Apple TV+ sbarca anche in Italia. Basterà la filosofia dell’azienda a ritagliargli un posto nell’ormai affollato panorama della TV in streaming?

Dal primo novembre di quest’anno, Apple TV+ è arrivata anche in Italia, con una formula decisamente inedita per la casa di Cupertino, o comunque fuori dai suoi schemi tradizionali. Il servizio televisivo on demand, infatti, è uno dei pochi ad essere disponibili fuori dai confini tracciati dall’ecosistema Apple: oltre alla pletora di dispositivi della mela compatibili, infatti, Apple TV+ sarà visibile via browser (l’ovvio Safari, Chrome e Firefox) e su un gruppo limitato di Smart TV marchiate Samsung.

Nel caso in cui abbiate vissuto in una caverna di platoniana memoria, potreste aver notato che il concetto di on demand sia ormai lo standard nel mondo dell’intrattenimento. L’arrivo di Apple in questo mercato grazie è solo l’ultimo esempio dei tanti previsti in arrivo, ma che rappresenta quasi una scelta epocale visto che la distribuzione del servizio include anche device non marchiati dall’iconica mela di Cupertino.

E se questo può sembrare una conferma dello stile Apple, per molti basato su un continuo copiare da altri competitor (ad esempio la “rivoluzionaria” tastiera swipe di iOS 13 che su Android esiste dal 2010), l’azienda fondata da Steve Jobs fu la prima a intuire come la libera scelta dell’utente fosse una strada per il successo lastricata d’oro sin dal principio.

Facciamo qualche passo indietro fino al 2003: la Apple non è ancora l’azienda che conosciamo oggi, ma comincia a raggiungere degli utili più che ragguardevoli grazie a diverse novità come il suo nuovo sistema operativo per computer, OS X, ma anche per la creazione di gadget tecnologici come l’iPod, non ancora popolare ma primo segnale del nuovo corso dell’azienda non più basato unicamente sul mercato dei personal computer.

Apple tv italia

Il 28 aprile di quell’anno, assieme alla terza generazione di iPod, Apple presenta il nuovo iTunes, aggiornato alla versione 4.1 e, soprattutto, iTunes Music Store: un negozio online dove è possibile acquistare canzoni e album musicali in digitale.

All’epoca si parlò di qualcosa di straordinario, e per motivi ben fondati: l’industria musicale veniva da anni durissimi, durante i quali Internet e la pirateria avevano mangiato letteralmente gran parte della filiera produttiva. L’arrivo di un elemento di legalità, corroborato da prezzi decisamente più competitivi  permise un’inversione di tendenza che, negli anni a venire, portò il mondo della musica a sopravvivere più che dignitosamente, garantendo ricavi stabili per gli anni a venire (almeno fino all’arrivo di Spotify, ma questa è un’altra storia, ndr).

Questa premessa può risultare fuorviante, eppure lo stesso iTunes ha rappresentato una delle piattaforme più ricche in termini di sperimentazioni da parte di Apple: dagli mp3, infatti, la casa di Cupertino ha utilizzato il suo player proprietario (e la relativa app sui vari iDevice) per fornire sempre più contenuti multimediali, passando per i video musicali ai film.

Un modo per aumentare i profitti e, al tempo stesso, sondare il terreno e ottenere dati di fruizione capaci di indicare la via giusta. Per darvi un esempio recente, ci basta citare Carpool Karaoke: nato inizialmente come un segmento del The Late Late Show with James Corden, mostrava il conduttore James Corden alla guida di una macchina accompagnato da celebrità della musica come Adele, Red Hot Chili Peppers e Lady Gaga, tra aneddoti di carriera e cantate improvvisate.

Uno show che ha conquistato la viralità e che Apple ha blindato come esclusiva su iTunes e, di conseguenza, sui soli device Apple. Un modo decisamente plateale di tastare un terreno che negli Stati Uniti già si apprestava ad essere un successo, anche perché nel frattempo Netflix aveva già seppellito le videoteche tradizionali e Amazon si apprestava a lanciare il suo Prime Video su scala globale.

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Si arriva così al presente: il 10 settembre di quest’anno Apple annuncia ufficialmente il servizio al classico evento dedicato a iPhone, con una prova gratuita di 7 giorni per poi passare ad un costo fisso di 4,99 euro mensili, offrendo fino a sei profili, streaming in 4K e HDR, supporto a Dolby Atmos e possibilità di scaricare qualunque programma. Inoltre, chi acquista un dispositivo Apple può ricevere un anno di abbonamento gratis.

