L’evento in streaming della stagione è l’uscita di Sto pensando di finirla qui di Charlie Kaufman. Andiamo a scoprire qualche film dell’autore più romantico, bizzarro e malinconico d’America

Tempi duri per gli spettatori distratti. Negli ultimi tempi, due grandi autori (quanto mai diversi fra loro) hanno proposto al pubblico i loro ultimi (capo)lavori. Capolavori, forse, non tanto per la riuscita eccelsa, ma perché rappresentano la summa degli stili e della poetica dei registi. Parliamo di Tenet di Christopher Nolan e Sto pensando di finirla qui di Charlie Kaufman: il punti in comune? Praticamente nessuno, se non l’ardimentoso giocare con i piani del tempo e il non concedere allo spettatore un attimo di tregua, chiedendo una concentrazione vigile per tutta la durata del film.

Lasciamo stare Nolan e le sue manovre a tenaglia e concentriamoci sulla narrazione metaforica del newyorkese Kaufman, produttore, sceneggiatore e regista. La sua penna ha firmato alcuni dei film più interessanti, strambi e strazianti degli ultimi decenni, rendendo ogni suo prodotto, a prescindere da quale fosse il suo ruolo, estremamente riconoscibile.

Arte e amore, per orientarsi

Quello di Charlie Kaufman è un tenace scavare nelle tematiche più intime dell’essere umano; nel suo bisogno di amore, nella sua paura della morte, ma anche nella fallace convinzione che la soluzione ai suoi tormenti sia là da qualche parte, in una nuova relazione, nella realizzazione artistica. Kaufman disegna un’umanità con poche vie di fuga, ma la cui triste e inesorabile fine è dipinta con toni poetici, e con un mezzo sorriso sornione.

Da artista, Kaufman si interroga molto anche sul processo produttivo e pone la costruzione dell’opera d’arte al centro di alcuni suoi lavori, di matrice – non a caso – più spiccatamente autobiografica. Li andremo a vedere più avanti.

Forse, però, il tema che riesce meglio a sviscerare è proprio quello delle relazioni sentimentali. Il suo è un punto di vista che riesce allo stesso tempo a essere estremamente onesto e estremamente artificioso; gli amori di Kaufman non sono mai raccontati in dimensione realistica, ma sempre inseriti in un contesto altamente metaforico. Eppure  riesce a imprimere nello spettatore temi quotidiani in cui non potrà non riconoscersi. Sempre che riesca a capire cosa sta succedendo.

Il cinema di Charlie Kaufman: Essere John Malkovich

Iniziamo con il film d’esordio di Charlie Kaufman e forse il suo film più bello. Questo non significa che ciò che è venuto dopo sia scivolato in discesa, ma che un’opera prima (come sceneggiatore) così matura, splendida e definita è rara da vedere. Il film è diretto da Spike Jonze (i due hanno un fortissimo sodalizio artistico, a cui si aggiunge in un secondo momento Michel Gondry) e interpretato da John Cusack, Cameron Diaz e Catherine Keener. E, ovviamente, da John Malkovich.

Il protagonista è un burattinaio che casualmente scopre un accesso alla mente del famoso attore hollywoodiano. Entrando in questo buco, riesce a vivere la vita di Malkovich, sentire quello che sente lui, vedere attraverso i suoi occhi. Ma che succederà quando John Malkovich entrerà in John Malkovich?

Il film presenta alcune delle scene più iconiche del cinema di Kaufman e scaraventa lo spettatore in un mondo simbolista piacevolmente ironico e completamente assurdo. Il glamour visto dagli occhi di un perdente (per citare l’orribile retorica americana) e la possibilità di farne parte. E, poi, il gusto della poesia e del sublime nell’uso dei burattini, specialmente quando interpretano (oscenamente, divinamente) i due amanti per eccellenza, Abelardo ed Eloisa.

Il ladro di orchidee

Un film che va segnalato per tantissimi motivi. Forse si potrebbe iniziare dal cast eccellente (Nicholas Cage, Meryl Streep, Tilda Swinton), forse dalla componente autobiografica del film. Si tratta di un racconto in prima persona (il protagonista, Nicholas Cage, è proprio Charlie Kaufman reduce dal set di Essere John Malkovich) e mostra gli struggimenti dell’autore alle prese con la seconda sceneggiatura.

kaufman

Anche se nella realtà tra i due film ce n’è stato un altro (Human Nature del 2001), Kaufman si ritrae in maniera piuttosto credibile. Ciò che ne esce è un artista schiacciato dalle aspettative, totalmente inadeguato al ruolo di genio che tutti gli appioppano. Proprio le sue ossessioni, il suo non accontentarsi della superficie, però, lo porteranno nel cuore autentico della storia e nella dimensione più onirica e avventurosa del processo creativo.

Meryl Streep è la scrittrice del romanzo, Il ladro di orchidee, da cui Kaufman/Cage deve trarre la sceneggiatura, Chris Cooper il protagonista della storia. Anche qui c’è il confronto con la macchina scintillante di Hollywood che – da bravo nativo di New York – mette in discussione con una certa, caustica, ironia.

