Pomodori verdi marci alla fermata del web

Ultimamente si fa un gran parlare di Rotten Tomatoes ed il suo sistema di “misurazione”.
Ma cos’è Rotten Tomatoes? Il male del cinema, risponderebbero molte case di produzione o i vari distributori.
Prima di avventurarci in questo percorso, spieghiamo a tutti brevemente di cosa si tratta.
Tanto per cominciare, esordiamo col dire che Rotten Tomatoes è il più grande sito di aggregazione di voti presi dalle recensioni cinematografiche di tutto il web. Ecco che emerge pertanto il primo punto, quello che – di base – scagiona il sito in questione da tutte quelle accuse che lo vorrebbero come primo colpevole degli eventuali flop al box office. Poiché, è bene specificarlo ulteriormente affinché sia davvero chiaro, Rotten Tomatoes NON ASSEGNA voti, bensì li raccoglie.

Per ogni film ci si avvale di un Tomatometer, che altro non è che la percentuale di recensioni positive della critica, e questa somma porterà a tre differenti gradi di giudizio: il pomodoro marcio; il pomodo rosso; il pomodoro rosso di alta qualità, con tanto di marchio di certificazione.
Facciamo un esempio utilizzando un film che ha fatto in tal senso imbestialire i diretti interessati.
Stiamo parlando de I Pirati dei Caraibi: La Vendetta di Salazar, come potete vedere dal seguente screenshot.


Il Tomamoter segna il 27% di recensioni positive, e siccome per ottenere un pomodoro rosso c’è bisogno di almeno un 60%, al quinto capitolo del franchise con Sparrow protagonista è toccato un bel marcione di colore verde.
Sotto, come noterete, c’è la dicitura Review Counted, che ci dice anche quante recensioni sono state considerate in questa aggregazione con la conseguente divisione tra quelle “fresche” e quelle “marce”, e sopratutto c’è anche l’Average rated, ovvero la valutazione media, che in questo caso preso ad esempio rappresenta 4.7 su 10. Quantomeno ai tempi della scuola questo voto a casa sarebbe diventato un più onorevole 5, ma qui non si può barare.

Quindi, concludendo questo specchietto introduttivo, il sistema utilizzato da Rotten Tomatoes è piuttosto semplice e sicuramente assai lineare.

Il punto adesso è: quali problema crea?
Già dallo scorso anno, in prossimità dell’uscita di Suicide Squad, i fan della DC avevano lanciato una petizione per far chiudere il sito, sostenendo l’avversione di questi contro la casa di Burbank e che quindi il lancio di pomodori marci fosse mirato proprio a colpire i film in questione.
Teoria smentita, oltre che dai fatti o dall’utilizzo di una dose minima di raziocinio (capiamo bene che purtroppo non è cosa da tutti), anche dall’ultima nata in casa DC, Wonder Woman, alla quale Rotten Tomatoes, dopo aver appeso un bel fiocco rosa, regala un pomodoro rosso con tanto di marchio di qualità.

Ovviamente l’argomento è ritornato di moda di recente, complice il numeroso ingresso nelle sale di film alquanto discutibili, i cui addetti ai lavori hanno però avuto di che lamentarsi per il trattamento subito in R.T. Il sovracitato Pirati dei Caraibi è soltanto un esempio, ed altri potrebbero essere Baywatch o The Mummy, che hanno ottenuto punteggi anche peggiori (e nemmeno di poco).

Lampante – tra i recenti – il caso de La Mummia, che ha avuto un grosso dislike anche da parte gli utenti che posso esprimere il loro gradimento attraverso un sistema di votazione (questo sì che lo è) all’interno del sito stesso. Ed è un caso lampante perché solitamente la gente tende più a dare giudizi positivi, ed evitare di darli quando questi sono negativi; ma ovviamente non è il solo.
Un discorso simile tra l’altro riguarda la critica stessa. Perché se, in fondo, il critico può trovare ugual godimento nell’osannare un film che ha amato come il buttarne giù uno che ha disprezzato, di certo è sempre meno interessante recensire un’opera che sta nel mezzo, e vi assicuro che purtroppo queste rappresentano la maggior parte, come come posso garantirvi che è sempre più bello esprimere il proprio giudizio su una pellicola che ci ha trasmesso tante emozioni positive, piuttosto che farlo su una che non ce ne ha trasmesse proprio o lo ha fatto in negativo.