Un’offerta decisamente economica rispetto alle piattaforme concorrenti che già da un po’ lamentano flessioni e ipotizzano rimodulazioni che potrebbero allontanare grandi fette di utenza, anche in relazione a dei contenuti che difficilmente possono lasciare indifferenti.

Se gradite qualche consiglio, una delle serie più interessanti è sicuramente The Morning Show. Con un cast di attori decisamente altisonante e che comprende Jennifer Aniston, Reese Witherspoon e Steve Carell, The Morning Show racconta il dietro le quinte di un classico programma del mattino statunitense a seguito di uno scandalo che si ripercuote anche sul programma stesso e, con la possibilità di una seconda stagione all’orizzonte, potrebbe essere una delle scelte migliori per iniziare ad usare il servizio.

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Altre serie da tenere d’occhio è poi Dickinson, un biopic non convenzionale dedicato all’omonima poetessa Emily Dickinson diventata un’autentica icona americana solo dopo la sua morte e scritta da Alena Smith, già sceneggiatrice di quel piccolo capolavoro che è The Newsroom. Non manca poi una classica serie dalle tinte post apocalittiche: See, che porta la firma di Steven “Peaky Blinders” Knight, ci porta in un mondo distrutto ed un’umanità ridotta alla cecità, fin quando i figli di Jason Momoa non nascono senza difetti visivi.

Ultima ma non meno importante è For All Mankind: la serie ripercorre la storica lotta al primato spaziale svoltasi durante la Guerra Fredda tra Unione Sovietica e Stati Uniti ma con un plot twist ucronico: saranno infatti i russi a mettere piede sulla Luna per la prima volta. La serie vede Ronald D. Moore, già autore di Battlestar Galactica, alla produzione.

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A completare l’offerta di programmi originali troviamo ben tre programmi per bambini, primo fra tutti Snoopy nello spazio che porta su schermo nuove avventure del celebre cane di Charles M. Schulz in collaborazione con la NASA. Segue poi il programma educativo Helpsters realizzato con dei pupazzi stile Muppets e Sesame Street e Ghostwriter, serie che vede un gruppo di ragazzi lottare contro un fantasma che infesta una libreria portando nel mondo reale vari mondi appartenenti alla letteratura. Non manca poi un documentario naturalistico, La Madre degli elefanti.

Apple, insomma, sta puntando in alto come sempre, coinvolgendo personalità di spessore e con progetti abbastanza inediti per il panorama attuale.  Tuttavia la risposta del pubblico potrebbe essere meno prevedibile di quanto si pensi, a partire dai tempi fisiologici che la piattaforma dovrà affrontare prima di raggiungere un’utenza rispettabile, passando per un mercato che, ad uno sguardo globale, sta vedendo così tanti competitor in lotta da rendere il futuro leggermente più problematico del solito.

Volgiamo un occhio oltreoceano, ad esempio: a poco più di una settimana, Disney lancerà il suo servizio on demand Disney+, mentre il canale via cavo HBO sta già pianificando il suo personale portale streaming, HBO Max. Nel solo mercato statunitense i servizi di streaming di grosso calibro si possono contare su più di una mano e presumibilmente aumenteranno ancora, facendo traballare il “sogno” di una piattaforma unica che Netflix per prima ci aveva fatto intravedere. La frammentazione del mercato potrebbe portare sicuramente dei vantaggi, primo fra tutti un innalzamento della qualità generale delle produzioni originali, ma ad un prezzo che rischia di essere eccessivo nei confronti del portafogli dello spettatore medio.

Che Apple possa riuscire a centrare il bersaglio per l’ennesima volta è plausibile; meno plausibile, però, è capire se il mercato potrà tollerare un numero ingente di competitor in lotta per un abbonamento mensile.

 

Francesco Paternesi
Pur essendo del 1988, Francesco non ha ricordi della sua vita prima del ’94, anno in cui gli regalarono un NES: da quel giorno i videogiochi sono stati quasi la sua linfa vitale e, crescendo con loro, li vede come il fratello maggiore che non ha mai avuto. Quando non gioca suona il basso elettrico oppure sbraita nel traffico di Roma. Occasionalmente svolge anche quello che le persone a lui non affini chiamano “un lavoro vero”.