The Social Dilemma è senza dubbio un docufilm interessante, ma ci indica davvero la soluzione a tutti i problemi?

Ancora lui, Jeff Orlowski. Dopo i due documentari sul cambiamento climatico, prosegue la campagna di sensibilizzazione del regista americano, a colpi di pellicola – pardon, di digitale – e stavolta a finire sotto accusa è il mondo dei Social Network e per estensione il web.
Si chiama The Social Dilemma il suo nuovo docufilm, distribuito da Netflix dove da settimane staziona stabilmente tra i prodotti più visti della piattaforma, facendoci un po’ sorridere per il paradosso che tra le tante accuse di profilazione dell’utenza non può che rientrare anche la stessa azienda della N rossa.

In The Social Dilemma, in sostanza, ci vengono proposte una serie di interviste/monologhi ad alcuni ex lavoratori, con incarichi di primo piano, delle grandi aziende della Silicon Valley, da Google a Facebook, da Instagram a Twitter e così via. Una schiera di pentiti che ci racconta il vero dietro le quinte di queste gigantesche realtà, intervallando il tutto con spezzoni di fiction in cui gli attori interpretano l’utenza media, allo scopo di renderne più piacevole la visione ma soprattutto più comprensibile.

In poco più di un’ora e trenta ci vengono svelati i trucchi del mestiere, come queste aziende fanno in modo di tenerci il più tempo possibile incollati allo smartphone o al PC, come ci profilano per proporci contenuti che prevedono reputiamo interessanti, e soprattutto come riescono a monetizzare il tutto. Agghiacciante? Sì, ma niente di nuovo. Se The Great Hack, indubbiamente più stimolante dell’opera di Orlowski, ha soltanto spostato più in là il coperchio di un vaso di Pandora già aperto da tempo, The Social Dilemma non può certo stupire per tematiche di cui ormai sappiamo a sufficienza. Si potrebbe obiettare che, in questi casi, il saperne a sufficienza non è abbastanza e infatti nessuno nega che questo docufilm sia interessante e persino utile, ma non è di sicuro lo strumento che ci salverà dai terribili Social Network, come molti hanno ipotizzato.

social dilemma

Dopo la visione di The Social Dilemma, in tanti si sono precipitati su Facebook o Twitter sbandierando il desiderio di cancellarsi immediatamente dai social: una contraddizione in termini che più che ridere, fa piangere, ma che ci porta al triste assunto che, pur di fronte alle verità incontrovertibili mostrateci siamo fin troppo schiavi di questa tecnologia, ormai essenziale nella nostra routine, e dopo averlo visto nessuno (o quasi) si cancellerà. Né smetterà di utilizzarli. Molti di noi oltretutto ci lavorano, per cui sarebbe come rinunciare scientemente al pane. Qualcuno forse proverà a usarli di meno, ma per quanto tempo? Durerà molto poco, come le belle premesse che in molti facevano durante il lockdown. Tutti motivi per cui, tra l’altro, Netflix si può permettere di distribuire un film del genere senza paura.
Non siamo dalle parti di Super Size Me, dopo la visione del quale molti utenti hanno dichiarato di aver avuto “voglia” di McDonald’s, ma è piuttosto chiaro che non porterà a chissà quale rivoluzione.

Di certo i temi sollevati da The Social Dilemma sono quanto mai attuali e meritano un’attenta riflessione, ma anche in tal caso non scopriamo certo ora – purtroppo – che il sistema dei like ha dato vita nel tempo, in particolare nei giovani e giovanissimi, a un meccanismo di accettazione sociale pericolosissimo che, come ci mostrano anche i grafici nel film, ha contribuito all’aumento esponenziale di suicidi.

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Il creatore del “mi piace” che ci dice che i suoi scopi iniziali si fondavano su buoni principi e sostanzialmente si pente davanti alla telecamera, così come tutti gli altri ex dipendenti che hanno lasciato le grandi aziende per questioni di carattere etico, sono una grande iniezione di fiducia verso il genere umano, ma se le cose andranno veramente come suggerito dalle infauste previsioni degli intervistati, il mondo è prossimo al collasso e “distruggeremo la nostra civiltà per deliberata ignoranza, e non riusciremo ad affrontare la sfida del cambiamento climatico. Degraderemo le democrazie del mondo, che cadranno in una specie di stramba disfunzione dittatoriale. Probabilmente rovineremo l’economia globale. Forse non sopravvivremo”.
Una visione che, catastrofista o realistica che sia, ci porta al grande “dilemma rimasto purtroppo irrisolto dopo la visione del film. E cioè: la soluzione a tutto questo, qual è? Basta davvero cancellarsi dai social? Forse sì, forse no. Ma molto probabilmente non lo sapremo mai.

Tiziano Costantini
Nato e cresciuto a Roma, sono il Vice Direttore di Stay Nerd, di cui faccio parte quasi dalla sua fondazione. Sono giornalista pubblicista dal 2009 e mi sono laureato in Lettere moderne nel 2011, resistendo alla tentazione di fare come Brad Pitt e abbandonare tutto a pochi esami dalla fine, per andare a fare l'uomo-sandwich a Los Angeles. È anche il motivo per cui non ho avuto la sua stessa carriera. Ho iniziato a fare della passione per la scrittura una professione già dai tempi dell'Università, passando da riviste online, a lavorare per redazioni ministeriali, fino a qui: Stay Nerd. Da poco tempo mi occupo anche della comunicazione di un Dipartimento ASL. Oltre al cinema e a Scarlett Johansson, amo il calcio, l'Inghilterra, la musica britpop, Christopher Nolan, la malinconia dei film coreani (ma pure la malinconia e basta), i Castelli Romani, Francesco Totti, la pizza e soprattutto la carbonara. I miei film preferiti sono: C'era una volta in America, La dolce vita, Inception, Dunkirk, The Prestige, Time di Kim Ki-Duk, Fight Club, Papillon (quello vero), Arancia Meccanica, Coffee and cigarettes, e adesso smetto sennò non mi fermo più. Nel tempo libero sono il sosia ufficiale di Ryan Gosling, grazie ad una somiglianza che continuano inspiegabilmente a vedere tutti tranne mia madre e le mie ex ragazze. Per fortuna mia moglie sì, ma credo soltanto perché voglia assecondare la mia pazzia.