fahrenheit 9/11 (2003) ha ipotizzato l’esistenza di alcuni rapporti della CIA che avrebbero potuto impedire l’attentato, ma che sono stati invece ignorati dal Governo dell’allora Presidente George W. Bush. L’immediatamente successiva Guerra in Afghanistan, motivata agli occhi dell’opinione pubblica internazionale e dei governi esteri come risposta all’attentato, fu la spiegazione del sospetto abbassamento delle difese. 

L’invenzione del nemico come pratica letteraria

“Era un po’ curioso pensare che il cielo era lo stesso per tutti, in Eurasia, in Estasia, e anche lì. E la gente sotto il cielo, anche, era sempre la stessa gente… dovunque, in tutto il mondo, centinaia o migliaia di milioni di individui, tutti uguali, ignari dell’esistenza di altri individui, tenuti separati da mura di odio e di bugie, eppure quasi gli stessi…” (G.Orwell – 1984)

Riscrivendo la Storia, Winston vive in una posizione privilegiata, conservando gelosamente il suo senso critico e la sua capacità (più unica che rara, nel futuro raccontato nel romanzo) di discernere ciò che è vero da ciò che è falso. In un mondo in cui alleati e nemici cambiano in continuazione e a seconda degli assetti politico economici, il modo in cui viene raccontato il nemico diventa fondamentale per giustificare gli atti di violenza più efferata. Per questo, il Partito ha istituito i Due minuti d’odio, una manifestazione collettiva in cui i cittadini sono cortesemente invitati a inveire contro il nemico, che provenga dall’Estasia o dall’Eurasia o che abbia il volto caprino del traditore Emmanuel Goldstein.

Chiaramente istigare all’odio solo in virtù degli interessi politici governativi sarebbe potuto sembrare insufficiente, motivo per cui Winston e i suoi colleghi impiegati nella costruzione della propaganda sono chiamati a intervenire anche sulla narrazione del sedicente nemico di turno.

1984

La grande quantità di invenzioni, offensive, banali, folli, finalizzate alla costruzione dell’odio per uno o più oppositori erano all’ordine del giorno nei regimi che Orwell osservò durante la sua militanza. L’apparato letterario che accompagnò la persecuzione nazista ai danni del popolo ebraico, su tutte, si basa su una serie di teorie cospirazioniste che raccontavano di un ordine segreto composto, appunto, da pochi e potentissimi uomini (i Sette Savi di Sion) in grado di controllare l’andamento dell’economia mondiale. 

Attualmente, la disinformazione – che non ha neanche la dignità di complottismo – che giustifica e alimenta l’odio per il diverso, si basa su una serie di bufale che assumono – anche qui – connotazioni piuttosto fantasiose. Dagli immigrati inviati dai governi per diffondere geni più forti e resistenti, al business del mare, la dietrologia è diventata norma, la confusione abitudine, l’odio pressoché inevitabile. E per ben più di Due minuti.

Big Brother is watching you

L’immagine più vivida, anche per chi non ha mai letto il libro, è quella del volto del Grande Fratello che trionfa negli appartamenti, negli uffici, nelle strade di tutta l’Oceania. La sua presenza, così insistente e invadente, è associata a un controllo costante di ogni cittadino, in pressoché ogni momento della sua giornata. In effetti, l’ispirazione ribelle di Winston nasce anche grazie alla presenza di un angolo cieco, l’unico della sua abitazione, in cui può scrivere senza essere osservato.

Il fatto che la vita si sia spostata interamente sugli schermi e che ogni azione sia – per nostra spontanea volontà – monitorata e registrata dagli apparecchi elettronici, diventati ormai indispensabili compagni di vita, travalica ogni aspettativa che Orwell ha immaginato nel 1948. Tuttavia, non siamo ancora arrivati ad avere una telecamera installata in ogni stanza e dei programmi giornalieri scanditi dallo schermo… Oppure no?

L’Information Awareness Office (IAO) del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti nasce con lo scopo di raccogliere informazioni su cittadini privati, con lo scopo di prevenire eventuali intenzioni criminose e terroriste. Il suo primo logo, una piramide con un occhio centrale – noto simbolo della Massoneria – e la sua sigla – IAO è uno dei nomi di Dio – non hanno certo aiutato a placare la fantasia dei complottisti. Allo stesso modo è stata dichiarata pubblicamente anche l’attività di controllo e analisi di informazioni da parte della Echelon, attiva tra da Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda.

Inoltre, tutti ricordiamo lo scandalo sollevato da Edward Snowden che nel 2013 ha rivelato alcune importanti informazioni sui programmi di intercettazione telefonica tra Stati Uniti e Unione Europea, passando da Internet e compagnia bella. In questo caso, di complottista c’è poco e la violazione della privacy da parte dei governi ha suscitato non poco scalpore da parte dei cittadini di tutto il mondo. 

Non supportata da alcuna dichiarazione pubblica da parte di alcun governo è, invece, la teoria avanzata da David Icke. Quando ormai 15 anni fa fu reso obbligatorio il passaggio dalla normale antenna televisiva al digitale terrestre, lo scrittore e giornalista americano ipotizzò che dietro a questa normativa si nascondessero intenzioni losche. Infatti – questo sostiene Icke – attraverso i nuovi apparecchi, i Governi avrebbero piazzato nelle case dei cittadini privati microfoni e telecamere per poterne riprendere le abitudini e le azioni e condizionare, con messaggi subliminali studiati ad hoc, i comportamenti. 

Per ribadire il concetto, non possiamo attribuire alcuna responsabilità a George Orwell se le sue parole sono state – in alcuni casi – profetiche, ma tante volte supporto per costruzioni piene di estro e povere di realismo.

1984 resta un romanzo fondamentale nella formazione di ogni lettore, ma è importante anche avere gli strumenti per comprenderlo: la sua verosimiglianza potrà colpire senz’altro chi cerca nell’illogico e nell’irrazionale spiegazioni a una politica fin troppo logica e razionale, spietata, asettica, che non prende in considerazione l’emotività dei suoi cittadini, se non per strumentalizzarla, condizionarla e piegarla ai propri scopi. Insomma, se proprio dobbiamo chiederci se la realtà del 2019 sia quella ipotizzata da Orwell, possiamo darci la gelida risposta sorrentiniana: “La situazione era un po’ più complessa”. 

Francesca Torre
Storica dell'arte, giornalista e appassionata di film e fumetti. Si forma come critica tra Bari, Bologna, Parigi e Roma e - soprattutto - al cinema, dove cerca di passare quanto più tempo possibile. Grande sostenitrice della cultura pop, segue con interesse ogni forma d'arte, nella speranza di individuare nuovi capolavori.