Persopolis di Marjane Satrapi, raccontare l’Iran a fumetti

Il fumetto è un mezzo prodigioso. Nonostante sia nato come un intrattenimento di facile lettura, intuitivo, pensato soprattutto per i più piccoli e per un assaggio veloce (quello delle strip, sulle sunday pages), col tempo è diventato qualcosa di più. Merito degli autori, naturalmente, che piano piano hanno cominciato ad intravederne le possibilità e lo hanno scelto come forma di espressione prediletta. Ma l’altro aspetto fondamentale, che ha permesso al fumetto di evolversi così rapidamente, è stato il fatto di essere nuovo.

Scott McCloud, nel 2000, sosteneva che il fumetto era ancora tutto da inventare. E forse non aveva torto, visto che negli ultimi anni sta vivendo una straordinaria fioritura di cui ancora non si vede la fine. Una fioritura a cui nel 2000 (quasi contemporaneamente ad Understanding Comics) ha preso parte anche Marjane Satrapi col suo Persepolis (Persepolis. Histoire d’une femme insoumise), autentico capolavoro capace di vendere milioni di copie in tutto il mondo e di diventare nel 2007 un lungometraggio candidato agli Oscar. Non male, per il primo fumetto iraniano mai pubblicato.

Persepolis
La copertina della nuova edizione di Persepolis

Persepolis è profondamente iraniano, anche se è stato pubblicato in Francia, da una casa editrice francese (L’Association, la più importante realtà indipendente delle bande dessinée) e in lingua francese. È iraniano non solo perché lo è anche la sua autrice, Marjane Satrapi, ma perché racconta la storia dell’Iran. Quella vera, dalla caduta dello Scià fino alla modernità, con l’avvento della rivoluzione islamica ispirata dall’Ayatollah Khomeini. Si dice che la Storia, quella con la S maiuscola, sia scritta dai vincitori, dai grandi leader e dai capi di Stato, tuttavia prima di passare sulla carta passa davanti agli occhi di chi l’ha vissuta. E Marjane l’ha vissuta tutta. Da quando era bambina e c’era ancora la monarchia, quando era una ragazzina e infuriava la guerra tra l’Iran e l’Iraq, quando era una giovane donna emigrata in Europa nella speranza di trovare una vita migliore e quando ha scelto di tornare a casa per via della troppa nostalgia. Lei era lì, anche le volte in cui non c’era fisicamente. Questa è la storia di Marjane Satrapi. È la storia dell’Iran.

Histoire d’une femme insoumise

Iran, anno 1980. Marjane è una bambina di dieci anni, proveniente da una buona famiglia, curiosa, vivace e un po’ ribelle. I suoi genitori sono persone aperte, progressiste, che cercano di non farle mancare niente e di crescerla con una mentalità internazionale. Ma adesso quel sogno è finito. C’è stata la Rivoluzione Culturale in Iran, la Rivoluzione Islamica, che ha cacciato l’ultimo Scià della dinastia Pahlavi e ha dato vita ad una nuova società, fondata sui precetti dell’Islam. Marjane è ora costretta a portare il foulard, che odia perché troppo pesante e scomodo. In realtà non ha le idee molto chiare a riguardo, visto che da sempre è molto attaccata alla fede. Non a caso, il suo sogno è quello di essere l’ultimo dei profeti. Ma legge molti autori occidentali e cresce tra i racconti delle imprese di Che Guevara e di suo zio Anush, fervente comunista. Mostra presto i primi segnali di un’indole ribelle e rivoluzionaria. Un’indole che è di famiglia. Ma ormai sembra che la Rivoluzione abbia trionfato. E l’arrivo della guerra non ha fatto altro che accelerare questo processo.

persepolis

La guerra tra Iran e Iraq, infatti, facendo leva sul patriottismo e il senso del dovere ha finito per rafforzare le posizioni estremiste del regime. Mentre le bombe cadono su Teheran, per Marjane la situazione si fa più difficile: il suo atteggiamento anticonformista è sempre meno tollerato.

