Marea Tossica di Chen Qiufan è un romanzo dalle mille anime che si intrecciano in armonia

Siamo a metà del ventunesimo secolo. Un gruppo di ambientalisti tenta di abbordare una nave portacontainer che trasporta rifiuti tossici verso la Cina, in un’azione di sabotaggio stile Greenpeace. Un uomo d’affari americano sbarca a Silicon Isle, nella provincia del Guangdong, per promuovere un nuovo piano di sviluppo industriale sostenibile e di smaltimento dei rifiuti. Tre clan si contendono il dominio della zona con la violenza e gli intrighi. In seguito a un trauma terribile una ragazza espande la propria mente oltre i limiti umani, sviluppando la facoltà di connettersi direttamente a reti dati, satelliti e robot e piegarli al proprio volere. Un ragazzo cinese, laureato in Storia all’università di Boston, torna in patria e difende i diritti dei lavoratori del posto, sentendosi più che mai uno di loro. Tutto questo è Marea Tossica di Chen Qiufan, pubblicato di recente da Mondadori nella collana Oscar Fantastica. Una storia che porta dentro di sé mille anime e riesce nell’impresa di gestirle tutte.

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Marea Tossica : la schizofrenia nella struttura narrativa di Chen Qiufan

Marea Tossica è una storia composita e stratificata nella gestione delle linee narrative, in cui Chen Qiufan esplora molteplici generi. In un’epoca sempre più polarizzata tra narratore onnisciente e punti di vista, l’opera non sceglie una posizione univoca, ma svaria ora su un lato ora sull’altro. La struttura è infatti frammentaria e richiede molta attenzione per essere seguita, soprattutto nel suo continuo andare avanti e indietro nel tempo. Il susseguirsi dei paragrafi è serrato e passa spesso dal flashback al presente, dalla divulgazione scientifica alla cronaca di un esperimento, dal punto di vista di un personaggio a quello di un altro. Non è inusuale che un particolare evento sia raccontato più di una volta con tagli diversi, per mostrare le reazioni di diversi personaggi.

La modalità narrativa di Marea Tossica è sicuramente complessa, ma non risulta mai artefatta o davvero difficile da comprendere. Chen Qiufan sembra voler semplicemente sottolineare la complessità intrinseca del mondo in cui viviamo, anche attraverso l’esplorazione di diversi generi: la prima parte è riconducibile alla nuovissima corrente della climate fiction, con una denuncia dello sfruttamento dei Paesi in via di sviluppo; a partire dalla metà, invece, la storia abbraccia i canoni del cyberpunk.

Il principale punto di forza di Marea Tossica è la capacità di Chen Qiufan di spaziare tra generi diversi senza disorientare il lettore. In altre parole l’autore riesce a combinare tra loro molti registri e influenze, ma non si percepisce mai ridondanza, incoerenza o esagerazione. Ecco alcuni dei temi più importanti che è possibile trovare nel romanzo.

La globalizzazione: un’arma a doppio taglio

Silicon Isle, la piccola regione della Cina in cui è ambientata la vicenda, è un ecosistema che vive secondo linee guida ben precise: i tre clan composti da nativi gestiscono il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti in fatiscenti baracche industriali, dove gli operai migranti lavorano senza tutela o diritti. Questo modello economico è molto diffuso nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo, in cui la classe dirigente si arricchisce sulle spalle dei poveri sfruttando i vuoti normativi e la collaborazione delle nazioni più industrializzate. Silicon Isle vive infatti di un’economia di riflesso, che dipende interamente dai rifiuti che arrivano da superpotenze come gli Stati Uniti. Alla base di questo meccanismo c’è la globalizzazione, la causa dell’arricchimento dei Paesi in via di sviluppo, ma anche la loro rovina. In cambio di ricchezza e impiego, gli abitanti devono infatti far fronte a orribili condizioni ambientali: l’aria è irrespirabile, l’acqua potabile è disponibile solo fuori città, il mare è inquinato e le malattie imperversano. La TerraGreen Recycling, azienda americana di riciclo e trattamento rifiuti, cerca di sfruttare questa situazione a proprio favore. Lo stesso Scott Brandle, impiegato dell’impresa inviato sul campo, lo ammette senza mezzi termini: la globalizzazione è solo un altro modo per chiamare l’invasione di uno Stato povero e utilizzare le sue risorse.

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L’anima ambivalente della Cina

In Marea Tossica Chen Qiufan riesce a esprimere perfettamente l’aspetto della Cina che più affascina il mondo occidentale: la sua anima ambivalente. Silicon Isle condivide infatti le caratteristiche di un Paese che, dal secondo dopoguerra in poi, ha conosciuto un’imponente sviluppo tecnologico, senza però mai dimenticare le proprie tradizioni millenarie. Scienza e religione non sono forze contrarie che si combattono, come accade nelle culture di matrice cristiana, ma due entità che convivono e si completano. Gli abitanti di Silicon Isle smaltiscono strumenti di altissima complessità tecnologica, ma non rinunciano mai all’impronta animistica e spiritualistica del loro retaggio tradizionale. Luo Jincheng, uno degli uomini più potenti della storia, si affida al rito religioso di una strega per risvegliare il figlio dal coma dopo aver visto la medicina fallire.