Se mi lasci ti cancello: il cult di Kaufman

Se c’è un film in grado di far male, questo è Se mi lasci ti cancello. Il titolo originale (qualunque cinefilo ci tiene a sottolinearlo) è il ben più poetico Eternal Sunshine of a Spotless Mind, una citazione del poeta inglese Alexander Pope.

Protagonisti della storia, Joel (Jim Carrey), Clementine (Kate Winslet), e il desiderio di dimenticare un dolore troppo grande, per poter finalmente andare avanti. “Com’è felice il destino dell’incolpevole vestale!”. Joel, però, non vuole dimenticare, non davvero. Vorrebbe riscrivere le ultime battute della loro storia, questo sì. Vorrebbe trattenerne il ricordo.

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Kaufman firma una sceneggiatura eccezionale, che scava a fondo nel cuore spezzato di un uomo che ha perso un amore. Forse non l’amore della sua vita, forse sì. Quel che conta è la sintonia incredibile di Carrey e Winslet sullo schermo e l’intensità dell’attore che qui ci regala una delle sue migliori interpretazioni drammatiche. Se mi lasci ti cancello è un cult per molti, e a ragione. Prima ancora che in Sto pensando di finirla qui, Kaufman gioca con i piani temporali, giustificandoli – però – nell’impianto narrativo. Questo riesce a rendere il film, pur nella sua complessità, immediato e comprensibile, complice anche l’impronta registica di Gondry che aiuta a stemperare i contorsionismi mentali di Kaufman.

Anomalisa

Dopo tanti anni nel ruolo di sceneggiatore, Kaufman decide di  cimentarsi anche nella regia. Il primo esperimento lo fa nel 2008 con Synecdoche, New York, in cui continua la riflessione su se stesso come artista. Tuttavia è nel 2015 che lascia pubblico e critica a bocca aperta con un film in stop-motion, Anomalisa.

Charlie Kaufman si serve di questa tecnica per intensificare il simbolismo dei suoi film e lo fa in maniera esemplare. Tre voci, due volti, un punto di vista – quello del protagonista Michael Stone (doppiato da David Thewlis), un oratore motivazionale sostanzialmente depresso. Tutto attorno a Michael sembra uguale e monotono e il personaggio reagisce alla sua profondissima noia con una sessualità altrettanto annoiata. Un giorno, però, incontra Lisa, l’unica in tutto il mondo ad avere una voce diversa (quella di Jennifer Jason Leigh).

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In Anomalisa Kaufman affronta ancora una volta le relazioni, e quel disperato desiderio di fuga da se stessi che spesso l’amore romantico giustifica. Come in Se mi lasci ti cancello, arriva dritto al punto e lo fa in maniera devastante, tanto da dimenticarsi molto presto di aver visto per tutto il tempo una romance tra pupazzi. Ma è molto di più, e molto più reale.

L’ultima opera di Kaufman: Sto pensando di finirla qui

Sperando che il titolo non sia una dichiarazione artistica da parte del regista, Sto pensando di finirla qui è probabilmente il suo film più complesso. Alle spalle ha ventuno anni di scrittura, due film e molto da dire: Kaufman, allora, decide di dirlo a modo suo senza porsi il problema di dover accompagnare lo spettatore nella comprensione del messaggio. 

Al contrario, anzi, dissemina il film di micro-indizi che suggeriscono lo scioglimento finale del mistero e affida la voce narrante (i pensieri, i lunghi monologhi) a colei che è la non-protagonista del film (Jessie Buckley), il cui nome è vago, sfumato, come in una fantasia in perenne costruzione. In Sto pensando di finirla qui Kaufman torna ad affrontare la solitudine, il terrore del tempo che passa e che avvicina l’Uomo al momento ineluttabile della morte. Ma anche al valore consolatorio della bellezza, dell’arte, dell’amore – quell’amore che è fuga dalla realtà o costruzione di una realtà parallela. Come il cinema.

E tutto ritorna in un vortice dove al centro c’è lui, Charlie Kaufman, l’autore-divinità di un microcosmo che si riflette su se stesso. 

Postilla

Un film fuori dall’elenco, ma degno di menzione è Confessioni di una mente pericolosa di George Clooney. Qui Kaufman si confronta con una storia leggermente diversa dai suoi canoni, pur riuscendo a renderla estremamente personale. C’è anche in questo caso il desiderio assoluto di scalare la vetta fino alle colline hollywoodiane. Ma c’è soprattutto un magnifico Sam Rockwell, qui in una della sua prime, eccezionali, prove attoriali. 

Francesca Torre
Storica dell'arte, giornalista e appassionata di film e fumetti. Si forma come critica tra Bari, Bologna, Parigi e Roma e - soprattutto - al cinema, dove cerca di passare quanto più tempo possibile. Grande sostenitrice della cultura pop, segue con interesse ogni forma d'arte, nella speranza di individuare nuovi capolavori.