Torna The Expanse con i primi tre episodi della quinta stagione e si conferma una serie che non è solo fantascienza

È trascorso un anno da quando vi abbiamo chiesto perché non state guardando The Expanse e speriamo che abbiate passato una parte di questi lunghi dodici mesi a mettervi in pari con le avventure della Roci e del suo variegato equipaggio. Se così non fosse non preoccupatevi, siete sempre in tempo per intraprendere questo viaggio spaziale di cui sono appena stati messi online su Prime Video i primi tre episodi della quinta – e penultima – stagione.

L’importante è finire

Flames to dust / Lovers to friends / Why do all good things come to an end? si chiedeva nel 2006 una sconsolata Nelly Furtado, esprimendo quel sentimento generale di delusione che proviamo quando qualcuno ci ricorda che il gioco è bello quando dura poco. Il poco, in questo caso, è sei stagioni – non male se si pensa che The Expanse ha rischiato la chiusura improvvisa dopo la terza stagione, quando SyFy ha annunciato di voler interrompere la serie, e solo l’intervento di Amazon ha permesso alla produzione di andare avanti per altre tre stagioni. La notizia che dopo la scorsa stagione e questa stagione resta solo un’altra stagione (cit.) ha contrariato i fan, mentre chi nella serie ci lavora, compresi gli autori della saga, James S. A. Corey, si sono detti soddisfatti del tempo a loro concesso per chiudere la narrazione.

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Quello che sappiamo, dopo la visione dei primi tre episodi della quinta stagione e in attesa degli altri sette che usciranno a cadenza settimanale ogni mercoledì, è che gli eventi a cui assistiamo sono quelli narrati nel quinto romanzo della serie – Nemesis Games -, mentre resta da capire se nella stagione finale la storia continuerà a seguire i romanzi, riassumendo i quattro capitoli restanti – o se libri e serie tv divergeranno nel finale. Qualunque sia la strada scelta dai produttori, tuttavia, l’unica speranza che possiamo avere, come fandom, è che The Expanse mantenga fino all’ultimo episodio quel livello di qualità che vediamo riconfermato in questi nuovi episodi.

Chi ben comincia è a metà dell’opera

Cosa si può dire, arrivati alla quinta stagione di una serie come The Expanse? Possiamo parlare di quanto sia difficile rinnovarsi a ogni stagione, passando dal cyberthriller alla space opera senza rinunciare a una capatina nell’esoesplorazione, il mistico alieno, l’intrigo planetario, l’apocalittico terrestre e chi più ne ha più ne metta? Ecco, per esempio, parliamo del fatto che The Expanse è una serie che non inventa niente ma che rielabora benissimo ciò che già conosciamo: che si parli di tecnologie, di tropi della fantascienza o di rivisitare la realtà degli eventi per trasformarli in narrazione, The Expanse è come Wolverine – il migliore in quello che fa.

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Se dal punto di vista tecnologico innovazioni viste nella serie come il motore Epstein hanno alla loro base una plausibilità scientifica e ingegneristica, archetipicamente possiamo riscontrare in The Expanse un worldbuilding che attinge a piene mani dalla tradizione – i coloni marziani inquadrati in un sistema fortemente militare, la sovrappopolazione terrestre contenuta e blandita per mezzo di un sistema di lotterie, la ribellione delle colonie più lontane per contrastare gli effetti di un capitalismo multiplanetario interessato più al benessere dei pochi che alla sopravvivenza dei molti. Questi elementi classici della fantascienza rassicurano lo spettatore che sa cosa aspettarsi da questo futuro espanso del sistema solare – e oltre, come abbiamo visto nella quarta stagione – ma allo stesso tempo permette di raccontare una storia – il vero valore aggiunto della fantascienza – in grado di mettere in scena il nostro mondo, il nostro tempo, il nostro vissuto.

The Expanse, tutto l’universo è metafora

Proprio in quest’ottica la quinta stagione di The Expanse continua a delineare una guerra tra fazioni in cui è possibile scorgere le macerie del nostro mondo, in cui una madre cerca di riallacciare i rapporti con il figlio abbandonato nel momento in cui l’unica scelta possibile era quella di lasciare indietro tutto – anche l’amore – per sfuggire a una relazione abusiva. Naomi che si separa da Holden per andare alla ricerca di Filip, il figlio ormai adolescente avuto con il terrorista OPA Marcos Inaros, è una figura che, spogliata dagli orpelli della narrazione fantascientifica, non si discosta dall’esperienza di migliaia di donne che, nei territori presidiati da Daesh, vengono tenute ostaggio in una situazione in cui fuggire significa perdere tutto, compresa la propria famiglia.

Se Naomi, infatti, decide di non permettere più al suo compagno di usare le sue competenze per danneggiare gli altri, in atti terroristici che mirano più a distruggere vite umane che a lottare per migliorare le condizioni di vita dei belters, ogni scelta simile porta con sé un prezzo molto alto da pagare e per ogni Naomi che riesce a fuggire centinaia di donne non ne hanno la forza o l’opportunità. Se i governi marziani e terrestri ci sembrano qualcosa di già visto – con le loro trame e i loro tranelli, la corruzione e i giochi di potere – la vera zona grigia di The Expanse è costituita dalla Belt, la cintura di asteroidi e stazioni che gravita ai margini del sistema solare e delle società, rifornendo i pianeti interni di materie prime e risentimento degli abitanti – cresciuti in zone con una gravità molto inferiore a quella dei pianeti – a cui ogni opportunità di mobilità sociale e spaziale è preclusa.

The Expanse come metafora, insomma, presenta situazioni reali – e non solo realistiche – che contemplano l’emigrazione – come vediamo in questi primi tre episodi, la scoperta di nuovi pianeti colonizzabili ha dato il via a una corsa all’oro in cui i belters sono comunque sempre svantaggiati -, i diversi approcci alla rivolta – il terrorismo di Marcos Inaros, sì, ma anche la Medina Station di Fred Johnson e il redemption arc di Camina Drummer e Klaes Ashford – , i danni dell’avidità e del classismo, rivestendo la realtà con uno strato di sense of wonder che non nasconde il messaggio, ma lo amplifica e lo rende storia universale. E questo è un altro buon motivo per guardare The Expanse.

Angela Bernardoni
Toscana emigrata a Torino, impara l'uso della locuzione "solo più" e si diploma in storytelling, realizzando il suo antico sogno di diventare una freelancer come il pifferaio di Hamelin. Si trova a suo agio ovunque ci sia qualcosa da leggere o da scrivere, o un cane da accarezzare. Amante dei dinosauri, divoratrice di mondi immaginari, resta in attesa dello sbarco su Marte, anche se ha paura di volare. Al momento vive a Parma, dove si lamenta del prosciutto troppo dolce e del pane troppo salato.