Il film di Uncharted dimostra che oggi è un po’ più semplice iniziare a credere nelle trasposizioni cinematografiche dei videogiochi

athan Drake e Uncharted: nomi non certo nuovi per chi ha la passione per i videogiochi, ma che a molte persone potrebbero suonare sconosciuti. O almeno, ancora per poco. Il prossimo 17 febbraio la serie targata Naughty Dog e PlayStation e il suo iconico protagonista esordiranno al cinema con un film.
Non è certo la prima volta che assistiamo a una trasposizione cinematografica di un videogioco, tuttavia ci troviamo in un momento storico particolare, in cui il settore videoludico gode di un successo – e di una mole di investimenti – in espansione. Di conseguenza, operazioni del genere non hanno più come obiettivo il contentino dei fan di vecchia data (nel caso di Uncharted dal 2007), bensì la conquista dell’immaginario collettivo tramite la transmedialità.

Il film di Uncharted ne è la prova, a partire dai nomi coinvolti: la regia è affidata a Ruben Fleischer, già noto per pellicole come Zombieland e Venom. A far ancor più da richiamo è il cast: accanto ad attori veterani come Antonio Banderas (Santiago Moncada) e Mark Wahlberg (Victor “Sully” Sullivan), vi sono giovani talenti del calibro di Tati Gabrielle (Jo Braddock), conosciuta per il personaggio di Prudence in Le terrificanti avventure di Sabrina, e Sophia Taylor Ali (Cloe Fraser), ossia Sabrina in Faking It. Infine, Tom Holland (Nathan Drake), attore in stato di grazia soprattutto dopo la nuova trilogia di Spider-Man. Un cast variegato, che vuole imprimere qualità e al contempo rivolgersi a un pubblico nuovo, giovane e non solo videoludico.

Non a caso, il film di Uncharted racconta una storia che si colloca prima della serie di videogiochi, in cui Nathan Drake ha solo venticinque anni. Una sorta di prequel incentrato sul tesoro nascosto di Magellano, che ha origine a New York ma che si snoda tra le strade di Barcellona e i mari delle Filippine. Un’avventura adrenalinica e all’insegna dell’azione, tra rompicapi mortali e scene di combattimento al di fuori di qualsiasi logica, com’è giusto che sia però. Del resto, parliamo di un action movie che altro non fa che tradurre in performance ed effetti speciali la spettacolarità hollywoodiana che caratterizza i videogiochi di Uncharted, senza rinunciare ad ispirazioni tratte da Indiana Jones, I Goonies, Star Wars e Il tesoro della Sierra Madre. Eppure, per quanto importante, tale mix di scontri aerei, scazzottate e galeoni volanti in realtà fa “solo” da contorno: perno della vicenda è la nascita del rapporto tra i giovani Nathan e Sully. Un aspetto ribadito sia da Ruben Fleischer che da Tom Holland in occasione della conferenza stampa tenutasi a Roma.

Si tratta di un aspetto tutto sommato riuscito, non tanto per la sceneggiatura priva di pretese, ma per la resa attoriale. A conquistare è soprattutto Tom Holland, che riesce a incarnare adeguatamente il personaggio di Nathan Drake. Non è un discorso che riguarda la sola “apparenza” – e comunque l’attore britannico si rivela credibile, soprattutto per prestazioni stunt, più ragionate rispetto a quelle viste in Spider-Man – ma anche l’indole curiosa e genuina che caratterizza il cacciatore di tesori di casa PlayStation. Ciò emerge grazie agli sguardi, alle espressioni e ai gesti, che lasciano emergere un personaggio sì giovane e per certi versi inedito rispetto alla controparte videoludica, ma caratterizzato comunque da buon cuore, sagacia e bisogno d’avventura.

Anzi, a dispetto di quanto accade nei videogiochi, spesso criticati per la dissonanza ludonarrativa, l’eroe impersonato da Tom Holland appare più credibile. Nel film non vi è quel contrasto stridente a cui assistiamo nei quattro capitoli della serie, in cui il Nathan caloroso della cut-scene deve lasciare spazio alla macchina da guerra delle sezioni di gameplay, tutt’altro: il Nathan dello schermo combatte per difendersi, spesso disarmato e non ha alcuna prerogativa di uccidere. Le sue ambizioni son ben altre e riguardano gli affetti. Le sue azioni e reazioni lo dimostrano. Non è un dettaglio da poco, soprattutto per chi nutre un certo attaccamento nei confronti di Nathan Drake.

Nonostante la premessa prima fatta sul pubblico non videoludico, è comunque palese che il film abbia un occhio di riguardo nei confronti di giocatori e giocatrici. Non solo per la resa del protagonista e del suo rapporto con i personaggi secondari, ma per l’evidente supporto, in termini di consulenza, da parte di Neil Druckmann e di Naughty Dog, team che ha dato i natali alla serie. A rafforzare tale legame, vi sono poi gli immancabili easter egg nascosti tra le inquadrature che impegneranno i più.


Vera nota dolente del film, che smorza l’epicità di alcune scene, è il doppiaggio italiano. Alcune gag (sì, sono presenti) perdono del tutto la loro efficacia e nel caso del personaggio di Santiago Moncada si ha proprio l’idea di macchietta stereotipata. Come detto prima, la sceneggiatura non sbalordisce più di tanto, nemmeno con i colpi di scena, per cui gli elementi su cui si fonda l’intera pellicola sono le scene d’azione esagerate e il protagonista coadiuvato da un apprezzabile Mark Wahlberg/Sully.

Per il resto, non ci troviamo di fronte a un capolavoro ma nemmeno davanti a un ennesimo tentativo cinematografico che deturpa l’immaginario videoludico. Un primo esperimento che ha l’ambizione di diventare una saga cinematografica, come dimostra la scena al termine dei titoli di coda. D’altronde, è lo stesso mantra di Uncharted, nonché di Sir Francis Drake, a ricordarcelo: Sic Parvis Magna. Da umili origini a grandi imprese. Vedremo quindi se in futuro l’ecosistema del gioco Naughty Dog/PlayStation sarà in grado di conquistare anche l’immaginario cinematografico.




Lorena Rao
Deputy Editor, o direttigre se preferite, assieme a Luca Marinelli Brambilla. Scrivo su Stay Nerd dal 2017, per cui prendere parte delle redini è un’enorme responsabilità, perché Stay Nerd è un portale che punta a stimolare riflessioni e analisi trasversali sulla cultura pop a 360° tramite un’offerta editoriale più lenta e ragionata, svincolata dalle dure regole dell’internet che penalizzano la qualità. Il mio pane quotidiano sono i videogiochi, soprattutto di stampo storico. Probabilmente lo sapete già se ascoltate il nostro podcast Gaming Wildlife!