Nasce come “cugina di” e diventa un personaggio a tutto tondo. Storia e battaglie di Jennifer Walters, ovvero She-Hulk

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a fidanzata di. La cugina di. La zia di. La storia dei comics è riccamente abitata da eccellenti comprimari femminili. Personaggi che graffiano la loro autonomia albo dopo albo, emancipandosi dal supporting role come unica ragione di vita. Nel caso di Jennifer Walters, aka She Hulk, questo percorso è stato battuto a suon di lotte acrobatiche e spettacolari, arringhe in tribunale e autodeterminazione. Leggera, col sorriso sornione di chi ha capito le regole del mondo maschile in cui si trova e passa dal rancore puro al rancore ironico. Insomma, una femminista come tante.

Scherzi a parte, She Hulk è ben altro che la cugina di Bruce Banner, anche se a lui (e al suo alter ego verde) sono legate le sue origini editoriali e narrative. A breve, tra l’altro, esordirà con una serie dedicata interamente a lei, che porterà una versione di sintesi del personaggio a fumetti, con uno sguardo particolare verso la sua declinazione più contemporanea. Questo, almeno, stando alle prime immagini viste nel trailer. A interpretarla, l’attrice di Orphan Black Tatiana Maslany trasformata dalla CGI che le dona un corpo muscoloso, slanciato e inevitabilmente verdissimo.

She Hulk delle origini, chi e come

La prima storia in assoluto in cui compare She Hulk porta la firma niente di meno che di Stan Lee (con i disegni del Maestro John Buscema). Questo esordio, che sarà poi consegnato alle mani di David Anthony Kraft, lancia la testata di The Savage She-Hulk. Siamo nel febbraio 1980 e l’Hulk di Ferrigno spopolava in TV, rendendo il gigante verde di casa Marvel più iconico che mai. Allo stesso tempo, però, spopolava anche La donna bionica, spin off “al femminile” de L’uomo da sei milioni di dollari. Era un periodo di sperimentazione, di avvicinamento di nuove fette di pubblico e di lanci di serie come ami per accalappiare lettori. Fu così che Stan Lee decise che andava introdotto un Hulk femmina. She Hulk, perlappunto.

Dettaglio della cover di The Savage She Hulk #1 del 1980

La primissima Jen Walters (lanciata da Lee ma definita da Kraft) è una vera e propria strizzata d’occhio al movimento femminista e di sex positivity che nell’America degli anni Settanta e Ottanta stava prendendo piede. Il tutto, non dimentichiamo, declinato per un pubblico ancora prevalentemente composto da maschi adolescenti. Le sue origini nascono da una trasfusione di sangue, quando Bruce Banner si rivolge alla cugina avvocata Jennifer Walters (giovane, coraggiosa, anche un po’ spericolata) per ottenere una difesa efficace in tribunale. Tuttavia, dato che buon sangue (…) non mente, anche Jen è nel bel mezzo di una situazione pericolosa e viene sparata dagli scagnozzi di Trask, un Capo della Malavita a cui sta dando la caccia. Per salvarla, dunque, Banner ricorre a un gesto disperato e le dona il sangue, rischiando che i Raggi Gamma alla base delle sue violente trasformazioni dessero filo da torcere anche a Jen. Una versione contemporanea e supereroistica della famosa costola di Adamo, che se ne priva per generare il suo alter ego donna. Sicuramente delle origini derivative nel verso senso della parola.

“Ma allora non sei stupida come quell’altro!”

L’imposizione dell'”Hulk femmina” agli autori Marvel non fu presa benissimo. L’idea di fare un prodotto puramente commerciale che non avesse nulla da aggiungere al suo corrispettivo maschile era davvero poco stimolante. Fu così che con Kraft (ai testi) e Mike Vosburg (disegni) il personaggio iniziò a prendere sin da subito una strada autonoma. Innanzitutto il conflitto tra l’essere riconoscenti per il salvataggio e l’essere segnati da uno stigma è bello vivo nel tormento di Jen, ed è un concetto affatto banale. Ancora meno banale è il fatto che She Hulk, a differenza di Hulk, conserva la propria intelligenza anche quando si trasforma. Insomma, non è un’energumena tutta muscoli e rabbia, ma è un’energumena che sa quello che fa. In The Savage She Hulk 6 (Enter: The Invincibile Iron Man) sarà proprio Stark a notare questa fondamentale differenza, osservando che non “è affatto stupida come l’altro”.