Al di là di questo però ogni critico cinematografico ama il suo lavoro così come ama la settima arte, e rispetta profondamente tutto quello che c’è dietro la costruzione di un film, pertanto è assolutamente folle ritenere che ci divertiamo a distruggere il lavoro degli altri. Siamo chiamati a giudicare l’operato altrui, ed è anche grazie a noi che questi ottengono risalto e vengono conosciuti dalla massa, ma un conto è chiudere il proprio file word essendo soddisfatti dell’articolo realizzato, seppur questo contenga una valutazione negativa, altro è provare gioia per aver stroncato un’opera.
In fondo, pensateci, è tutta questione di logica.
Siete mai entrati in sala esclamando: “Adesso spero proprio di assistere ad un brutto film”? A meno che non abbiate qualche rotella fuori posto, direi di no. E perché mai dovrebbe farlo un critico?
Su questo punto ha anche risposto Matt Atchity, editor in chief di Rotten Tomatoes nonché critico cinematografico, dichiarando: “Io vorrei che ogni film fosse buono. Mi piacerebbe davvero”; aggiungendo poi che è totalmente fuori strada chi pensa che Atchity e R.T. possano augurarsi il fallimento di qualcuno.


Eppure il polverone alzato di recente dopo il flop al botteghino di numerosi film, tra cui quelli citati precedentemente, ha fatto sì che si puntasse il dito in due direzioni: verso i critici e verso Rotten Tomatoes.
Le accuse nei confronti dei critici non sono certo un argomento nuovo, e meriterebbero una discussione a parte, ma quelle dirette verso il sito di R.M. rasentano davvero l’assurdo e ciò che più spontaneamente verrebbe da dire a questi detrattori è: non vi è mai venuto in mente che, magari, la colpa dell’insuccesso al box office possa dipendere da scelte sbagliate e da una qualità mediocre del film? O pensate, come abbiamo detto prima, che noi critici siamo contenti di vedere opere così brutte? Considerate che molti che fanno questo lavoro stazionano nelle sale cinematografiche tutti i giorni, passando spesso da un’anteprima all’altra, per non parlare poi dei festival, in cui si partecipa a vere e proprie maratone arrivando a vedere quotidianamente anche più 5 film.
Immaginate dunque la “gioia” di chi, dovendo assistere a più proiezioni durante lo stesso giorno, si ritrova ad avere a che fare con film mediocri o pessimi.
Come espresso in precedenza col parallelismo critico-spettatore, direi che le motivazioni dei vari fallimenti vadano ricercate altrove.
È piuttosto normale che la gente sia stanca di assistere al quinto film dei Pirati con il solito Johnny Depp che inanella la stessa identica performance da 15 anni a questa parte, o che magari gli spettatori siano decisamente sfiduciati di fronte all’ennesimo reboot di un film o una serie di successo, come può essere il caso di Baywatch, a maggior ragione poi se per protagonisti ci ritroviamo The Rock e Zach Efron. Il cinema per i più è un hobby, e pure piuttosto costoso, per cui non si può colpevolizzare nessuno se si tende a selezionare cosa vedere e, perché no, affidarsi ogni tanto ai giudizi di chi è critico per mestiere.

Fare il tiro a bersaglio contro Rotten Tomatoes quindi non porta assolutamente a nulla, né ha senso alcuno. Il fatto che sia il più grande punto di riferimento mondiale per informarsi sul giudizio generale che la critica si è fatta di un film non lo rende certo colpevole di un fallimento, e se proprio ce la si vuol prendere con qualcuno, questo qualcuno può essere il sistema.
Molti anni fa non c’era l’attuale metodo di valutazione basato sulla percentuale, sui numeri o sulle stellette. I primi ad utilizzarlo a tutti gli effetti furono gli americani, ma anche qui in Italia arrivò abbastanza presto, considerando che la rivista mensile “Cinema” lo aveva, in pratica, sempre adoperato. Possiamo tuttavia dire che fu con Morando Morandini, dalla fine degli anni ’70, che le stellette presero piede, e poi nel corso del tempo questo sistema si è evoluto ed oggi ogni testata ha un proprio metodo a cui fa riferimento. Alcuni ad esempio continuano ad evitare il voto o le stellette, utilizzando un giudizio basato su un aggettivo (un po’ come si faceva a scuola con i voti dall’ottimo all’insufficiente), e questo avviene perché non è mai bello, nemmeno per un critico, etichettare un’opera.

Certamente questi sistemi di valutazione rendono più semplice l’identificazione di un verdetto e consentono paragoni tra un film e un altro, un caso portato poi all’estremo da Rotten Tomatoes, che però teoricamente dovrebbe essere il più attendibile tra tutti, unificando una quantità enorme di recensioni. Al contempo però il voto svilisce un minimo il senso della recensione, senza contare il fatto che molte persone si limitano alla lettura del verdetto, non curandosi delle motivazioni che hanno portato ad un simile giudizio.
Ovviamente i ritmi frenetici dell’attuale società rendono necessaria un’impostazione di questo tipo, in modo da garantire una fruizione il più ampia possibile, che possa essere usata parimenti dal pensionato che legge il giornale al bar la mattina e dal giovane universitario che controlla rapidamente il suo smartphone sulla metropolitana.

