The Map of Tiny Perfect Things su Prime Video: quando lo young adult non ha niente di nuovo da dire, la soluzione è sempre l’amore romantico

Arriva per tutti un momento, nella vita, in cui scendere a patti con il fatto che al mondo esistono persone più giovani che fruiscono prodotti diversi, fatti appositamente per loro. Ancora più difficile è scendere a patti col fatto che in questi prodotti per persone giovani che non siamo noi i film cult della nostra infanzia e adolescenza vengono soltanto citati di sfuggita, come un qualcosa di distante nel tempo di cui i giovani conoscono vagamente l’esistenza senza però averci costruito sopra una parte della loro personalità come invece a successo a noi. Questo è il primo insegnamento (forse l’unico) che ho ricevuto da The Map of Tiny Perfect Things, film young adult disponibile sulla piattaforma di Amazon Prime Video dal 12 febbraio 2021.

The Loop in Our Stars

The Map of Tiny Perfect Things è la storia di un time-loop e del ragazzo e la ragazza che si trovano a rivivere ogni giorno lo stesso giorno, che si conclude un secondo prima della pioggia. Scritto da Lev Grossman – autore del racconto da cui è tratta la sceneggiatura, ma conosciuto prevalentemente per la trilogia di The Magicians – e diretto da Ian Samuels (Sierra Burgess è una sfigata), La mappa delle piccole cose perfette è un film che si rifà, nella costruzione dei personaggi e nelle tematiche, a grandi successi degli anni passati come i romanzi (e le successive trasposizioni) di John GreenPaper Town e la sick-lit di The Fault in Our Stars  – sul filo tra l’omaggio, la critica e la copia.

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Il protagonista maschile della storia è Mark, interpretato dal troppo-vecchio-per-sembrare-un-diciassettenne Kyle Allen e le sue faccette che ricordano in maniera non troppo convinta ma dolorosa l’Heath Ledger di 10 cose che odio di te; Mark ha un rapporto conflittuale (ma non troppo) con la famiglia, cerca (ma non troppo) di far innamorare di lui una ragazza salvandola da un inaspettato tuffo in piscina, si confida (ma non troppo) con l’amico Henry – vero eroe del film che riassume la trama di Ricomincio da me come “Bill Murray is stuck in the same day till he has sex with his hot boss”. Il protagonista maschile, insomma, ha tutte le carte in regola per essere uno sfigato amabile, uno Scott Pilgrim in attesa della sua Ramona Flowers.

Ogni adolescenza coincide con un loop

Per fortuna la protagonista femminile, Margaret – interpretata da Kathryn Newton, futura figlia di Ant-Man nel prossimo capitolo dedicato al supereroe –  non ci sta. Sebbene inizialmente i suoi outfit, le sue misteriose scomparse e l’attitudine da ragazza-salva-ragazzo possano far pensare di avere davanti l’ennesima Manic Pixie Dream Girl, Margaret non è nel loop come spalla di Mark, Margaret è il loop e la soluzione per uscirne (purtroppo sul finale inciampa l’asino trascinandosi dietro tutto il carrozzone del film), Margaret ha la sua storia, diversa da quella di Mark, per il quale tutto ruota intorno alla vicenda romantica di cui si sente protagonista. Nonostante queste epifanie verbalizzate del protagonista, però, gran parte del film ruota intorno a lui e al suo cambiamento, mentre Margaret e il suo dolore e il suo processo di crescita, per quanto percepibili, restano sullo sfondo per gran parte della visione. Insomma, fuori dallo stereotipo della Manic Pixie Dream Girl sì, ma non troppo.

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L’adolescenza è un periodo di loop temporali, senza il bisogno di macchinari fantascientifici e presenza di quarte dimensioni: vivi-vai a scuola-ripeti, sopravvivi alla famiglia, parla con gli amici; giorno dopo giorno dopo giorno. In quest’ottica, la parabola ascendente di Mark, che impara a essere più empatico e altruista, che scopre che il mondo non ruota interamente attorno a lui, non è altro che il percorso di crescita che accompagna l’adolescente verso l’età adulta, rendendolo una persona in grado di vivere in società senza sbattere le porte ogni volta che qualcosa non va come previsto. Se consideriamo The Map of Tiny Perfect Things nella sua interezza una metafora del passaggio dall’infanzia alla vita adulta, però, non possiamo che renderci conto della fallacia della sua interpretazione, riassumibile con un trovati una brava ragazza e tutto girerà nel verso giusto.

The Map of Tiny Perfect Eteronormativity Things

The Map of Tiny Perfect Things è un film derivativo che non va a modificare nessuno degli stilemi dello young adult cinematografico boy-meets-girl, ma che rafforza anzi quella visione dell’amore romantico che salva tutto e tutti. Ora, abbiamo avuto tutti sedici anni e, sì, l’amore romantico occupa a quell’età una posizione abbastanza alta nella classifica delle Cose Importanti della Vita, tuttavia non posso fare a meno di chiedermi se sia nato prima l’uovo o l’amore romantico.

A sedici anni è così importante trovare l’amore della tua vita perché la genetica ci dice pronti per l’accoppiamento e quindi per la procreazione, o uno dei motivi può essere riscontrabile nel bombardamento di relazioni eteronormative legate a una visione di amore romantico come unica strada per la soddisfazione personale che subiamo in giovane età? Siamo anche noi – adolescenti e non più adolescenti – impantanati in un loop sentimentale in cui giudichiamo romantico ciò che ci viene detto essere romantico, senza ingerenze del pensiero critico individuale?

Sarebbe bello, insomma, e questa è un’occasione mancata in questo film, iniziare a rappresentare altri tipi di interazione adolescenziale che abbandonino l’abusata relazione romantica che è poi, molto spesso, niente più di un debole escamotage per emergere dal loop. Cosa succederebbe se in un anello temporale restassero intrappolate due ragazze, o due ragazzi, eterosessuali? E se ci fossero più di due persone consapevoli del loop? E se il ragazzo – o la ragazza – della sedicente coppia romantica fossero omosessuali? E se l’amore non fosse la soluzione, come ci ha mostrato Palm Springs? Citando Doctor Who, nominato più volte nel film, we’re all stories in the end, com’è possibile che finiamo per raccontare sempre la stessa?

Angela Bernardoni
Toscana emigrata a Torino, impara l'uso della locuzione "solo più" e si diploma in storytelling, realizzando il suo antico sogno di diventare una freelancer come il pifferaio di Hamelin. Si trova a suo agio ovunque ci sia qualcosa da leggere o da scrivere, o un cane da accarezzare. Amante dei dinosauri, divoratrice di mondi immaginari, resta in attesa dello sbarco su Marte, anche se ha paura di volare. Al momento vive a Parma, dove si lamenta del prosciutto troppo dolce e del pane troppo salato.