Pentiment di Obsidian Entertainment è una proposta videoludica ad oggi folle ma al contempo geniale

n un mondo che osanna l’azione, l’immediatezza e i budget stratosferici, Obsidian Entertainment se ne frega e fa uscire Pentiment, un gioco investigativo dalla forte componente narrativa. A rendere ancora più particolare l’operazione è il concept, totalmente anacronistico, incentrato sull’arte della miniatura, sull’umanesimo, sul cristianesimo. Nel 2022. Un problema? Tutt’altro, anzi.

Protagonista di Pentiment è Andreas Maler, artista miniatore di Norimberga, finito nell’abbazia di Kiersau, a Tassing, in Baviera. È il 1518. Il suo scopo è finire il suo capolavoro sotto la guida dei monaci più anziani, prima di aprire la sua bottega nella città natale. Tutto scorre lentamente, secondo la liturgia delle ore, prima di essere stravolto da un misterioso omicidio. Spetta al giovane artista trovare una risoluzione.

Ciò si traduce, in termini di gameplay, in un’avventura investigativa incentrata sulle scelte, che toccano tanto la caratterizzazione di Andreas quanto le sue “abilità” indagatorie. Come notato durante l’hands-on alla Gamescom 2022, Obsidian dà una serie di possibilità per delineare il background del protagonista: soggiorno di studio in Italia o in Borgogna? Università di Medicina o di Legge? Passione per il latino, l’astrologia o l’occultismo? E ancora: stile di vita edonista o da eremita? Queste sono solo alcune della possibilità di personalizzazione di Andreas, che andranno effettivamente a influenzare il suo modo di interagire coi luoghi e gli abitanti di Tassing, anche attraverso piccoli minigiochi che intramezzano i dialoghi.

pentiment gamescom 2022

Attenzione però che la risoluzione del caso non andrà a impattare in maniera concreta sul prosieguo della trama, suddivisibile in tre macro-atti principali. Parlando di un gioco narrativo, ciò potrebbe essere percepito come un limite, e davanti a certe conseguenze è difficile non storcere il naso nell’immediato. Tuttavia, una volta assorbito il concept di Pentiment, determinate dinamiche diventano comprensibili.

Questo perché, giocando, veniamo catapultati in un’epoca in cui l’uomo non è altro che una pedina nelle mani di “nostro Signore”. Un tempo in cui non c’è spazio per il libero arbitrio, perché è Dio a operare per vie misteriose. Ed è qui che arriviamo al vero fiore all’occhiello di Pentiment: la minuziosa cura per i dettagli che permette un’immersione totale in un tempo assai lontano dal nostro, scandito da regole che non ci appartengono più.

Inutile dire che, visivamente, il 2D di Pentiment è strabiliante: ogni elemento presente a schermo resta impresso, dando l’idea di avere tra le mani non un videogioco, ma un vero e proprio libro miniato interattivo. Ciò è evidente nei singoli particolari. Per dire, alcuni personaggi saranno scoloriti, come grattati, perché anziani, per sottolineare il logorio del tempo. Il menù di gioco sarà letteralmente sfogliabile. Vi saranno dialoghi inseriti all’interno di scene splendidamente miniate.

Questo spiega la mancanza di un doppiaggio. L’attenzione è tutta rivolta al sound design, anch’esso pregevole: ciò che sentiremo parlando con gli abitanti di Tassing sarà il rumore duro ma rilassante dell’inchiostro sul foglio, le melodie soavi della natura (semi)incontaminata, i suoni che racchiudono la quotidianità semplice del villaggio. L’effetto generale, tra forme e suoni, è davvero meraviglioso.

Ma non è solo con vista e udito che Pentiment intende ricreare un contesto storico particolare, in cui trova spazio la riforma luterana, l’avvento della stampa, il rapporto con la religione e il ruolo della donna all’interno di una società rigida. Tutto questo emerge attraverso una sceneggiatura attenta, coinvolgente, molto curata nel lessico, il ché dimostra ancora una volta la capacità di scrittura di Obsidian. Molti dialoghi non saranno strettamente legati all’investigazione, ma si riveleranno parimenti interessanti per la caratterizzazione del setting e del corollario di personaggi, davvero variegato. A margine, occorre precisare che il gioco è disponibile in italiano.

Come ha affermato il game director Josh Sawyer, il tema centrale di Pentiment è la lotta di classe: la ricerca forsennata di un/una colpevole non è altro che un modo per mettere in rilievo le disuguaglianze tra popolani ed esponenti del clero, le ipocrisie di tali rapporti. Anche in questo caso vengono in soccorso diversi elementi secondari che però non fanno altro che avvalorare l’intera esperienza.

Il cibo a tavola, le font utilizzate dai personaggi, i diversi livelli di retorica, non sono altro che apprezzabili espedienti per sottolineare le disparità sociali all’interno di un mondo basato su valori in cui difficilmente possiamo riconoscerci, anche se poi tutto in fin dei conti confluisce nel potere del “Dio denaro” mascherato da semplice “Dio”. Una sorta di Disco Elysium, meno ambizioso e innovativo ma comunque efficace.

Potrei continuare ancora ad elogiare la sinergia di elementi che rende Pentiment un titolo unico nel suo genere, ma il consiglio è quello di uscire dalla propria comfort-zone videoludica e gettarsi in questa esperienza tanto folle al giorno d’oggi quanto coraggiosa. Il gioco è lento, si basa sulla scrittura, è ambientato in un’epoca poco presente nella produzione pop e parla di temi che come detto prima non riusciamo più a comprendere appieno, eppure funziona benissimo.

Un gioco che non è per tutti e tutte, lo stesso Sawyer ne è al corrente, ma solo perché non siamo disposti a voler sperimentare col medium, a voler capire le sue potenzialità. Da appassionati e appassionate dovremmo supportare esperimenti di questo tipo, specie quando sono disponibili al day-one – 15 novembre 2022 – in servizi come il Game Pass. In tal senso, il supporto di Microsoft non può che essere positivo, specie quando permette a un team fatto da sole tredici persone di creare un qualcosa di originale, senza i limiti e i vincoli di un mercato mainstream famelico, standardizzato, fatto di urla e hype.

Lorena Rao
Deputy Editor, o direttigre se preferite, assieme a Luca Marinelli Brambilla. Scrivo su Stay Nerd dal 2017, per cui prendere parte delle redini è un’enorme responsabilità, perché Stay Nerd è un portale che punta a stimolare riflessioni e analisi trasversali sulla cultura pop a 360° tramite un’offerta editoriale più lenta e ragionata, svincolata dalle dure regole dell’internet che penalizzano la qualità. Il mio pane quotidiano sono i videogiochi, soprattutto di stampo storico. Probabilmente lo sapete già se ascoltate il nostro podcast Gaming Wildlife!