A quattordici anni, i suoi genitori decidono di mandarla a studiare in Europa, a Vienna. Laggiù, lontana dall’Iran, sarà libera di seguire le sue inclinazioni e non dovrà sottostare alle imposizioni di uno Stato repressivo. Ma le cose non vanno come previsto: nella “laica e civilissima” Europa Marjane è sottoposta a continue discriminazioni, fatica ad integrarsi a causa del suo essere iraniana e musulmana, a trovare il suo posto. Sballottata da un collegio ad un altro, senza amici e costretta a negare la sua identità tra persone che non la sopportano, finisce per strada e rischia la vita. Ma riesce, in qualche modo, a sopravvivere.

Allora, consapevole delle conseguenze, decide di tornare in Iran. Preferisce vivere con la famiglia in una società che limita i suoi diritti invece che essere libera in un paese che la odia. Tuttavia, è peggio di quel che ricordava: in Iran ormai sembra che ogni forma di dissenso sia stata spazzata via. Il fatto di aver vissuto in Europa, poi, la pone sotto una luce diverse rispetto alla sue coetanee, che la vedono come qualcosa di strano, di corrotto. Se prima era troppo iraniana per essere occidentale, adesso è troppo occidentale per essere iraniana. Marjane non riesce più a sopportarlo e medita il suicidio, che però fallisce. Questo miracolo la spinge a ritrovare la forza di combattere, lo spirito ribelle di quando era bambina. Si iscrive all’Università (naturalmente femminile), studia arte, fa nuove amicizie e si sposa, seppur per un breve periodo. E così, nel 1994, Marjane decide di lasciare di nuovo l’Iran, stavolta per non tornare mai più.

La Storia è negli occhi di chi guarda

Brevemente, è questa la trama di Persepolis, strutturata in oltre trecento pagine di fumetto in bianco e nero, dai disegni minimali ed essenziali, eppure forti, comunicativi e, in alcune occasioni, estremamente drammatici. Ma senza trascurare una buona dose d’ironia, tratto distintivo della poetica della Satrapi che cerca sempre il giusto equilibrio tra il tragico e l’umoristico. Un equilibrio riconosciuto e giustamente premiato sia dalla critica che dal pubblico, che a suon di vendite e premi prestigiosi (tra cui il Premio Alph-Art, l’Oscar del fumetto francese) l’ha consacrato come un classico istantaneo della letteratura disegnata.

Iran Un classico che è emanazione diretta della stessa Marjane Satrapi, capace, con il suo stile essenziale e schietto, di parlare della storia di un’intera generazione e di un’intera nazione attraverso le sue personali esperienze, senza autocommiserarsi. E forse non avrebbe tutti i torti: lei ha visto la guerra, i morti per le strade di Teheran; ha visto i suoi coetanei imbracciare le armi con in mano una chiave di plastica per il paradiso; è stata costretta a fuggire nella speranza di un futuro migliore e poi, una volta scoperto che non poteva averlo, è tornata indietro.

Sembrerebbe il plot di un feuilleton, un libro a puntate pieno di colpi di scena degno del miglior Dumas, invece è una storia vera. Persepolis è una biografia, un romanzo di formazione, un fumetto (alcuni direbbero graphic novel), il racconto di una famiglia, di un viaggio e di un periodo storico preciso, narrato con minuzia di particolari e descrizioni. Non è una ricostruzione artificiosa, né di parte, non è pro o contro qualcosa, è realistica in quanto frutto dei ricordi di chi questi eventi li ha vissuti davvero.

Marjane Satrapi

L’idea di parlare della Storia, quella Grande e Importante, attraverso la propria vita non è certo nuova, nel fumetto come in letteratura. La scelta di sfruttare le vicende dei personaggi (veri o inventanti che siano) per menzionare i fatti di cronaca ha alimentato, nei decenni, quel filone del “romanzo storico” che tanti capolavori ha dato alla cultura mondiale. Prendete Guerra e Pace, per esempio, in cui Lev Tolstoj grazie alle avventure dei suoi protagonisti riesce a parlare dell’invasione napoleonica in Russia. Oppure, senza andare troppo lontano, pensate a I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, che questo genere l’ha teorizzato e messo in pratica.

