In sala dal 31 marzo, Morbius porta al cinema uno dei villain storici di Spider-Man. Ma senza Spider-Man

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on grideremo allo scandalo. Di film sui villain senza l’eroe principale sono piene le sale. Certo, a volte i risultati sono sbalorditivi – vedi Joker di Todd Phillips – altre volte meno. Sometimes maybe good, sometimes maybe shit, disse un saggio. Così Sony, che detiene i diritti su quelli che sono l’universo e l’immaginario dell’Uomo Ragno, porta al cinema un suo villain, Morbius. Definirlo villain, in effetti, potrebbe non essere del tutto esatto, e lo ricorda lo stesso Jared Leto (che interpreta il protagonista) in una clip di introduzione al film. “Il confine tra eroe e villain si infrange”. Un’ottima premessa narrativa che però è presto disattesa da un film piuttosto al di sotto degli standard a cui ormai siamo abituati. Inoltre, la post-credits che vorrebbe aggiungere un po’ di pepe a una visione che parte già scoraggiata, non fa che squassare le informazioni in nostro possesso. Morbius, puoi mantenere ciò che prometti?

Non tutti i vampiri riescono col buco

Vampiri e cinema. Ma anche vampiri e letteratura, vampiri e serie tv, vampiri e videogiochi. Un’accoppiata che bene o male funziona sempre. Quasi sempre. Il vero fascino di questi personaggi sta nella sensualità, nel richiamare attraverso i loro topos narrativi il sesso, la passione, l’erotismo. Sono mostri “caldi”, pur nel loro essere sostanzialmente dei non-morti, e tendenzialmente attraenti. Ecco, Morbius nasce (ma questo proprio nei fumetti) con ben altri presupposti. Innanzitutto la sua trasformazione non ha origini demoniache, mistiche o magiche, bensì puramente scientifiche. La mostruosità del personaggio – fisica e comportamentale – deriva da un esperimento andato male, un esito sbagliato nella ricerca di una malattia mortale. Il morbo di Morbius (…) nasce dal momento in cui il DNA umano è mescolato con quello dei pipistrelli vampiri del Sudamerica, dove in effetti inizia il film.

Naturalmente, qualcosa va storto. Il risultato è una deformazione vampiresca, che richiama – chissà quanto consapevolmente – quella dei vampiri di Buffy l’Ammazzavampiri. Scherzi a parte, il lavoro di effetti speciali su Jared Leto e sul vampirismo di Morbius è abbastanza aderente a quello dei fumetti, attualizzando un design che si è evoluto negli anni, ma che è rimasto sostanzialmente simile a quello degli esordi negli anni Settanta. Quello di Morbius, però, è un vampiro “scientifico”, che perde tutto il fascino dei suoi predecessori, nonostante sia interpretato da un sex symbol come Jared Leto. Ma, probabilmente, è il contesto e la storia che lo presenta al pubblico a togliergli la maggior parte del suo appeal.

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Morbius, un villain-non villain

Nel film, così come nei fumetti, la moralità di Morbius è ondivaga e ambigua. La sua deformazione mutuata dal miscuglio di DNA gli impone di bere sangue umano per vivere. Allo stesso tempo, però, Michael Morbius è un medico, e neanche l’ultimo arrivato. Affetto sin da bambino da una malattia del sangue, ha abbracciato totalmente il Giuramento di Ippocrate, votando la sua vita al servizio dei pazienti. Finché questi non diventano una pericolosa tentazione alimentare. In questo, Morbius di Daniel Espinosa resta abbastanza fedele alla materia prima, ritraendo il protagonista in perenne conflitto tra istinto e morale. Insomma, quello di Leto è un vampiro che può essere violento e cattivo, e di fatto tutto sembra presupporre che si andrà a schierare con quelli che saranno i villain, ma è comunque meno violento e cattivo di altri.

Non si può negare a Leto di aver fatto un discreto lavoro sul personaggio, forse per usarlo come ariete per sfondare le porte dell’Universo Marvel, dopo la sua sfortuna con la DC. Infatti, dopo le brevi apparizioni del suo Joker in Suicide Squad e nella JLA di Snyder, Reeves ha introdotto un nuovo Principe del Crimine di Gotham dall’aspetto talmente macabro da farci dimenticare il gangsta Joker di Jared Leto. Eppure il leader dei Thirty Seconds to Mars ha dimostrato più volte di essere un ottimo attore, forse anche migliore di diversi suoi colleghi più fortunati nei cinecomics. Tuttavia questo non è bastato, sembrerebbe che l’operazione-fumetto non porti particolare fortuna alla carriera di Leto. Verrebbe da pensare che la sua fascinazione per i villain complessi non sia ricambiata e che la lotta per ritagliarsi spazi sempre più consistenti nell’immaginario pop per ora non abbia portato a chissà cosa.

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Cosa aspettarsi da Morbius di Daniel Espinosa

Il film, di per sé, presenta diversi problemi. Lo sviluppo della storia del medico-vampiro è portato avanti con dialoghi poco efficaci, e salti logici che rendono il tutto poco credibile, armonioso, convincente. Si susseguono una serie di situazioni poco accattivanti, a causa delle quali il film sostanzialmente non decolla mai. Si respira nelle scene d’azione, che sono comunque inquinate da degli effetti speciali di buona qualità, ma dall’estetica non perfettamente a fuoco sul personaggio. La capacità di sfruttare le correnti, e quella leggera dissolvenza che Morbius ha nel momento in cui si scatena e dà sfoggio dei suoi poteri non riescono a fare centro. Il tutto non vira né sul leggero, né su toni più cupi che sarebbero consoni al dramma di un uomo costretto a diventare mostro per sopravvivere.

Del resto continuare a fare stand-alone su personaggi nati come controparte degli eroi può portare a una stanchezza generale. Ogni volta che esce un nuovo cinecomic di questi “minori”, le major si affrettano a precisare che “non si tratta del Morbius dell’Universo con Tom Holland” o cose del genere. Siamo davanti a delle continue prove generali in cui, se tutto va male, ci si può appellare al Multiverso o al fuori-canone. Piuttosto, il pubblico forse meriterebbe meno film, ma migliori, invece che questa pesca a strascico per lettori di fumetti preparati al peggio. Pur nella sua lunghezza contenuta (nota a favore del film, che non si è dovuto adeguare necessariamente al trend del “più di due ore o stiamo scherzando”), Morbius non tiene alta l’attenzione. Potrebbe avere le atmosfere (e l’immaginario, i personaggi) di un horror e non le sfrutta. Potrebbe essere un dramma, e lo è relativamente. O perlomeno non ha una grande forza empatica. Potrebbe, ma non è. Spiacente, Jared, sarà per la prossima volta.

Francesca Torre
Storica dell'arte, giornalista e appassionata di film e fumetti. Si forma come critica tra Bari, Bologna, Parigi e Roma e - soprattutto - al cinema, dove cerca di passare quanto più tempo possibile. Grande sostenitrice della cultura pop, segue con interesse ogni forma d'arte, nella speranza di individuare nuovi capolavori.