Anche l’amministrazione di Silicon Isle risente di modelli millenari. Nonostante esista un governo centrale con le proprie istituzioni e personalità, l’isola è governata soprattutto dai tre clan Luo, Lin e Chen, che ne gestiscono l’intera economia. Alcuni affiliati, come il Direttore Lin, ricoprono contemporaneamente cariche statali e interne al clan di appartenenza. Il meccanismo dei clan funziona all’incirca come la criminalità organizzata vista in tanti film italiani e statunitensi: lo Stato non arriva davvero a gestire i problemi della gente comune, che vengono invece presi in carico da queste istituzioni alternative.

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La divisione sociale

In alcuni frangenti di Marea Tossica l’autore Chen Qiufan sembra voler narrare la cronaca di una rivoluzione. Classe dirigente e operai sono infatti divisi da un astio nascosto che ribolle sotto la superficie, come magma pronto a esplodere all’interno di un vulcano. Da una parte ci sono i membri dei clan, i nativi di Silicon Isle che amministrano gli stabilimenti di smaltimento e riciclaggio, gli unici veri beneficiari dello status di Paese in via di sviluppo. Dall’altra c’è la gente comune, arrivata sull’isola da zone povere e arretrate, costretta a lavorare fino allo sfinimento per sopravvivere a malapena. Nonostante non esista alcun tipo di diversità etnica, le due fazioni percepiscono loro stesse come razze diverse, innalzando una disparità in realtà solamente economica sul piano genetico. I nativi emarginano i lavoratori migranti anche al di fuori dell’ambito professionale, li confinano in ghetti costruiti appositamente, ne controllano l’accesso alle informazioni per mantenere lo status quo nel tempo. Tutto questo, tristemente, trova parecchie situazioni di riferimento nella realtà del nostro tempo.

Futuro prossimo

Ambientato solamente qualche decina d’anni nel futuro rispetto all’epoca che viviamo, Marea Tossica non mette in scena dispositivi tipici della fantascienza più mainstream come automobili volanti o navicelle spaziali. L’attenzione si concentra maggiormente sugli strumenti prostetici e sul loro significato più profondo. Gli abitanti di Silicon Isle, e del resto del mondo, fanno largo uso delle protesi per potenziare gli arti, combattere l’avanzare dell’età o semplicemente ritoccare il fisico. La protesi diventa quindi parte della personalità di un individuo: continuare a modificarsi impiantandone di nuove significa diventare persone diverse. Anche le droghe passano attraverso le protesi, dato che è possibile entrare in contatto con dispositivi tecnologici in grado di riprodurne gli effetti. Caschi e occhiali per la realtà aumentata potenziano l’effetto degli allucinogeni, trasmettendo sensazioni fisiche in aggiunta a quelle mentali. Ciò che non cambia mai, invece, è la dipendenza.

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Cyberpunk

Tra le tante anime dell’opera di Chen Qiufan, Marea Tossica, c’è anche quella cyberpunk. Sebbene gli oggetti tecnologici siano importanti, infatti, la vera partita si gioca nella rete dati che collega tutti gli strumenti e gli individui. In seguito a un crimine efferato risalente a qualche anno prima delle vicende narrate, Silicon Isle è diventata un’area a bitrate limitato, in cui la velocità di connessione è inferiore rispetto al resto del mondo. Questo penalizza enormemente l’isola, soprattutto nell’attuale era dell’informazione. Diversi personaggi comprendono quanto sia importante conoscere qualcosa prima dell’avversario e si mettono alla ricerca di modalità per bypassare i limiti di connettività. Il perno centrale della vicenda è proprio l’estensione della coscienza umana oltre i limiti del corpo, andando a invadere la rete e i nodi che la compongono. Dalla metà della narrazione in avanti Marea Tossica diventa un vero e proprio romanzo cyberpunk, che propone un punto di vista sull’espansione della mente attraverso la rete e le sue conseguenze sulla personalità dell’individuo.

Marea Tossica, romanzo di esordio dell’autore cinese Chen Qiufan, è forse la sua opera più schizofrenica, sempre oscillante tra generi e temi diversi. Di solito questa caratteristica è pericolosa e rischia di far crollare la struttura narrativa, ma in questo caso l’autore riesce a donarle coerenza e compattezza. Con la sua carica critica e le sue vicende avvincenti, il romanzo si rivela adatto per un pubblico variegato, a patto di investire la giusta quantità di attenzione.

 

 

Marco Broggini
Nasce con Toriyama, cresce con Ohba e Obata, corre con Shintaro Kago. Un percorso molto più coerente di quello scolastico: liceo scientifico, Scienze della Comunicazione, tesi su Mission: Impossible, scuola di sceneggiatura. Marco ha scoperto di essere nerd per caso, nel momento in cui gli hanno detto che lo sei se sei appassionato di cose belle. Quando non è occupato a procrastinare l'entrata nel mondo del lavoro, fa sport che nessuno conosce e scrive racconti in cui uomini e gatti non arrivano mai alla fine.