Anche il fumetto ha le sue ottime prove del romanzo storico, ovviamente, come Berlin di Jason Lutes, Blankets di Craig Thomas o Maus di Art Spiegelman. Ed è forse a Maus che bisogna guardare per comprendere Persepolis. Entrambe le opere utilizzano la prospettiva personale dei loro autori per raccontare la Storia, Spiegelman da una parte e Marjane Satrapi dall’altra. Ma con una differenza sostanziale: mentre Art si limita a veicolare le memorie di suo padre Vladek, che ha assistito agli orrori dell’Olocausto, Marjane non ha bisogno di farsi raccontare alcunché, perché quegli eventi li ha vissuti di persona.

L’Iran di Marjane Satrapi

In questo ribaltamento di prospettiva si cela il significato profondo di Persepolis e il suo grande valore di testimonianza storica. Per quanto leggere libri, guardare documentari e studiare sia uno strumento fondamentale, per conoscere i significati degli eventi storici bisogna farseli raccontare da chi li ha visti. In fondo, la Storia non è che questo: un racconto collettivo, fatto da chi c’era prima nei riguardi di chi verrà dopo. Un tempo, erano i nostri nonni a parlarci delle loro epoche, erano gli anziani a preservare la memoria storica e questo permetteva agli eventi di non essere freddi, ma di avere il proprio colore, il proprio suono e il proprio odore. Purtroppo, negli ultimi tempi questa abitudine sembra essersi persa e demandare ai libri il compito di rammentare la Storia ha contribuito a trasformarla in qualcosa di lontano, tant’è che molti adesso la mettono perfino in dubbio. Anche con Marjane ci hanno provato, ovviamente. In primo luogo l’Iran stesso che, dopo il successo del film di Persepolis del 2007, l’ha etichettato come una manovra contro l’Iran e ha condannato l’autrice a non fare più ritorno in patria.

Iran

Prova provata che Persepolis ha colto nel segno (come se i numerosi premi vinti non lo avessero già dimostrato). Infatti la Storia, quand’è reale e onesta, dà sempre fastidio, perché ne vengono a galla tutte le contraddizioni. Perché i grandi eventi (anche quelli “giusti”) non sono bianchi o neri e dimostrano tante sfumature, che è bene saper cogliere per guardare la realtà in un modo diverso senza banalizzarla. E Persepolis lo fa, anche quando forse sarebbe meglio tacere.

Il valore storico del lavoro della Satrapi sta anche in questi dettagli, in questa sua onestà di fondo. Ad esempio, quando ci mostra le contraddizioni della sua stessa famiglia, sulla carta aperta e progressista ma ancora legata a certe tradizioni, come quella di avere una serva. Oppure sul regime dello Scià che, pur essendo totalitario e monarchico, aveva aperto l’Iran ad un certo respiro internazionale. Anche sull’avvento della Rivoluzione Islamica, inizialmente buona e giusta, mossa da sani principi e poi trasformatasi, come spesso succede, in un incubo. Però anche qui non è tutto bianco e nero e Persepolis ci mostra la fervida passione di chi ha creduto davvero in questa rivoluzione, di chi l’ha difesa e ha scelto di morire per proteggerla. Stesso discorso per l’Europa, quell’Europa che si professa aperta, multiculturale, laica e democratica e che costringe i musulmani a negare se stessi, la propria identità, per integrarsi. Un’Europa che non si fa scrupoli ad approfittare delle paure di una ragazza in difficoltà e in terra straniera. E ancora l’Iran che, nonostante il suo regime repressivo, ha garantito diritti che prima in pochi potevano permettersi, come quello allo studio. Non a caso, i giovani iraniani oggi sono tra i più istruiti e qualificati del mondo.

La Storia è piena di contraddizioni, così com’è l’umanità stessa è piena di contraddizioni, ed ecco perché conoscere la Storia è così importante: ci permette di capire meglio noi stessi. E Persepolis ci ha fatto capire meglio l’Iran, gli iraniani, l’Europa, gli europei e il fumetto.

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!