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Una vignetta di The Savage She Hulk #1

Se per Banner la rabbia verde è un fiume in piena incontrollabile (almeno nei primi determinati decenni della sua storia), per Walters è un atto liberatorio, che le consente di sfogarsi dalle piccole ed enormi frustrazioni della sua vita. In quanto giovane legale, deve confrontarsi quotidianamente con l’atteggiamento sessista di colleghi, superiori, e “nemici”. Ma il suo ruolo le impone di controllarsi e di non mandare a quel paese ogni maschilista che le si para davanti pronto a delegittimarla. Quando è She Hulk, invece, non c’è freno sociale che tenga. Tu mi sminusci? E io lancio un tir con rimorchio sulla tua auto nuova di zecca.

She Hulk sceglie!

I casi che Jen affronta nei primi numeri della serie la portano a confrontarsi con diverse storture del decennio in cui vive. Dalle sette, alla criminalità organizzata, la sua vocazione per la giustizia è sempre ben presente nelle storie. In primo luogo Jen è un’idealista, che sceglie il mestiere di avvocata non per un tornaconto di gloria o denaro, ma per essere nel luogo giusto per fare la cosa giusta. Nel tempo, e col passare del personaggio tra le mani di diversi autori (soprattutto John Byrne) anche il suo conflitto interiore tra l’essere Jen Walters e l’essere She Hulk si appiana. Già nelle prime storie degli anni Ottanta Jennifer impara a controllare le sue trasformazioni, a gestirle (più o meno) e a non viverle come un pericolo per se stessa. Sarà Byrne però a determinare la grande svolta del personaggio. Jen Walters diventa una volta per tutte She Hulk, e lo diventa per sempre. E, a quanto sembra, non la prende neanche troppo male.

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Il momento in cui Reed Richards rivela a She Hulk che la sua trasformazione è irreversibile, raccontato da John Byrne in The Sensational She Hulk (1985).

Pensate che passo in avanti per questa eroina, che straordinario impatto sull’immaginario. She Hulk abbraccia il suo essere “selvaggia” (come urla il titolo della sua testata), e diventa “sensazionale”. La valchiria verde smette di essere un alter ego e diventa identità principale, evoluzione. La personalità e l’intelligenza restano sempre più fedeli alla Jen di partenza, che acquisisce diventando She Hulk sicurezza, ironia, leggerezza e un pizzico di sano egocentrismo. In più vive in pieno la liberazione sessuale di quegli anni e sceglie di propri partner senza farsi incastrare in matrimoni normalizzanti, che l’avrebbero ricondotto al rassicurante standard di “brava ragazza”.

La donna più intelligente dell’universo

Che ci siano tanti tipi di intelligenza, è un dato ormai assodato. Che ci siano tanti tipi di intelligenza nell’universo Marvel – in cui compaiono prevalentemente cervelloni scientifici – è dato meno per scontato. She Hulk introduce, però, un acume che molti suoi colleghi maschi (e femmine) si sognano soltanto. Una volta liberata dal giogo della responsabilità femminista dagli autori (e del dover guadagnarsi con rabbia e fatica ogni atto di rispetto), la sempreverde She Hulk afferma la sua esistenza in maniera assoluta. Tant’è che – prima ancora di Deadpool – è IL personaggio che infrange a più riprese la quarta parete.

She Hulk prende in giro i suoi stessi autori, polemizza bonariamente sulle scelte narrative e sui disegni, legge la grammatica del fumetto e la contesta. Di eroi pronti a menar le mani sono pieni i comics, così come di super geni della tecnologia. Ma quanti eroi dei fumetti sono consapevoli di essere eroi dei fumetti? La lettura del mondo in cui si agisce è un presupposto metalinguistico interessantissimo. Per molti che si sono accostati al personaggio, uno dei maggiori punti di forza di tutte le serie che la riguardano.

Francesca Torre
Storica dell'arte, giornalista e appassionata di film e fumetti. Si forma come critica tra Bari, Bologna, Parigi e Roma e - soprattutto - al cinema, dove cerca di passare quanto più tempo possibile. Grande sostenitrice della cultura pop, segue con interesse ogni forma d'arte, nella speranza di individuare nuovi capolavori.