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Per cui mi sembra piuttosto evidente che siamo tutti vittime di un sistema di scatole cinesi, ma come in tutte le cose, anche nel cinema si tende a colpevolizzare chi si trova nel mezzo o alla fine di una scala gerarchica, senza prendersi mai la briga di capire come si è arrivati a questo e su chi si dovrebbe puntare il dito, se proprio non si riesce a tenerlo stretto nella propria mano.
Questo esempio può essere considerato come l’ennesima prova per cui è assurdo criminalizzare un sito come Rotten Tomatoes per un sistema dal quale è stato semplicemente fagocitato.

Un altro punto che va considerato in questa ottica, come tra l’altro feci io stesso in un mio ironico listone sulle 10 cose che un cinefilo odia, riguarda il fatto che l’influenza della critica sul pubblico è sempre minore e le persone stabiliscono in perfetta autonomia i film a cui assistere, arrivando in molte situazioni a scegliere la proiezione una volta giunti sul posto, dando all’andare al cinema ormai tutto un altro significato rispetto al passato. Ne è una prova lo stesso Rotten Tomatoes, in cui non sono affatto pochi gli esempi di netta differenza tra il giudizio critico e il voto dato dalla gente. Infatti, pur volendo restare in Italia e distaccarsi quindi da R.T., è ben noto che film come i vari cinepanettoni ottengano sempre un incredibile successo al botteghino pur venendo costantemente annientati dalla critica.

In America la situazione è diversa ma nemmeno troppo. Hanno la fortuna di non avere a che fare con cinepanettoni e concentrati di parolacce e flatulenze, ma tra i primi in classifica c’è sempre il blockbuster di turno; basti pensare che Jurassic World (un buon film, ma di certo non stiamo parlando di un capolavoro) è il 4° nella classifica dei film che hanno incassato di più in assoluto nella storia del cinema statunitense. Per quest’opera Rotten Tomatoes prevede una media del 6.7/10, quindi niente di eccezionale, ma come vedete tale fattore sembra aver influito molto poco sul giudizio del pubblico. O, per fare un altro esempio ben più eclatante, c’è la saga di Transformers, che ha solo pomodori marci per tutti i capitoli del franchise ma i cui film hanno incassato cifre assurde, ed in particolare Transformers 3 (35% su R.T.) è il 15° incasso maggiore di sempre negli States.

Quindi, come vedete, il successo economico di un film non dipende assolutamente dal giudizio dei critici, né dal sistema di aggregazione di Rotten Tomatoes, ma è già decretato nel momento stesso in cui esce nelle sale. Le case di produzione sanno il fatto loro, ed è per questo che – come spesso si è detto – tendono a spendere quasi più per il marketing che per la realizzazione di una buona opera; pertanto così come non è merito del critico o dei siti di settore quando un film ottiene un grande successo, non lo è minimamente neppure quando floppa. Anche perché, se volete proprio darci i demeriti, sarebbero graditi ogni tanto anche i meriti.
E- perché no, a questo punto – una percentuale sui ricavi.

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Tiziano Costantini
Nato e cresciuto a Roma, sono il Vice Direttore di Stay Nerd, di cui faccio parte quasi dalla sua fondazione. Sono giornalista pubblicista dal 2009 e mi sono laureato in Lettere moderne nel 2011, resistendo alla tentazione di fare come Brad Pitt e abbandonare tutto a pochi esami dalla fine, per andare a fare l'uomo-sandwich a Los Angeles. È anche il motivo per cui non ho avuto la sua stessa carriera. Ho iniziato a fare della passione per la scrittura una professione già dai tempi dell'Università, passando da riviste online, a lavorare per redazioni ministeriali, fino a qui: Stay Nerd. Da poco tempo mi occupo anche della comunicazione di un Dipartimento ASL. Oltre al cinema e a Scarlett Johansson, amo il calcio, l'Inghilterra, la musica britpop, Christopher Nolan, la malinconia dei film coreani (ma pure la malinconia e basta), i Castelli Romani, Francesco Totti, la pizza e soprattutto la carbonara. I miei film preferiti sono: C'era una volta in America, La dolce vita, Inception, Dunkirk, The Prestige, Time di Kim Ki-Duk, Fight Club, Papillon (quello vero), Arancia Meccanica, Coffee and cigarettes, e adesso smetto sennò non mi fermo più. Nel tempo libero sono il sosia ufficiale di Ryan Gosling, grazie ad una somiglianza che continuano inspiegabilmente a vedere tutti tranne mia madre e le mie ex ragazze. Per fortuna mia moglie sì, ma credo soltanto perché voglia assecondare la mia pazzia.